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La cintura ecologica inizia a Castellaro Lagusello

Qualche settimana fa, nell’afa estiva domenicale, mi sono recato a fare una gita a Castellaro Lagusello, in Provincia di Mantova. Pazzo, direte (in)giustamente voi… L’obiettivo era certamente quello di vedere il bellissimo borgo medievale, ben conservato e ben restaurato, ma anche quello di fare una gita ristoratrice a piedi nella riserva naturale del lago morenico a forma di cuore che dà anche quel nome “lagusello” al borgo stesso.

Quella di Castellaro Lagusello è una riserva naturale regionale che occupa una superficie di circa 138,6 ettari, protetta anche dall’UNESCO dal punto di vista storico-culturale per i suoi due insediamenti precristiani su palafitte tipici dell’arco alpino. La riserva, dal punto di vista naturalistico, è in gran parte coperta da boschi di latifoglie tipiche delle zone umide (salici e ontani), da praterie umide nonché da un fitto sottobosco, rifugio e habitat di una serie di animali endemici e rari. In particolare anfibi, quali la rana di Lataste (1).

Nella piccola riserva – un’oasi circondata da attività agricole non intensive e da turismo rurale – quella domenica in poco tempo ho visto animali che io, abitante a mia volta della campagna morenica veronese, dalle mie parti non avevo mai visto. Non c’è nessun gruccione (Foto n. 4) intorno a casa mia. Nessun upupa e nessuna rana di Lataste (Foto n. 5). Anzi. Poche rondini, sempre meno; poche farfalle, sempre le stesse ovvero la cavolaia; pochi anfibi, tranne i soliti rospi; pochi ricci, sempre più vittime dei veleni dell’agricoltura e della circolazione stradale.

Quello che mi ha colpito della piccola riserva naturalistica di Castellaro Lagusello e che ho capito chiaramente durante la gita, è il fatto che la preservazione della natura è assolutamente incompatibile con le attività umane. Anche se da più parti ci raccontano dell’economia green e della sostenibilità, dall’altra le attività umane, anche se notevolmente migliorate rispetto al passato, rappresentano comunque un enorme ostacolo alla difesa della biodiversità e alla tutela della natura.

Vivere in campagna fa poca differenza quando la si deve raggiungere in auto e, per farlo, si chiedono strade sempre più ampie. Praticare l’agricoltura non è poi così salutare se essa è oramai industriale e, per essere sempre più produttiva e redditizia, ha bisogno di spazi aperti (senza alberi), di chimica e di attrezzature sempre più sofisticate. Abitare in case efficienti dal punto energetico non è poi cosa così positiva se per costruirle si divora, mese dopo mese, anno dopo anno, territorio agricolo o verde, frammentandolo con rotatorie,capannoni, giardini rasati e cemento in generale.

Dopo la mia gita a Castellaro Lagusello (non è stato il caldo,ve lo assicuro!) mi è chiaro, sempre più chiaro, il fatto che per tutelare veramente la natura e preservare la biodiversità vi è una e una sola strada da percorrere: la realizzazione di una cintura di aree protette caratterizzate da una zona più interna non praticabile dall’uomo e dalle sue attività e, un’altra, più esterna che funge da cuscinetto, dove le attività devono essere gestite in maniera orientata e responsabile verso la sostenibilità ambientale.

Solo così si potrà sperare di tutelare e ricostruire una certa biodiversità vegetale e animale e consentire alle specie di migrare indisturbate – cioè non cadere vittime di incidenti o di effetti collaterali vari (es. veleni) – tra una zona e l’altra.

Questo è l’unico futuro che vedo per l’uomo. Un futuro che finalmente, almeno nei tentativi, sia in grado di coniugare attività umane e tutela della natura. Tale futuro deve partire dalle aree protette già esistenti e deve mirare a fare in modo che esse non rimangano isolate le une dalle altre ma che siano perfettamente comunicanti tra loro. Si deve cercare di acquistare (ma anche di garantire dal punto di vista giuridico) centimetro dopo centimetro, metro dopo metro, vie verdi che colleghino tra loro, in una rete continua come quella stradale o ferroviaria, tutti i diversi ambienti terrestri.

Solo così l’umanità sarà in grado di ripristinare il senso del proprio inevitabile limite e sarà in vera pace con gli altri esseri viventi che condividono con noi (loro involontariamente) il possibile declino che stiamo infliggendo a questo innocente pianeta.

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(1) La rana di Lataste (Foto n. 5) l’ho anche vista e fotografata. La Lista rossa IUCN classifica questa specie come vulnerabile. Solo se il suo habitat verrà preservato le popolazioni potranno salvarsi dal rischio di estinzione.

 

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