Portulaca oleracea
Mio padre, con involontario disprezzo, in dialetto veronese chiamava la Portulaca oleracea “porsilana”. In effetti il nome italiano di questa pianta succulenta è portulaca ma nelle varie regioni italiane è conosciuta anche con nomi dialettali diversi: porcellana o erba grassa in Lombardia; purcacchia nel Lazio; porcacchia nelle Marche; precacchia in Abruzzo tanto per citarne alcuni esempi.
La portulaca è una pianta medicinale conosciuta fin dall’antico Egitto che ha proprietà diuretiche, depurative, dissetanti e anti-diabetiche. Nella medicina popolare orientale – da cui probabilmente è originaria – viene utilizzata anche per il trattamento della diarrea, del vomito, in caso di enterite acuta, di emorroidi e di emorragie post-partum. Inoltre le foglie di portulaca vengono utilizzate come impacco in caso di punture di insetti, acne ed eczema.
Negli ultimi tempi si è scoperto che la portulaca è ricca di acidi grassi polinsaturi di tipo omega-3, considerati molto importanti nella prevenzione delle malattie cardiovascolari. In particolare 100 g di foglie di portulaca contengono circa 350 mg di acido α-linoleico (acido grasso facente parte del gruppo degli omega-3). Tale acido, come altri del gruppo omega-3, aiutano a ridurre il colesterolo LDL (quello”cattivo”) e i trigliceridi favorendo una migliore circolazione del sangue. In sostanza la portulaca è una panacea!
La portulaca può essere impiegata principalmente in cucina dove viene utilizzata sia a crudo per la preparazione di insalate, sia cotta come ingrediente di minestre, condimenti, ripieni per ravioli e pasta fresca, frittate. A casa mia la utilizzo da anni a crudo nelle insalate e desidererei scoprirne presto anche la bontà da cotta.
La portulaca è il tipico esempio di come, spesso, la sostenibilità ambientale non debba per forza passare attraverso complesse formule matematiche, alchimie chimiche o tecnologie elettroniche spinte. Basta solo (ri)scoprire le virtù nutrizionali – patrimonio spesso dimenticato delle conoscenze dei nostri antenati – di una pianta estiva infestante che mio padre e i miei nonni non amavano e diserbavano a fatica (o, peggio, utilizzando pericolosi intrugli chimici). Et voilà, il gioco è fatto. Meno pesticidi, più rispetto per la natura – non quella esotica della savana che immaginiamo ma quella che abbiamo sotto casa nelle aiuole e nei vasi dei fiori – più stagionalità nel consumo di frutta e verdura, più consapevolezza delle capacità auto guaritrici (per la precisione: prevenzionistiche) che ciascuno di noi può mettere in pratica con comportamenti alimentari quotidiani.
La portulaca è la dimostrazione che per essere “ambientalisti” non bisogna per forza solo incatenarsi agli alberi secolari o associarsi a movimenti di lotta e di protesta. Lo si può fare anche e soprattutto con comportamenti quotidiani semplici, quasi banali, che non richiedono troppi sforzi. Basta solo avere la voglia di mettersi in discussione e di essere aperti – con conoscenza – ai cambiamenti.
Guardate bene le foto e non abbiate timore di cercarla nei vostri giardini e nei vostri vasi dei fiori (1). Raccoglietene all’inizio qualche foglia gustatela. Quando vi sarete convinti che si tratta di una pianta edibile qualsiasi non abbiate timore ad utilizzarla per insaporire i vostri piatti. Si tratta di un piccolo sforzo che dà grandi benefici. Soprattutto gratis!
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(1) Avvertenza: le piante spontanee vanno raccolte con consapevolezza e conoscenza, magari consultando qualche libro e confrontandosi con chi le raccoglie e le conosce bene.
Foto: L.R.
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