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Il rito quotidiano

È una delle cose più naturali per gli esseri viventi. Una funzione corporale inevitabile che consente, direttamente, l’eliminazione di pericolosi “rifiuti tossici” e, indirettamente, l’arricchimento dei terreni per una crescita rigogliosa di alberi e fiori.

Peccato, però, che in un “rito” quotidiano (per i più fortunati) così apparentemente innocuo e insospettabile si possa nascondere un rischio, anche grave, di natura ambientale che supera, in termini di impatto, addirittura quello dei SUV ingolla-petrolio, delle emissioni di metano dei bovini, degli scarichi dei motori dei jet.

La colpa è attribuibile all’abitudine di americani, europei e asiatici (ma l’emulazione da parte di due miliardi tra cinesi, indiani e africani è sempre dietro l’angolo) di coccolare le loro parti intime con enormi quantità di carta igienica sempre più soffice e prodotta con fibre di pura cellulosa derivanti dall’abbattimento di importanti foreste, anche secolari, sparse in tutto il mondo.

Una pugnalata al cuore per la nostra grande Madre Terra vista l’evidente perdita di massa vegetale in grado di assorbire CO2 e di regolare il clima di importanti aree del pianeta, nonché la meno evidente, ma altrettanto reale, perdita di biodiversità e di patrimonio genetico animale e vegetale.

Per il suo bene e per la nostra sopravvivenza ci potremmo accontentare, senza troppi sforzi, di carta igienica riciclata lievemente più ruvida, magari non arricchita di inutili lozioni emollienti e profumi chimici. Anzi, potremmo riscoprire e rielaborare tecnologicamente anche l’acqua che già alcune culture del passato avevano ampiamente utilizzato quale importante strumento di igiene personale.

In fin dei conti, nonostante le nostre radicate abitudini dure a morire, potrebbe non essere poi un sacrificio così terribile!

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