EUCOOKIELAW_BANNER_TITLE

Monthly Archives: Gennaio 2015

Scava la buca, riempi la buca

Dopo qualche decennio di esperienza personale nel mondo reale – caratterizzato anche dalla presenza di numerosi “furbetti” e da parecchi “leccaculo” – posso dire, con una buona dose di certezza, che gran parte delle grandi opere pubbliche realizzate in questi ultimi decenni siano state più un esercizio di arricchimento dei soliti finanzieri, la manifestazione di potere e di tangenti dei soliti politicanti e inutili sprechi di denaro pubblico piuttosto che interventi volti a migliorare veramente la vita dei cittadini e della collettività. I politici, a tutti i livelli, nei loro dibattiti istituzionali, nei loro discorsi pubblici e nelle loro interviste giornalistiche si sono sforzati di farcele apparire necessarie e portatrici di benessere anche se, in cuor loro, quasi sempre sapevano essere il contrario e sapevano che avrebbero alimentato solo l’arricchimento di pochi e, in caso di successo, la loro fortuna personale nell’ambito del mare magnum della politica.

Dopo la ricostruzione post bellica, la realizzazione delle grandi nervature autostradali degli anni ‘50 e’60 del secolo scorso (iniziate negli anni ’30), i miglioramenti della rete ferroviaria degli anni ’70 (dopo quelli degli anni ’30), si può osservare come gran parte delle grandi opere costruite a partire dagli anni ’90 del secolo scorso siano state inutili colate di cemento e asfalto, probabili depositi illegali di rifiuti tossici e bieche speculazioni urbanistiche.

Tanto per fare qualche esempio, tra i più recenti interventi inutili (1) si potrebbe annoverare il MOSE, la linea ferroviaria ad alta velocità (TAV), l’EXPO e le numerose strade e autostrade attualmente in corso di realizzazione o in programmazione (vedasi decreto “Sblocca Italia” e i numerosi progetti presenti sul tavolo dei ministeri, dalla Nogara-Mare alla Pedemontana Lombarda, dalla Valdastico nord al 3° Passante di Genova).

Il MOSE (Modulo Sperimentale Elettromeccanico) ci è stato venduto come l’unica soluzione ingegneristica e tecnologica praticabile al problema dell’acqua alta di Venezia ma, per ora, è stato solo cemento, ferro, lunghi cantieri ed un enorme colabrodo di soldi pubblici, anche spesi in tangenti. Si pensi, solo per fare un esempio, che oltre all’elevatissimo valore economico di costruzione (circa 6 miliardi di euro, una delle opere più costose della storia italiana), il MOSE ci dovrebbe costare (sempre di soldi nostri) circa 40 milioni di euro ogni 5 anni per interventi di manutenzione alle paratie. A causa della scarsa qualità dell’acciaio utilizzato per le dighe mobili che, immerse gran parte del tempo nell’acqua salata della laguna tendono a corrodersi in maniera molto più elevata rispetto a quella inizialmente pensata, sembra però che tali manutenzioni dovranno essere molto più frequenti (forse addirittura ogni 2 anni).

La TAV, la linea di trasporto merci e passeggeri ad alta velocità – che non riguarda solo quella “famosa” che dalla Francia e dal Piemonte va verso est ma anche quella che da Monaco, attraverso il Brennero, dovrebbe andare a Palermo – è un’opera sostanzialmente inutile perché non viene incontro ad una reale esigenza di saturazione della attuali linee ferroviarie o a necessità sociali (trasporto pendolare) ma, piuttosto, è basata su vecchie previsioni dei trasporti che non hanno, almeno ad ora, un reale riscontro per il futuro. Quello di cui si avrebbe bisogno, oltre a qualche tratta ad alta velocità che colleghi grandi centri urbani lontani tra loro, sono linee decenti di trasporto locale (soprattutto per i pendolari) e linee di media percorrenza a costi popolari. Inoltre tale opera immane è già a livello progettuale un grande buco nero di soldi pubblici, sia nella parte alpina prevista quasi tutta nelle gallerie, sia in quella di pianura caratterizzata da vomitate di cemento, di cavalcavia, terrapieni, ponti, rialzi e chi più ne ha più ne metta tanto da arrivare a costare, in alcune tratte, fino a circa 60 milioni di euro a chilometro.

Cosa dire infine dell’EXPO e delle numerose strade e autostrade progettate o in fase esecutiva. Il primo evento, l’EXPO, doveva essere l’esposizione universale del cibo come energia della vita. Prima del suo svolgimento è difficile anticipare come riuscirà a rappresentare “l’energia della vita” ma quello che ad ora è certo è il fatto che l’evento si è rivelato il solito enorme spreco di territorio agricolo, di tangenti, di mafia e di corruzione. Il vero nodo non sarà tanto l’EXPO in sé ma capire cosa ne sarà degli spazi realizzati dopo la chiusura della manifestazione anche se le premesse non sono edificanti dal momento che le gare per l’assegnazione degli immobili stanno andando deserte per mancanza di interessati.

Per quanto riguarda le strade e le autostrade che si stanno costruendo e che si vorrebbero costruire, per gran parte di esse mancherebbero i numeri economici e di traffico che ne giustificherebbero gli enormi investimenti (vedasi la Brebemi che dopo qualche mese dalla sua apertura è praticamente vuota). Si vogliono fare comunque lo stesso, se non esplicitamente per far piacere ai soliti finanzieri e ai soliti costruttori, anche perché si ritiene che gli investimenti in grandi opere pubbliche creino giro economico e sostengano quel minimo di crescita e di consumi.

Dato tutto ciò e visto e considerato che tutte queste opere costano immensamente in termini di finanze pubbliche (che sono quelle che alimentiamo noi con le nostre tasse) nonché in termini di degrado ambientale e del paesaggio (così importante per l’Italia ad elevata vocazione turistica), mi chiedo se non sia il caso, per alimentare comunque l’economia delle opere pubbliche, di cambiare strategia e di adottare la tecnica del: “Scava la buca, riempi la buca”. In sostanza sarebbe quasi meglio definire delle aree poco abitate e di scarso interesse economico-ambientale e, in esse, mettere in pratica la cantierizzazione di opere decennali di escavazione con conseguente successivo riempimento. Lo scopo è semplice: non creare nulla, sostenere l’economia e lo sviluppo tecnologico ma anche fare meno danni possibile (2).

Alla fine, nella logica delle opere inutili di cui sopra, cosa cambierebbe? Però, magari, salviamo ancora quel poco che c’è di salvabile…

_____

(1) Inutili perché, nel rapporto tra i costi e i benefici, prevalgono i primi.
(2) Ovviamente la tecnica del “Scava la buca, riempi la buca” è fittizia e provocatoria anche se si propone di cercare di capire veramente a chi e a che cosa servano le grandi opere. Di soldi in tasse ne tiriamo fuori tanti ma di benefici, quelli veri, noi cittadini spesso ne vediamo pochi.

 

Pocket Disc | Frisbee

Quando ho visto il Pocket Disc nella cesta delle novità di in un negozio di Nizza non credevo che un cerchio di stoffa colorata più simile ad un berretto che ad un gioco potesse volare come un “vero” frisbee di plastica e che fosse così semplice farlo librare nell’aria. Il venditore, vedendomi un po’ perplesso con l’oggetto in mano, mi ha subito “sfidato” a giocherellare con lui tra gli scaffali e i clienti e… devo dire che ci siamo divertiti per un paio di minuti, soprattutto senza fare danni. Alla fine non ho potuto resistere e l’ho comperato. Anzi, ne ho comperati due!

L’idea è molto semplice e, nello stesso tempo, geniale: un cerchio di cotone – un materiale rinnovabile (1) – filato a maglia molto grossa è in grado di sostituire la plastica come materiale di produzione. In più: può colpire persone e oggetti senza fare danni, può essere lavato se si sporca, può essere facilmente portato con sé in una borsa per essere usato quando lo si desidera e può essere utilizzato senza troppi problemi negli ambienti chiusi. Insomma è proprio carino!

Pocket Disc_Logo

Il tutto nasce per caso qualche anno fa negli USA ad opera di Savanna, una bambina di 9 anni, che, nell’ambito di un progetto scolastico riguardante la realizzazione di un centrino a uncinetto fece un ottimo lavoro ma, nello stesso tempo, per errore commise l’imperfezione di non realizzare in modo corretto i bordi che si arricciarono verso l’interno. Il centrino rimase sul tavolo di casa per anni quando Chris, un amico della famiglia di Savanna, un po’ per caso e un po’ per scherzo lo lanciò e lo fece volare senza difficoltà nella stanza, dove atterrò dolcemente. Fu proprio lì che nacque l’idea originaria che, nel tempo, attraverso piccoli perfezionamenti, portò alla realizzazione del prodotto finito.

Pocket Disc_Foto02

Il Pocket Disc è realizzato a mano in Guatemala da donne Maya nell’ambito del commercio Fair Trade ed è certificato Green America – Silver.

Fair Trade_LogoGreen America_Logo

Per acquistare in Italia il Pocket Disc contattare:
Farfilò
Rigaste San Zeno, 23/e
37123 Verona
info@farfilo.com

_____

(1) Nell’ottica della bioimitazione sarebbe stato meglio che il cotone con cui il Pocket Disc è prodotto fosse biologico.

 

Pesticidi nel piatto

Oramai è assodato da ricerche scientifiche e da controlli effettuati da parte degli Enti di gestione delle acque pubbliche (1) che, assieme ai cibi, assieme all’acqua e attraverso altre esposizioni ingurgitiamo e veniamo in contatto anche con un mix di componenti chimici rientranti genericamente sotto il nome di “pesticidi”. In pratica si tratta di sostanze che appartengono a 2 macrogruppi di additivi che vengono sparsi sui terreni o sulle piante: gli antiparassitari (per debellare funghi, batteri, virus o insetti); gli erbicidi (o diserbanti).

La complessità delle molecole utilizzate, la loro enorme variabilità commerciale, la loro interazione reciproca e le cattive tecniche di gestione da parte degli utilizzatori rendono molto difficile identificare quali siano i veri rischi per la salute degli utilizzatori diretti (in particolare gli agricoltori) ma anche di chi ne viene in contatto indirettamente, cioè attraverso i cibi e la popolazione in generale che vive e che frequenta il proprio territorio.

pestipiatto_LegambienteSi hanno numerose evidenze scientifiche che l’esposizione a pesticidi possa comportare, tra le più gravi, principalmente problematiche neurologiche e tumorali. Pertanto è assolutamente necessario che si inizi a fare qualcosa di concreto sia per avvertire i cittadini del rischio sia per trovare delle alternative tecniche e organizzative che evitino la diffusione, spesso non necessaria, di tali agenti chimici nell’ambiente.

Solo così si farà vera prevenzione e si opererà con intelligenza per evitare inutili sofferenze e cure per patologie evitabili o, per lo meno, la cui incidenza sia fortemente limitabile.

Pesticidi nel piattoSul tema sabato 17 gennaio 2015 a Sommacampagna (VR) si terrà la conferenza [vedi locandina] “Pesticidi nel piatto – Pericolosità dei pesticidi per la salute umana e per tutti gli esseri viventi: il cambiamento è possibile!”. Interverranno il prof. Gianni Tamino, biologo; il dott. Roberto Magarotto, oncologo; la dott.ssa Renata Alleva, nutrizionista e il dott. Daniele degli Innocenti, ricercatore universitario. Partecipate numerosi…

_____

(1) L’ISPRA (Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione dell’Ambiente) nei suoi rapporti annuali descrive, anno dopo anno, situazioni di contaminazione da pesticidi – sia in termini di quantità che di qualità – delle acque superficiali e sotterranee. Basti pensare che nell’ambito dei prodotti fitosanitari dell’agricoltura si usano annualmente (dati ufficiali che non tengono conto delle situazioni illecite) circa 350 sostanze diverse per quantitativi totali superiori a 140.000 ton. L’Istituto rivela inoltre che la contaminazione è molto più diffusa nella Pianura Padano-Veneta a causa delle sue caratteristiche idrogeologiche, dell’intensa vocazione agricola della sua economia e del fatto che le indagini (fornite dalle Regioni e dalle Agenzie regionali di protezione dell’ambiente in base ai loro monitoraggi) risultano più complete e rappresentative nelle regioni del nord.
Foto e immagini: Legambiente

 

Je suis Charlie Hebdo

Quello che è successo a Parigi in questi giorni è una cosa orribile. Attaccare con una violenza omicida senza pari la libertà di espressione (1) è un’azione vile e deprecabile che deve essere condannata da chiunque abbia un briciolo di intelligenza e di cultura, in tutte le lingue del mondo.

Attaccare la libertà di espressione significa limitare il pensiero e renderlo unico sopprimendo il senso critico che è il carburante fondamentale per cambiare il mondo, il modo di porci ad esso e per sostenere lo sviluppo futuro dell’uomo attraverso pratiche sostenibili dal punto di vista ambientale.

L’attacco omicida al giornale satirico “Charlie Hebdo” ci colpisce così tanto perché in qualche modo colpisce al cuore il nostro mondo occidentale e il nostro pensiero facendoci sentire vulnerabili ed indifesi. In queste giornate tristi desidero comunque osservare il fatto che anche noi occidentali con i nostri comportamenti e con le nostre azioni in varie occasioni abbiamo procurato drammi e paure a chi era diverso da noi e a chi aveva pensieri e sensazioni diverse dalle nostre. E in fondo lui, in questo mondo, voleva solo manifestare la propria di libertà.

Tignous_DelocalizzazioneNella nostra ipocrisia, però, nessuno di noi si è radunato in piazza per protestare, ad esempio, contro i droni militari che, silenziosi, in Afghanistan o in Iraq, “per errore” decimavano le famiglie di persone innocenti che liberamente circolavano per le strade o nelle loro case. Nessuno si è radunato per inneggiare con cartelli alla distruzione, in Amazzonia, degli habitat delle popolazioni indigene locali o alla loro decimazione da parte di speculatori industriali che desideravano impossessarsi dei loro minerali o del loro legname che poi arrivavano anche a noi. Nessuno ha alzato matite al cielo per condannare le deportazioni di persone o le delocalizzazioni selvagge (senza diritti alla sicurezza e alla salute delle popolazioni) che avvengono in Africa o in paesi non democratici che la finanza, l’economia globalizzata e il commercio internazionale impongono.
È dura da ammettere ma difendere la nostra libertà è, soprattutto, avere il coraggio di difendere quella degli altri.

Tignous_Clima_____

(1) nella giornata del 7 gennaio 2015 un commando mascherato non ben precisato ha attaccato con armi da fuoco la redazione del giornale satirico “Charlie Hebdo” uccidendo 12 persone (di cui 2 poliziotti) e ferendone un numero elevato. Tra le persone uccise figurano anche i vignettisti Stephane Charbonnier (Charb), Jean Cabut (Cabu), George Wolinski, Bernard Verlhac (Tignous), l’economista Bernard Maris, giornalisti e altri collaboratori del giornale.
Immagini: Greenpeace France

 

Con ingredienti naturali al 100%

Qualche settimana fa, mentre ero in attesa del mio treno nella metropolitana di Milano, sono rimasto colpito dal cartello pubblicitario della ADOC (vedi foto). In esso, su uno sfondo azzurro con silhouette di cani più scure spiccava la scritta “ADOC. Naturalmente diverso” e un rettangolo bianco che enfatizzava la presenza di “Ingredienti naturali al 100%”.

ADOC_Con ingredienti naturali 100

Subito dopo averlo letto ci ho ragionato un po’ e mi sono chiesto una cosa che può sembrare banale: ma se questo cibo per cani ha tutti gli ingredienti che sono naturali al 100%, vuol dire allora che è possibile che altri cibi non li abbiano? Se questo si verifica nell’ambito dell’alimentazione animale, può essere che la questione interessi anche quella umana?

Per cercare di dare una risposta alle domande, in effetti due sono gli aspetti che sarebbe interessante osservare:

  1. che cosa si intende per ingredienti naturali al 100%;
  2. quali possono essere gli effetti sulla salute – degli animali e delle persone – dovuti alla presenza di ingredienti non totalmente naturali.

Innanzitutto è da osservare il fatto che sulla Terra non esiste nulla di innaturale perché tutto si origina dagli elementi chimici presenti nella tavola periodica degli elementi che fanno parte del nostro “Sistema”. Caso mai – e forse è questo il concetto di “innaturale” – l’unione di alcuni elementi e la creazione di alcune molecole richiede metodi così complessi che in natura è praticamente impossibile che si possano realizzare, se non in condizioni estreme. Ecco allora, ad esempio, che la plastica è fatta di elementi chimici ovviamente naturali anche se la natura non è in grado di produrre autonomamente i legami molecolari che la caratterizzano. Inoltre non è detto che i prodotti “naturali al 100%” siano per forza salutari. Anzi, in natura esistono numerosi prodotti tossici e addirittura mortali. Per togliere qualsiasi dubbio al consumatore che, come me, vede la pubblicità e magari è invogliato a scegliere ciò che gli dà più fiducia, bisognerebbe cercare di spiegare un po’ meglio un po’ a tutti quale sia il concetto di “naturale” e bisognerebbe vietarne l’uso generico in pubblicità. Detto ciò si può senza dubbio affermare che “naturale al 100%” non vuol dire assolutamente nulla!

Dopo aver chiarito questo importante aspetto è necessario cercare di capire la sostanza della nostra analisi: quand’è che ci possono essere effetti sulla salute a causa della presenza nei cibi di prodotti non naturali o, meglio, di sintesi? Dare una risposta a questa questione è molto complesso sia perché le nostre conoscenze sono molto limitate ad hanno ancora numerosissimi buchi, sia perché il problema della salute legato ai cibi non è solo quello diretto dovuto alla loro ingestione, ma anche quello indiretto dovuto all’inquinamento che i cibi e i loro metodi produttivi possono determinare. Tutto ciò si riflette, poi, anche sull’ambiente circostante e infine arriva a lambire, partendo da lontano, la salute delle persone. Da questo punto di vista si fa sinceramente fatica ad esprimere un giudizio univoco sulla pericolosità dei prodotti di sintesi.

Quello che però si può dire –  e che io sostengo da tempo attraverso Bioimita – è il fatto che noi ci siamo evoluti in un “Sistema”, il pianeta Terra, che prevede certe regole di funzionamento e ha certe caratteristiche specifiche. All’interno di questo “Sistema” l’evoluzione della vita è stata tortuosa e lunga, molto lunga. Talmente lunga che pensare al fatto che si sia verificata in più di 3,5 miliardi di anni quando la vita media umana è di circa 80, è cosa praticamente impossibile. Fuori scala! Ecco allora che nella produzione dei cibi e nella conseguente alimentazione, nella produzione energetica e in quella di beni e servizi, nella gestione degli scarti (rifiuti) e nelle dinamiche sociali dobbiamo partire da quelli che sono gli elementi di base del nostro “Sistema”, senza introdurre distorsioni (gli elementi di sintesi o squilibri chimico-fisici) che, alla fine, perseguono solamente scopi puramente commerciali o economici di generare profitti (1) ed incidono solo apparentemente sul nostro benessere.

Anche se le nostre conoscenze sui pilastri di funzionamento del “Sistema” non sono ancora molto evolute, dobbiamo comunque renderci conto che possiamo partire solo da lì perché qualsiasi forzatura ci darà l’illusione momentanea di una soluzione semplicistica a problemi complessi ma, poi, in un modo o nell’altro, ci si rivolterà inevitabilmente contro con conseguenze inaspettate nei confronti delle quali saremo impreparati e che potranno avere conseguenze anche molto gravi.

_____

(1) L’evoluzione, ad esempio, ci fornisce molti strumenti di difesa nei confronti di gran parte degli agenti naturali negativi mentre risulta molto più impreparata nei confronti degli agenti di sintesi. La carne in putrefazione ha un forte odore e noi, per difesa evolutiva, ne abbiamo repulsione poiché ci farebbe molto male alla salute. Il Bisfenolo A, invece, che simula il funzionamento di alcuni ormoni e che interferisce anche in maniera molto grave con la nostra salute, lo possiamo liberamente ingerire attraverso gli alimenti e le bevande senza avere alcun strumento innato di allerta e protezione.

 

Bioimita – Anno Secondo

Oggi, primo gennaio 2015, Bioimita compie il suo secondo anno di vita. Anche se il numero delle pubblicazioni è stato inferiore a quello dell’anno precedente, voglio fare comunque i complimenti al sottoscritto che si è dato da fare per mettere in rete i propri articoli, a chi mi ha seguito e a chi mi ha scritto in questi mesi trascorsi. Per carità, i numeri (1) non hanno nulla a che vedere con i blogger più bravi o con le visualizzazioni che hanno siti dai contenuti frivoli che interessano un po’ tutti, se non altro – e giustamente – come “sciacquacervello”. Sono comunque contento perché in quest’anno passato ho cercato di descrivere con onestà e con un minimo di accuratezza scientifica il mio pensiero e la mia visione della realtà e credo di esserci riuscito. L’unico rammarico che ho – per mancanza di tempo avendo un lavoro impegnativo e una famiglia con le sue esigenze – è quello di non essere stato in grado, come mi ero promesso nel 2013, di coinvolgere altre persone nella redazione degli articoli e quello di non essere riuscito a scrivere articoli sui “Prodotti”. Sarà per l’anno prossimo.

Talvolta, quando riesco a ritagliarmi qualche momento di concentrazione per mettere nero su bianco i miei pensieri, penso a chi leggerà i miei articoli. Sarà interessato o passerà distrattamente? Sarà in grado di capire quello che desidero comunicare o non mi prenderà sul serio ritenendo quello che scrivo un mucchio di spazzatura che si perde nell’immenso mare della rete? Devo dire che io sono fermamente convinto della forza e dei miei argomenti e, anche se talvolta sono preso da un po’ di sconforto nel vedere che nulla apparentemente cambia e che le parole di avvertimento vengono così poco ascoltate, poi sento ancora più forte la responsabilità di quello che voglio comunicare e… continuo a farlo.

Per fare una bella citazione musicale mi sento un po’ come Daniele Silvestri nella sua splendida “L’uomo col megafono”. (2)

[TESTO]L’uomo col megafono parlava parlava parlava di cose importanti, purtroppo i passanti, passando distratti, a tratti soltanto sembravano ascoltare il suo monologo, ma l’uomo col megafono credeva nei propri argomenti e per questo andava avanti, ignorando i continui commenti di chi lo prendeva per matto… però il fatto è che lui… soffriva… lui soffriva… davvero
L’uomo col megafono cercava, sperava, tentava di bucare il cemento e gridava nel vento parole di avvertimento e di lotta, ma intanto la voce era rotta e la tosse allungava i silenzi, sembrava che fosse questione di pochi momenti, ma invece di nuovo la voce tornava, la voce tornava…
Compagni! Amici! Uniamo le voci! Giustizia! Progresso! Adesso! Adesso!
L’uomo e il suo megafono sembravano staccati dal mondo, lui così magro, profondo e ridicolo insieme, lo sguardo di un uomo a cui preme davvero qualcosa, e che grida un tormento reale, non per un esaurimento privato e banale, ma proprio per l’odio e l’amore, che danno colore e calore, colore e calore ma lui… soffriva… lui soffriva… davvero
Compagni! Amici! Uniamo le voci! Giustizia! Progresso! Adesso! Adesso!

_____

(1) Nel 2014 ho pubblicato 52 articoli per il “BLOG” e soli 3 articoli per la categoria “PRODOTTI” con circa 31.000 visualizzazioni globali e con circa 1.600 visualizzazioni mensili
(2)L’uomo col megafono” è scritta e interpretata da Daniele Silvestri e fa parte dell’album “Prima di essere un uomo”, pubblicato nel 1995. Con questa canzone Daniele Silvestri partecipò al Festival di Sanremo del 1995.