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Category Archives: Clima

La CO2 non è l’unico problema

Qualche mese fa a Parigi, in occasione della COP21 sul clima (1), più che le sacrosante tematiche ambientali e la sacrosanta salvaguardia della nostra casa comune – la Terra – ha sfilato l’ipocrisia. Quella dei leader mondiali che si stringono le mani, che sorridono per le foto, si abbracciano, parlano di civiltà e benessere, citano nei loro discorsi Seneca (Matteo Renzi: “Tutta l’arte è imitazione della natura”) o fanno riferimento alla responsabilità per le generazioni future (Barack Obama) ma, poi, si “dimenticano” i principi generali della democrazia non consentendo ai cittadini di dire la loro manifestando pacificamente il loro dissenso. Dall’incontro di Parigi si sono fatti tanti bei discorsi e si sono espressi tanti bei propositi per il futuro ma, se saremo fortunati, le soluzioni concrete messe in campo – che misureremo da qui a qualche anno o a qualche decennio – saranno nettamente al ribasso rispetto a quello che si dovrebbe fare per contenere il riscaldamento del pianeta per cause antropiche almeno al di sotto dei 2° C. Quello che veramente è stato in discussione alla COP21 non è la salvaguardia del clima. Quello che è stato in discussione è il mantenimento dello status quo degli stili di vita e di consumo sperando, malignamente, che siano gli altri paesi a fare di più (2). A parole tutti avevano l’intenzione di essere virtuosi ma nessuno – tranne piccoli paesi che non incidono sul PIL mondiale – si è impegnato concretamente ad interrompere da subito l’estrazione del petrolio o l’utilizzo del carbone per la produzione di energia elettrica. Nessuno si è impegnato da subito a rivoluzionare i trasporti o i metodi di produzione e di consumo di cibo, sia per il grande uso di idrocarburi che ad esso è collegato sia per porre limiti al consumo di carne. Nessuno si è impegnato a cambiare il paradigma consumistico che vede protagonista le merci, i prodotti e la produzione dei rifiuti.

Tutti si sono impegnati nei fatti per il “F U T U R O”, tra 25-30 anni, sapendo che per quel tempo sarà compito di qualcun altro risolvere i problemi che, tra l’altro, saranno sempre più grandi.

A Parigi era in discussione il riscaldamento globale del pianeta dovuto al cambiamento climatico che vede la CO2 essere il principale imputato, anche se metano e altri gas non sono da meno (anzi, lo sono di più) per provocare il cosiddetto effetto serra. La CO2, però, non è l’unico problema ecologico che dobbiamo affrontare. Uno dei più evidenti, con effetti concreti, che causa morti e malati ora e che in qualche modo è collegato al riscaldamento globale, è quello dell’inquinamento dell’aria.

Non è affatto un caso che, proprio alla vigilia della COP21, l’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA – European Environmental Agency) abbia pubblicato un rapporto nel quale si descrivono i morti stimati nei 28 paesi dell’Unione europea a causa dell’inquinamento dell’aria. Tra gli inquinanti presi in considerazione ci sono tre agenti particolarmente dannosi: le micro polveri sottili (PM 2,5), il biossido di azoto (NO2) e l’ozono (O3).

A questi inquinanti lo studio – che si riferisce al 2012 – attribuisce circa 491.000 morti all’anno tra tutti i 28 paesi UE, di cui 403.000 alle polveri sottili, 72.000 al biossido di azoto e 16.000 all’ozono. Tra i paesi europei poi quello più colpito è l’Italia che conta un totale di 84.400 morti annui così suddivisi: 59.500 per le polveri sottili, 21.600 per il biossido di azoto e 3.300 per l’ozono.

Si tratta di un’ecatombe, che interessa prevalentemente la Pianura Padana e, in particolare, le città di Brescia, Monza, Milano e Torino che fanno registrare il numero più elevato di superamenti annui dei limiti degli inquinanti fissato a livello europeo (25 microgrammi per metro cubo d’aria per le polveri sottili). Se, invece, si considerassero i limiti più restrittivi (10 microgrammi per metro cubo d’aria) previsti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità sarebbero interessate dal fenomeno anche città come Roma, Firenze, Napoli e Bologna.

I risultati della conferenza COP21 di Parigi sul clima e quelli dello studio dell’Agenzia Europea dell’Ambiente sull’inquinamento atmosferico che provoca morti premature, malattie cardiache, malattie respiratorie e cancro parlano chiaro: basta parole!

È giunta l’ora che la politica si prenda delle responsabilità per tutelare la nostra salute ora e il benessere delle generazioni per il futuro facendo delle scelte anche radicali. Noi, dal nostro punto di vista, abbiamo il dovere di informarci e di capire che la buona o cattiva salute non è un caso ma, in gran parte, dipende dai nostri comportamenti, dalle nostre scelte e abitudini sbagliate. Anche se molti vi diranno che non serve a nulla, cambiarle (e i dati parlano chiaro) ci può salvare la vita!

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(1) COP21 dell’UNFCCC è l’acronimo che identifica la ventunesima Conferenza delle parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Si tratta, in sostanza, di un incontro politico che, tra il 30 novembre e l’11 dicembre del 2015, si è tenuto a Parigi e nel quale si è cercato di mettere in campo strategie comuni – dal momento che il cambiamento climatico non è un fenomeno locale ma riguarda tutti – per ridurre l’emissione in atmosfera di gas derivanti dalle varie attività umane che possono determinare un aumento dell’effetto serra terrestre.
(2) I dati purtroppo parlano chiaro e, nonostante altre conferenze sul clima e altri accordi passati (es. quello di Kyoto del 1997) che hanno vincolato parte delle emissioni, soprattutto di CO2, queste ultime nel tempo sono inesorabilmente aumentate dirottando sulle generazioni future il possibile caos climatico. A tale proposito è significativo il fatto che gli scienziati non usino più solamente le parole “riscaldamento globale” e “cambiamento climatico”, ma inizino anche a parlare di “mitigazione degli effetti” e di “adattamento”, consapevoli che oramai il danno è fatto e che si può solo cercare di mettere delle pezze e adattarsi a possibili cambiamenti (di temperature ma anche di produttività delle piante che forniscono cibo e di innalzamento dei mari) oramai certi.

 

Il giro del mondo in barca a vela con orto e galline

Lo scorso 19 ottobre Matteo Miceli è salpato con la sua Eco 40 da Riva di Traiano per effettuare , in solitaria, il giro del mondo in barca a vela. Fino a qua nulla di strano. Nonostante non sia una passeggiata, l’hanno oramai fatto in tanti e tanti, con l’aiuto della tecnologia – anche alimentare fatta di barrette liofilizzate e cibi preparati – sono riusciti nell’impresa.

Ciò che contraddistingue, però, lo skipper Matteo Miceli dagli altri, non è solo nel fatto di utilizzare una barca ecologica, la “Eco 40” ma, soprattutto, nel fatto che egli ha portato con sé alcune galline (la Bionda e la Mora) e cerca di coltivare, sulla barca, addirittura un orto. L’obiettivo primario di questo viaggio è infatti quello di tentare di ripercorrere i viaggi degli antichi navigatori che erano interamente basati sull’autosufficienza. Innanzitutto quella alimentare perché non disponevano di prodotti sofisticati, di conservanti e nemmeno di tecnologia del raffreddamento e, per questo, dovevano portare con sé animali vivi a bordo e dovevano coltivare un orto (che veniva chiamato “giardinetto”), di solito nella parte di poppa della nave.

Eco 40_rottaOltre all’autosufficienza alimentare Matteo Miceli è stato il primo skipper ad intraprendere un viaggio intorno al mondo anche in totale autosufficienza energetica. “In barca – ha dichiarato Miceli – non ci sarà una goccia di combustibile, neanche per cucinare. Tutto sarà elettrico e rigenerato, perché starò in mare per cinque mesi”. Per questo la barca è dotata di 12 m2 di pannelli solari, due impianti eolici e due turbine ad idrogeno che alimentano tutti i dispositivi elettrici della nave, soprattutto il dissalatore, i sistemi di comunicazione e il pilota automatico. (1)

Purtroppo l’orto si è rovesciato durante la prima burrasca e lo skipper non ha deciso di ricostruirlo perché le lampade artificiali che consentivano la crescita degli ortaggi consumavano troppa energia. Anche le galline hanno sofferto un po: la Bionda è morta quasi subito e la Mora, pur non manifestando particolari problemi di adattamento al viaggio, ha smesso ben presto di fare le uova.

Il 13 marzo 2015, allo ore 15.40 ci sono però delle cattive cattive notizie. Nel bel mezzo dell’Oceano Atlantico, circa sulla linea dell’Equatore, in condizioni di tempo e di mare favorevoli, Eco 40 ha perso la chiglia (probabilmente andando a sbattere contro un cetaceo) e Matteo Miceli è stato costretto ad abbandonare la barca e l’impresa del giro del mondo in solitaria (Progetto “Roma Ocean World”) (2). Nel naufragio, oltre alla perdita di tutto il materiale (che si cercherà di recuperare) è purtroppo morta anche la gallina superstite.

A circa due settimane dall’arrivo previsto a Roma e dal completamento dell’impresa qualche cosa è andato storto (sig) e l’interessante progetto, come osserva il testardo e coraggioso Miceli, dovrà essere riprogrammato. Buon vento, allora!

Eco 40_1

Eco 40_2

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(1) Oltre alla sfida sportiva il Progetto “Roma Ocean World” si proponeva anche di effettuare una ricerca sui cambiamenti climatici. Attraverso strumenti sofisticati durante il viaggio sono stati registrati anche alcuni parametri quali temperatura, pressione dell’acqua e dell’aria, movimento delle onde che verranno resi disponibili della comunità scientifica.
(2) Il Progetto “Roma Ocean World” si propone:

  • di mostrare direttamente i cambiamenti climatici in atto
  • di contribuire direttamente all’indagine scientifica oceanografica e biologica attraverso campionamenti e misurazioni
  • dimostrare che l’attuale tecnologia e un atteggiamento responsabile consentono di poter vivere e navigare bene, in modo ecologicamente sostenibile e utilizzando solo fonti energetiche rinnovabili

 

Maltempo killer

Dopo un lungo periodo di bel tempo tardo estivo ecco che arriva l’inevitabile (e normale) pioggia autunnale. Mettici, in più, i cambiamenti climatici in atto e la cementificazione selvaggia del territorio et voilà, ecco che la “frittata” è fatta. Smottamenti, allagamenti, frane, piene sono le conseguenze ovvie di una tale situazione che già da qualche decennio scienziati e meteorologi continuano a ricordarci facendo luce sul fatto che, prima o poi, le conseguenze dei cambiamenti climatici non provocheranno solo danni materiali, danni economici e perdite umane ma anche forti ondate migratorie di popolazioni che abitano territori divenuti sempre più inospitali.

In questo contesto – soprattutto dopo che i fenomeni naturali e le loro conseguenze sul territorio hanno determinato dei morti – le parole che più frequentemente ricorrono nei titoli dei giornali e nella dialettica dell’informazione televisiva e radiofonica sono: “Maltempo killer”, “natura matrigna”, “pioggia omicida”, “piena devastante” e chi più ne ha più ne metta. Quasi che la natura si diverta ad essere cattiva e malevola nei confronti degli esseri umani e degli altri esseri viventi del Pianeta.

Anche se nel profondo del mio animo penso che la Natura, dopo tutto quello che le abbiamo fatto e che le stiamo continuamente facendo, abbia pienamente ragione di essere dura nei nostri riguardi, è da osservare che, in realtà, non è essa ad essere negativa nei nostri confronti ma siamo piuttosto noi stessi che, con i nostri comportamenti, abbiamo fatto di tutto per fare la cosa ingiusta ed essere nel posto sbagliato.

Si pensi, ad esempio, ai numerosi condoni edilizi dei decenni passati che hanno fatto diventare pollai e ricoveri per attrezzi delle splendide ville pluripiano poste sulle pendici più impervie delle colline. Si pensi ancora alle lottizzazioni ed alle espansioni urbanistiche autorizzate nelle aree di prossimità dei grandi fiumi o, peggio, negli alvei dei fiumi stessi. Si pensi ai porti costruiti presso le foci dei fiumi, ai parcheggi o ad interi quartieri costruiti addirittura sopra i fiumi, al disboscamento delle pendici per far posto a vigneti o ad altre coltivazioni, alla cementificazione dei torrenti, alla mancata manutenzione delle rive. Date queste condizioni come si può ancora pensare che il killer sia ancora il maltempo?

nubifragio a Roma

Cari commentatori Il vero killer dei fenomeni meteorologici è la stupidità, l’ignoranza e l’avidità dell’uomo che, offuscato dal miraggio della propria superiorità rispetto alla natura, pensa di poterla dominare attraverso la forza piuttosto che attraverso la conoscenza del suo funzionamento.

Fintantoché continueremo a pensare in questo modo avremo ancora temporali killer e frane omicide. E un’inutile montagna di bla bla bla…

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Foto: gli effetti del recente nubifragio a Roma (foto Corriere della Sera)

 

Una gita in barca al Polo Nord

Le immagini girate dalla webcam del North Pole Environmental Observatory di Washington mostrano in timelapse quello che è successo al ghiaccio del Polo Nord dal 16 aprile 2013 al 24 luglio 2013.

La sequenza è impressionante e certifica con assoluta certezza come, a causa delle straordinariamente alte temperature raggiunte quest’anno, oramai il Polo Nord sia perfettamente navigabile.

Ne sa qualcosa anche un equipaggio inglese che qualche anno fa lo ha raggiunto in barca a remi.

Da quando sono iniziate le le rilevazioni (anni ’70), nel 2013 il ghiaccio ha raggiunto il livello minimo mai registrato. Quanto dovremo ancora aspettare per fare qualcosa per il clima? Che l’aria diventi rovente e non sia più respirabile?

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Foto: foto del Polo Nord del 25 luglio 2013, ore 13.23

 

400 ppm

In fin dei conti erano solo 3 milioni di anni che non avevamo una tale concentrazione di CO2 in atmosfera. Cosa volete mai che sia!

A parte l’ironia si deve osservare che nel 2012 le emissioni globali di CO2 hanno raggiunto il livello di 35,6 miliardi di tonnellate (in crescita del 2,6% rispetto al 2011). Inoltre è di questi giorni la notizia che la concentrazione di CO2 in atmosfera ha raggiunto le 400 ppm (parti per milione) (1). Secondo gli studiosi tale livello fu raggiunto solamente tra i 3,2 e i 5 milioni di anni fa (quando non c’era alcuna traccia dell’Homo sapiens), caratterizzati da temperature medie della Terra più elevate di 3° C e 4° C rispetto ad ora (ai poli erano più alte di 10° C) e da un livello dei mari più elevato tra i 5 e i 40 metri.

Ovviamente il Pianeta era in perfetto equilibrio, ma la vita che lo caratterizzava era molto diversa da quella attuale! Ed è questa è la domanda che ci dovremmo porre perché il nuovo equilibrio che la Terra sicuramente raggiungerà lo otterrà a quale prezzo?

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Visto che la concentrazione di CO2 nell’atmosfera nell’era preindustriale (1) è rimasta per migliaia di anni intorno ai 280 ppm, si può osservare come in poco meno di due secoli la dipendenza della “civiltà” dalle fonti fossili per la produzione di energia mediante combustione abbia e stia profondamente alterando le condizioni climatiche del pianeta e la possibilità che lo stesso possa ospitare la vita (anche la nostra) così come la conosciamo ora. L’elemento più preoccupante è che i cambiamenti si stanno realizzando ad una velocità tale da impedire agevolmente qualsiasi forma di adattamento.

Il dramma in tutto ciò è che non si vede una via di fuga dal problema: le emissioni globali annualmente aumentano (anziché diminuire) perché l’industria e la politica, colpevolmente ciechi e sordi di fronte ai gravi rischi, anziché puntare su sistemi alternativi di produzione energetica ed ostacolare quelli climalteranti, puntano ancora tutto sul carbone, sul petrolio e sul gas (2). È come vedere un fumatore al quale hanno diagnosticato un grave tumore al polmone che rimane attaccato al vizio delle sue sigarette aspettando, senza alcuna cura, una morte che inevitabilmente e dolorosamente arriverà!

L’unico modo per poter sperare di congelare il processo di cambiamento del clima è quello di puntare tutto, da subito, sulla rivoluzione energetica che consiste in tre ingredienti fondamentali: utilizzo di fonti rinnovabili; efficienza energetica; produzione di energia distribuita e locale. Il tutto condito almeno dalla salvaguardia (e, se possibile, dall’incremento) delle immense foreste della Terra.

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(1) La concentrazione della CO2 atmosferica è stata misurata a partire dal 1959. Le misurazioni storiche della CO2 (che risalgono fino a 800.000 anni fa) sono state effettuate sulle bollicine d’aria intrappolate a profondità crescenti nel ghiaccio antartico. Fonti: Friedli, Etheridge, Monnin e NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration).

(2) Dalla Cina al Canada, dall’Australia all’Artico, dall’Europa all’Africa sono numerosissimi i progetti per aumentare i livelli di sfruttamento dei giacimenti di carbone, petrolio, sabbie bituminose e gas. Si tratta di progetti anche molto impattanti a livello ambientale e sociale come, ad esempio, il fracking.

Fonte: Greenpeace

Grafico: EcoAlfabeta

 

Caos politico e caos climatico

Quando vedo la nostra vergognosa classe dirigente che si azzuffa in Parlamento o nelle sedi dei partiti e, abbandonando ignobili logiche di puro tornaconto elettorale, non è in grado di trovare con responsabilità un accordo sulla gestione di un paese oramai (quasi?) allo sbando… mi viene il voltastomaco! Quando questi “nostri” rappresentanti, per la loro incapacità politica e dialettica, tolgono a forza dal meritato riposo un signore di 87 anni per attribuirgli un ruolo istituzionale cosi importante e delicato come quello del Presidente della Repubblica… non so più cosa pensare!

Nel frattempo guardo con tristezza e impotenza mia figlia che ha poco più di 2 anni e penso al suo futuro e al fatto che le classi dirigenti non hanno capito quasi nulla. Si scervellano (senza crederci troppo nemmeno loro) su come abbassare l’IMU, su come imbrigliare la giustizia, su come aumentare le tasse senza che ce ne accorgiamo, su come far ripartire un’economia dalle fondamenta oramai decrepite e non capiscono che, a monte, i problemi più importanti da risolvere sono altri e, da essi, dipendono poi a cascata anche le tasse, la cultura, l’economia, la salute, il lavoro, la democrazia di un popolo.

Dal momento che in natura tutto è strettamente interconnesso e il buon funzionamento della stessa dipende da numerosissimi fattori che interagiscono reciprocamente, anche nella gestione delle attività umane tutto è strettamente collegato! Se non cerchiamo il bandolo della matassa, se non capiamo l’origine vera dei problemi, andiamo a rischio di curare piccoli sintomi di una patologia ben più grave che, a causa del nostro ritardo, rischia di peggiorare e di non essere più risolvibile per il futuro.

Prendiamo il clima e i cambiamenti climatici (1) in corso, in gran parte dovuti ad errate attività antropiche che si basano sulla combustione del carbonio e sulla distruzione delle foreste. Da quando, intorno agli anni ’80 del secolo scorso, i satelliti hanno iniziato a monitorare l’atmosfera e i ghiacci polari nonché gli scienziati a studiare approfonditamente la climatologia, si è potuto registrare con precisione l’enorme aumento dell’anidride carbonica presente in atmosfera (siamo arrivati a circa 390 ppm mentre all’inizio dell’era industriale eravamo a circa 280 ppm) e si è potuta documentare una ritirata dei ghiacci polari pari al 12% a decennio, con una forte accelerazione in questi ultimi anni. L’effetto finale è che attualmente la superficie coperta da ghiacci spessi e consolidati è il 60% inferiore rispetto a quella del 1981 e il processo di scioglimento globale è ora molto più rapido.

Un cambio di rotta, che essenzialmente deve muoversi nell’ambito della drastica riduzione dei processi di combustione del carbonio fossile e del tasso di deforestazione, non solo è necessario ma per essere efficace deve essere attuato a partire da domani, non oltre.
Inoltre, secondo gli esperti che oramai non appartengono più solo al mondo dell’ambientalismo ma anche a quello delle istituzioni governative ed economico-finanziarie, un cambio radicale di prospettiva potrebbe alimentare un nuovo processo di rinascita dell’economia basata sull’efficienza, sulle fonti rinnovabili, sulla diminuzione delle materie, sulla riprogettazione della produzione e della società nonché sulla sostenibilità ambientale in generale.

Per ottenere tali risultati devono essere fatte delle scelte politiche forti e rivoluzionarie. Ma intanto, mentre la Terra brucia, la nostra classe dirigente cosa fa?

(1) L’allarme è stato lanciato anche dalla Banca Mondiale che ha parlato della possibilità di un aumento di temperatura globale di 4 gradi a fine secolo e del fatto che tale evento metterebbe sotto uno stress devastante buona parte degli ecosistemi che garantiscono la sopravvivenza di miliardi di persone. Di tale ente si vedano il World Developement Report del 2010 e il sito web Climate Change Knowledge Portal.

La mazza da hockey e il cambiamento climatico

Nel 1998 Micheal E. Mann (1) era uno scienziato di 33 anni che desiderava studiare e capire le variazioni climatiche. Con alcuni colleghi raccolse i dati sulle temperature di migliaia di anni, studiò i coralli, gli anelli degli alberi e i ghiacci polari. Alla fine della ricerca i dati furono raccolti in un grafico, poi pubblicato su Nature, che lasciò sbigottiti gli stessi scienziati: fino al 1850 la curva relativa alle variazioni della temperatura terrestre era praticamente piatta ma poi si impennava rapidamente, proprio in corrispondenza dell’idustrializzazione della società, quando l’uomo ha iniziato a bruciare carbone, gas e petrolio in sempre più grandi quantità.

A Mann e ai suoi colleghi la curva del grafico dava l’idea di una mazza da hockey. E, per loro, la “mazza da hockey” (hockey stick) è la dimostrazione scientifica della responsabilità umana nella determinazione del cambiamento climatico.

Mazza da hockeyMichael Mann è attualmente ancora impegnato nella collaborazione con l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), un gruppo di ricerca fondato nel 1988 da numerosi capi di stato e di governo che ha lo scopo di capire il complesso sistema dell’atmosfera terrestre e di comprendere in quale direzione si sta evolvendo il cambiamento del clima, se mai si stia evolvendo.

I dati sono però oramai molto chiari e preoccupanti. L’innalzamento delle temperature che interesserà la Terra nei prossimi decenni aumenterà il rischio e la frequenza di tempeste violente, di inondazioni e di ondate di siccità. Inoltre le calotte polari e i ghiacciai si stanno sciogliendo con buone probabilità di innalzare pericolosamente, soprattutto per le città costiere e i popoli che vivono sulle coste, il livello dei mari.

Le risposte agli evidenti problemi del clima ora devono essere date dalla politica (mondiale) e dal sistema produttivo di energia, di beni e di servizi.

La prima, tranne qualche figura illuminata, sembra ancora insensibile al grave problema e, anzi, confusa da un sistema di lobby economiche e ideologico-religiose che gettano fumo negli occhi sulla veridicità dei dati scientifici del cambiamento climatico, fa addirittura qualche passo indietro rispetto ad alcuni obiettivi raggiunti negli anni passati.

Il sistema produttivo (ma anche i consumatori) non è ancora del tutto convinto che le sue scelte progettuali o di processo possano influire concretamente sulla riduzione del cambiamento climatico. I produttori, invischiati nella melassa della competitività delle merci a livello globale, continuano a produrre come prima e perdono tempo prezioso per attuare un cambiamento di rotta. I consumatori, attratti solo dal basso prezzo, non capiscono che devono poi ripagare i danni del cambiamento climatico attraverso maggiori tasse  e attraverso sofferenze individuali o familiari.

Al di là di tutto mi sembra che la “mazza da hockey” sia ben chiara e che non possiamo concederci più altro tempo pensando che ad iniziare il processo di cambiamento ci debbano pensare sempre gli altri.

(1) Le teorie scientifiche e le pubblicazioni di Michael Mann sono state oggetto di attacchi di ogni sorta, nel campo scientifico e al di fuori di esso: minacciato di morte, messo in lista come “ebreo” da alcuni siti neo-nazisti, oggetto di odio, offese, vignette e film satirici propagandistici, la sua posta elettronica privata è stata rubata e resa pubblica e lui trattato come un criminale. Nonostante tutto ciò la sua teoria della “mazza da hockey” resiste e lui continua a lavorare senza arrendersi e senza scendere a compromessi.

(a) Grafico originale “MBH hockey stick” di Michael E. Mann e Raymond S. Bradley

Video: Full Interview Michael E. Mann