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Al supermercato con la bisnonna

Quando andate al supermercato andateci sempre accompagnati dalla vostra bisnonna (immaginatevela con voi se non ce l’avete più) e tutto quello che la vostra bisnonna non riconosce come cibo… non compratelo. Leggendo l’etichetta, se ci sono sostanze che lei non capisce cosa siano… non compratelo. Se ci sono più di 5 ingredienti… non compratelo. Se c’è scritto che fa bene alla salute… non compratelo!!!

Questo è quanto osserva – mutuando le raccomandazioni di Michael Pollan – con la sua proverbiale ironia e sagacia il prof. Franco Berrino, epidemiologo dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano dove dirige il dipartimento di medicina preventiva e predittiva..

In sostanza per vivere sani e in salute – e, magari, per scongiurare il più possibile il rischio di essere vittima di un tumore o di una grave patologia metabolica – è necessario consumare cibo sano ma, soprattutto, semplice, non raffinato e, di base, proveniente dal mondo vegetale. Questa pratica, che è anche molto sostenibile dal punto di vista ambientale, si rifà pienamente ai principi della bioimitazione.

Cosa dire allora: il vero progresso e la salute generale di un popolo passa per forza attraverso la natura (cibo sano), il suo rispetto (cibo vegetale) e l’imitazione del suo funzionamento (cibo semplice e non raffinato). Cosa aspettiamo a cambiare atteggiamento e a percorrere con maggiore convinzione questo cammino semplice e così rivoluzionario?

 

Aiuto! C’è un insetto negli spinaci

Addirittura un insetto negli spinaci! Aiutooooooooo!

Così strillano (o quasi) in questi giorni le locandine davanti alle edicole e titola L’Arena, il giornale di Verona.

Ma andiamo con ordine e vediamo cosa è successo. È successo che una scuola media cittadina ha segnalato la presenza di uno scarafaggio negli spinaci somministrati ai ragazzini nella mensa e, sulla questione, sono intervenute addirittura le autorità dell’Azienda che gestisce le mense comunali con comunicati e con provvedimenti che hanno portato ad eliminare l’intera partita di verdure incriminate. Inoltre il venefico insetto negli spinaci ha infiammato anche il dibattito politico vedendo, tra i contendenti, gli amministratori, l’azienda appaltatrice e l’opposizione.

“Un clima avvelenato – recita l’Arena – tanto che dopo il ritrovamento dello scarafaggio, comincia a serpeggiare (addirittura!) l’inquietante ipotesi del boicottaggio. Sempre ieri, tra l’altro, da un controllo fatto dall’ufficio refezione scolastica del Comune alle mense delle elementari N. e R., è emerso un giudizio positivo sul cibo servito. Gli stessi spinaci in tegame sono stati definiti «ottimi» in una scuola e «buoni» nell’altra. Tanto che «molti bambini», recita un comunicato di Palazzo Barbieri (la sede del Municipio, ndr), «hanno (udite, udite!) pure effettuato il bis»”. E non sono morti, dico io!

Sia ben chiaro che è assolutamente doveroso che il cibo fornito ai nostri figli nelle mense scolastiche debba essere di qualità, pulito, sicuro dal punto di vista igienico e privo di corpi estranei. Siano essi insetti o altro. Quello che mi fa sorridere (e, in parte, preoccupare) è il fatto che ci si stia accapigliando (1) per la presenza di un insetto in un piatto (che non ha mai ucciso nessuno e che, in un futuro, rappresenterà molto probabilmente una componente della nostra alimentazione abituale), mentre non si muove foglia, non si fanno locandine e non si fanno articoli per le vere cause che potrebbero rappresentare un pericolo per la salute dei nostri figli nelle mense scolastiche. Provo ad elencarle:

  1. cibi economici di scarsa qualità, con poca attenzione ai prodotti biologici;
  2. verdure con residui di pesticidi e carni con residui di antibiotici;
  3. diete non equilibrate che spesso eccedono in uso di carne, proteine animali, grassi e zuccheri;
  4. sistemi di cottura che potrebbero esporre i cibi ad inquinanti (es. teflon, metalli, ecc.)
  5. sistemi di cottura che non garantiscono il mantenimento delle proprietà dei cibi (es. vitamine);
  6. utilizzo di prodotti chimici pericolosi per le pulizie delle cucine o per il lavaggio di pentole e stoviglie;
  7. cibi serviti con piatti in materiale plastico usa e getta, non salutare in caso di cibi caldi e che produce un’enorme quantità di rifiuti non riciclabili.

Iniziare a preoccuparsi seriamente di questi VERI problemi e relegare ai margini della discussione (e dell’ansia pubblica) la presenza di un insetto nel piatto o di un moscerino in cucina contribuirebbe anche a porre importanti basi per una maggiore sostenibilità ambientale all’interno dell’enorme filiera dell’alimentazione non domestica.

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(1) Basta scorrere le cronache locali per vedere che il caso di Verona dell’insetto nel piatto non è un caso isolato di mamme preoccupate, di raccolte firme, di richieste di commissioni di vigilanza, ecc. ecc. (Pisa, Marino)

 

Plutarco e la carne

Se sei convinto di essere naturalmente predisposto a mangiar carne, prova anzitutto ad uccidere tu stesso l’animale che devi mangiare. Ma ammazzalo tu in persona, con le tue mani, senza ricorrere ad un coltello, ad un bastone o ad una scure. Fa come i lupi, gli orsi e i leoni che ammazzano da sé quanto mangiano”.

Con una lucidità incredibile e una lungimiranza inimmaginabile sui riflessi negativi che l’eccessivo consumo di carne avrebbe determinato qualche decina di secoli dopo, Plutarco elaborò questo suo pensiero nel I secolo d.C.

È troppo facile delegare altri (ad esempio l’asettica industria) per procurare la morte degli animali destinati al cibo. Sono certo, anche a seguito delle mie esperienze professionali nei macelli industriali, che gran parte dei consumatori di carne (1) desisterebbe da tale pratica di fronte al proprio coinvolgimento diretto nella morte di un animale, di fronte alla sua sofferenza, alla sua resistenza e al sua attaccamento alla vita.

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(1) Ci sto provando da tempo e, prima o poi, diventerò vegetariano.

 

Se niente importa

Mangiare carne non è necessario per sopravvivere e mangiarne troppa non è nemmeno salutare. Produrla non è neppure sostenibile dal punto di vista ambientale, soprattutto se la carne proviene da allevamenti intensivi dove migliaia e migliaia di animali vivono ammassati in spazi angusti, iperselezionati, ipernutriti e ipermedicalizzati. Dei mostri che se fossero lasciati scorrazzare liberamente per le aie o per i pascoli non riuscirebbero a reggersi in piedi e morirebbero di stenti in pochi giorni.

Al di là della componente etica e dei diversi problemi che affliggono gli allevamenti intensivi, percorrendo l’autostrada A4 in direzione Venezia, a pochi chilometri dall’uscita di Brescia Est, sono rimasto molto colpito (e, non lo nego, anche piuttosto turbato) da quanto si è presentato a bordo strada: un manichino di bovino adulto e uno di vitello (talvolta anche un maialino) appesi per il collo ad una impalcatura metallica.

Se niente importa_smallSì, è vero, gli animali sono dipinti con colori inequivocabilmente patriottici e forse hanno anche una finalità comunicativa polemica (mah!) nei confronti di politiche agricole che “strozzano” gli imprenditori del settore. Magari le quote latte!?

Il quadro, però, nel suo insieme, mi sembra alquanto stupido, per non dire veramente disgustoso. Appendere una mucca per il collo assieme ad un cucciolo (magari al suo cucciolo) è una cosa che reputo inutile dal punto di vista comunicativo e triste da quello etico. Dimostra, a mio parere, che in troppi allevamenti intensivi ed industrializzati non si ha nessun rapporto empatico con gli esseri viventi e non ci si prende sufficiente cura dell’animale, del suo benessere e della sua salute. Magari addirittura lo si maltratta e l’animale, in quanto essere vivente, è visto come un mero oggetto commerciale scomponibile in diversi pezzi dai quali ottenere la più alta remunerazione economica possibile.

Jonathan Safran-Foer, nel suo libro “Se niente importa”, un’acuta e attenta analisi del mondo degli allevamenti e della produzione della carne degli USA, chiede alla nonna ebrea scampata per miracolo ai lager nazisti perché, durante il suo peregrinare in fuga per l’Europa, pelle e ossa per la fame, abbia rifiutato un’offerta di carne di maiale (non kosher) che le poteva salvare la vita. Lei, serafica, gli risponde: “Se niente importa (nella vita), non c’è niente da salvare”.

Video: TG1 – Allevamenti tortura per mucche

Video: L’orrore degli allevamenti