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Bello o brutto?

Qualche mattina fa, a Verona, mi trovavo a percorrere una piacevole strada panoramica urbana sul fiume Adige. Mentre aspettavo il mio turno fermo al semaforo il mio sguardo fu attratto da dei bellissimi fiori gialli che svettavano alti e imponenti tra gli steli d’erba e tra le margherite nei pressi del ciglio stradale, ad un paio di metri da me. Il ciglio stradale e l’argine ne erano pieni e lo spettacolo era veramente notevole. Purtroppo, però, bisogna rassegnarsi al fatto che le cose belle hanno breve durata e, come per magia, poco avanti c’erano anche due operai vestiti di tutto punto, con i loro bei giubbini catarifrangenti arancio, con i loro bei caschetti, le cuffie, il paraocchi e i guanti, armati di decespugliatori a filo che… broom… broom tagliavano tutti i vegetali e tutti i fiori che trovavano sul loro cammino, facendone tabula rasa.

Argine Adige_01

Argine Adige_02

Quei poveri operai erano stati mandati là da qualcuno che, a mio avviso, senza fare troppe ricerche scientifiche sulla biodiversità urbana e senza preoccuparsi troppo della bellezza del paesaggio spontaneo, aveva deciso che le erbacce erano brutte e che doveva essere fatto un po’ di “ordine”.

Mi sono subito chiesto che cosa sia il concetto del “bello” e quello del “brutto”. Mi sono subito chiesto se sia più bello (nella Pianura Padana) un prato all’inglese verde smeraldo di steli d’erba ben allineati e rasati in maniera uniforme oppure un prato, un po’ più “selvatico”, pieno di margheritine bianche e tarassachi gialli. Se sia più bella un’aiuola con tutti i fiori uniformi e ben separati oppure realizzata da una mescolanza di piante e di colori; se sia più bello un giardino con le piante ben allineate e tutte ben potate oppure caratterizzato da un groviglio di alberi semi-selvatici.

Prato inglese

Prato selvatico

Per me la risposta è ovvia, perché tento di ragionare e di legare il mio piacere anche a ciò che è bene per la natura, che poi in definitiva è anche il mio e della mia salute. Però mi rendo conto che per molte persone la scelta più comoda sia quella dell’ordine, del rigore, della uniformità. Non importa poi il fatto che per raggiungere il risultato voluto si debba abbondare con i diserbanti e con i pesticidi, si debba esagerare con le attrezzature a motore, si debbano sprecare centinaia di metri cubi d’acqua potabile, si debba violentare la biodiversità vegetale e animale.

A pensarci bene, però, mi rendo conto che la questione affonda le sue radici prevalentemente nella dimensione culturale. È solo legata al fatto che qualcuno ci ha inculcato l’idea che debba essere fatto così. Punto. Senza troppi ragionamenti e senza troppe analisi critiche.
Cari lettori, aprite lo sguardo e cercate di vedere le cose anche con un occhio diverso. Cercate di non farvi influenzare dalle mode e dal conformismo. Vedrete che si apriranno interessanti orizzonti che vanno al di là dei meri concetti di “bello” e di “brutto” e sarete più predisposti anche a cambiamenti più radicali e più giusti, a nuove soluzioni tecniche, economiche e sociali che porteranno ad un nuovo progresso per il futuro.

Sono sempre più convinto che la differenza la facciamo veramente solo noi, attraverso le nostre scelte!

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Foto 1 e 2: L’argine del fiume Adige

Foto 3: Esempio di prato “all’inglese”

Foto 4: Esempio di prato “selvatico”

 

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