Linfen
Le miniere di carbone cinesi entrano nelle cronache mondiali solamente in occasione di tragici incidenti sul lavoro che provocano la morte di lavoratori nelle viscere della terra a causa di scoppi, crolli o altre tragedie disumane. Le notizie, dal comfort dei nostri uffici o delle nostre case, spesso ci scivolano addosso e la loro forza si diluisce nelle innumerevoli tragedie di umana natura. Pochi considerano, invece, il fatto che il carbone uccida anche al di fuori del sottosuolo, attraverso l’inquinamento.
Tra le venti città più inquinate al mondo sedici sono cinesi e l’altra faccia dell’enorme crescita economica della Cina non sono solo gli incidenti o la mancanza di diritti dei lavoratori ma il dramma dell’avvelenamento lento, inesorabile e spesso invisibile di una grande percentuale di popolazione che respira, si nutre e beve quanto viene riversato senza regole nell’ambiente.
A detta dei più autorevoli istituti di ricerca mondiali è Linfen, nella provincia dello Shanxi, la città più inquinata al mondo. Quella che fino agli anni Settanta dello scorso secolo veniva definita la “città della frutta e dei fiori” ora – a causa del carbone che è impregnato nel suo sottosuolo e che ha determinato in breve tempo l’apertura di migliaia di miniere – è la capitale del carbone cinese e per questo è un concentrato di veleni distribuiti tra aria (polveri di combustione, monossido di carbonio e azoto), acqua e suolo (arsenico, piombo, ceneri varie), portatori di gravi patologie per i cittadini.
Per quella parte di inquinamento che è visibile ad occhio nudo la città è costantemente ricoperta da una densa nebbia grigia e, anche nelle giornate “teoricamente” serene, la spessa coltre di smog conferisce al “paesaggio” un’atmosfera autunnale o temporalesca. La parte, invece, invisibile (quella più subdola che colpisce alle spalle senza essere percepita) si trova nella verdura, nella carne, nell’acqua, nella polvere di casa, sulla pelle e nel sangue dei cittadini. Inquinamento che in Cina, anche con la complicità del mondo occidentale che produce merci (spesso semilavorati) a bassissimo costo, fa milioni di morti ogni anno per patologie collegate direttamente o indirettamente all’inquinamento.
Dal punto di vista ambientale e igienico-sanitario la Cina sta vivendo quanto si è verificato in Europa e negli Stati Uniti durante la prima fase industriale e quello che presumibilmente vivrà l’Africa nella fase successiva del processo economico-industriale globale.
Gli ingredienti della pozione venefica sono oramai ben chiari e definiti e, per tali ragioni, il processo industriale deve radicalmente cambiare per approdare verso processi puliti che abbiano come punto di riferimento materie e sistemi produttivi che siano sostenibili perché derivanti da un’imitazione del funzionamento della natura piuttosto che da una sua continua forzatura.
Lascia un commento