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Perso nel supermercato – The Clash
Perché si entra al supermercato? Per comprare quello che serve per nutrirsi?
Si forse tanto tempo fa, ma al giorno d’oggi nella cassetta postale di casa, si è sommersi di volantini dei supermercati, anzi degli ipermercati.
Offerte speciali di prodotti a sotto costo, a ribasso o a “prendi tre e paghi due”.
Si trova di tutto: cibo, elettrodomestici, detersivi, prodotti di bellezza, vestiari, cancelleria, giornali, libri, vasellame, biciclette, giocattoli, strumenti da bricolage, smartphone ed accessori vari, eccetera eccetera e così si inizia a perdersi solo leggendo i volantini.
Si entra al supermercato con una lista, magari precisa, poi si acquista sempre di più di quello che era nell’elenco e intanto si accumulano punti sulla tessera fedeltà.
Si è sicuri che tutto l’acquistato, poi, serva?
Si torna a casa, si mettono via le cose, si scartano i prodotti, si mangiano i cibi e alla fine si resta con un mucchio di rifiuti principalmente di carta e di plastica.
Si è appagati, vero?
Lost in the supermarket
I’m all lost in a supermarket
I can no longer shop happily
I came in here for the special offer
A guaranteed personality
I wasn’t born so much as i fell out
Nobody seemed to notice me
We had a hedge back home in the suburb
Over which i never could see
I heard the people who live on the ceiling
Scream and fight most scarily
Hearing that noise was my first ever feeling
That’s how it’s been all around me
I’m all tuned in, I see all the programmes
I save coupons from packets of tea
I’ve got my giant hit discotheque album
I emty a bottle i feel a bit free
The kids in the halls and the pipes in the walls
Make me noises for company
Long distance callers make long distance calls
And the silence makes me lonely
And it’s no hear
it disappear
Perso nel supermercato
Mi sono perso nel supermercato
Non riesco a fare la spesa felicemente
Sono entrato per quell’offerta speciale
Personalità garantita
Più che nato sono capitato
Sembrava che nessuno si accorgesse di me
Avevamo una siepe dietro casa in periferia
Oltre la quale non riuscivo a vedere
Sentivo la gente del piano di sopra
Urlare e picchiarsi in modo terribile
Sentire quei rumori fu la mia prima emozione
Ecco cosa avevo intorno a me
Sono sempre sintonizzato, vedo tutti i programmi
Conservo i punti dai pacchetti di tè
Ho comprato il mio album di hits da discoteca
Svuoto una bottiglia e mi sento un pò più libero
I ragazzi dentro le stanze e le tubature dei muri
Fanno rumori che mi tengono compagnia
Chi chiama da lontano chiama da lontano
E il silenzio mi lascia solo
Non è qui
Scompare
Riferimenti
- La canzone Lost in the supermarket è tratta dall’album London Calling, pubblicato nel 1979 da The Clash.
- Il testo e la traduzione sono tratte dal sito Radio Clash.
- L’immagine e lo spezzone qui sotto sono tratti dal film “The Hurt Locker”, di Kathryn Bigelow, uscito nel 2009.
Scritto e pubblicato per Riusa.
Wake Up Call
Ho già scritto qualche tempo fa di Steve Cutts, genio inglese della computer animation che, con il video “Man”, aveva fatto luce in maniera molto dura ed efficace sulla potenza distruttiva dell’uomo.
Con il video”Wake Up Call”, che di Man in qualche modo è l’ideale prosecuzione, Steve Cutts desidera lanciare un monito sulle conseguenze negative che il consumismo sfrenato – soprattutto quello legato alla tecnologia a rapida obsolescenza – può avere sull’ambiente. Nei pochi minuti del video (dalle solite caratteristiche stilistiche molto essenziali) l’autore riesce, in una sintesi molto precisa, a parlare di sfruttamento eccessivo delle risorse minerarie, di sfruttamento dei lavoratori impegnati nel settore tecnologico, di rifiuti, di obsolescenza programmata, di consumismo e di salvaguardia dell’ambiente. E, in qualche modo, di stupidità dell’uomo.
Semplicemente geniale.
Il padrone della festa
Voglio che le cariche importanti / dove si decide per il mondo / vengano assegnate solo a donne madri di figli.
Sarei così curioso di vedere / se all’interno delle loro decisioni / riuscirebbero a scordarsi il loro futuro.
Il tetto delle nostre aspettative / è così basso che si potrebbe anche toccare, / la vita media di una prospettiva / è una campagna elettorale.
”Ambiente” non è solo un’atmosfera, / una rogna nelle mani di chi resta / e il sasso su cui poggia il nostro culo / è il padrone della festa.
Dicono che fossero giganti, / i primi uomini che camminavano sul mondo / per questo forse allora di errori così grandi non c’era bisogno, / no non c’era bisogno di sacrificarci a un dio di poche lire / pagarlo col silenzio perché / si deve progredire ma / è come un albero che cresce nella direzione opposta: / le radici perse in aria e la testa nascosta.
Invece ciò che ti riguarda mi riguarda, / come ciò che lo riguarda, / ti riguarda.
Se siamo ammanettati tutti insieme alla stessa bomba.
Ora per ora per ora, un passo alla volta / uno per uno per uno fino alla svolta / ora per ora per ora, un passo alla volta / uno per uno per uno fino alla svolta / perché il sasso su cui poggia il nostro culo / è il padrone della festa.
Nell’album “Il padrone della festa” di Fabi-Silvestri-Gazzè, la bellissima canzone omonima racconta di quanto la politica e il profitto, in un abbraccio mortale, siano responsabili della grave crisi ambientale che l’uomo sta attualmente vivendo. Ignari – per ignoranza, ma più spesso per cinismo – che, nonostante tutto il loro potere o tutta la loro ricchezza, siamo comunque tutti ammanettati alla stessa bomba e che l’unico vero padrone della festa è quel sasso su cui poggia il nostro culo!
Immagini sublimi che esprimono con lucido dolore quanto stupidi siamo. Ma anche sane illusioni che, passo dopo passo, uno dietro l’altro, con consapevolezza potremmo anche giungere ad una svolta.
Trivella SI, trivella NO, se famo du spaghi
“Trivella SI, trivella NO, se famo du spaghi!?”.
Parafrasando la bellissima canzone La Terra dei Cachi di Elio e le Storie Tese (1) vorrei esprimere anche la mia modesta opinione, nel mare magnum dell’informazione, sul referendum del prossimo 17 aprile – il primo chiesto dalle Regioni – relativo ad un aspetto piuttosto tecnico riguardante il fatto se i permessi per estrarre idrocarburi in mare, entro 12 miglia dalla costa, debbano durare fino all’esaurimento del giacimento (come avviene ora) oppure fino alla fine della concessione. In pratica se il referendum dovesse avere una prevalenza di si (oltre al superamento del quorum del 50% degli aventi diritto), le piattaforme presenti in mare a meno di 12 miglia dalla costa dovranno essere smantellate una volta scaduta la concessione o quest’ultima dovrà essere rinegoziata.
Lasciando perdere le tristi vicende giudiziarie di queste ultime settimane che hanno presumibilmente collegato ministri, fidanzati dei ministri, speculatori, compagnie petrolifere e investimenti pubblici a episodi di (solita) malapolitica e di (solito) malaffare, vorrei concentrarmi invece su alcuni aspetti tecnici che possano far ben comprendere come le situazioni che si verificherebbero con la vittoria dei no o dell’astensionismo (quelle a esaurimento del giacimento) non servano né all’Italia né agli italiani. Anzi.
Innanzitutto è da dire che inevitabilmente estrarre olio fossile o metano dal mare potenzialmente inquina, in vario modo, lo stesso, i suoi abitanti e coloro che lo frequentano saltuariamente per svago e per sport (cioè noi). Tale inquinamento è senza dubbio più elevato quando si estrae petrolio e nelle aree vicine alle piattaforme, ma si può anche diffondere fino a raggiungere le rive e i fondali. Inoltre vi possono anche essere gravi incidenti che possono compromettere con abbondanti fenomeni di inquinamento enormi aree di mare e di coste.
In secondo luogo è importante osservare che gran parte delle piattaforme entro le 12 miglia (92 in totale) estraggono soprattutto metano. Secondo i dati del Ministero dello Sviluppo Economico nel 2015 queste piattaforme hanno contribuito al 28,1% della produzione nazionale di gas e al 10% di quella petrolifera. In relazione all’entità dei consumi nazionali di tali idrocarburi e dal momento che una parte delle concessioni è attribuita ad aziende straniere, tali percentuali crollano fino ad arrivare a soddisfare fra il 3 e il 4 per cento dei consumi nazionali di gas e l’1 per cento di quelli di petrolio. Un’inezia! L’Italia quindi è fortemente dipendente dalle importazioni estere e le nostre piattaforme fanno ben poco per i nostri consumi. A mio avviso forse sarebbe meglio che le esigue disponibilità nazionali di idrocarburi [si veda il grafico n. 2] fossero tenute a riserva per fronteggiare eventuali crisi mondiali (energetiche e non) future, che potrebbero essere molto probabili.
Dal quadro di cui sopra si evince che l’unica vera strada da percorrere in ambito energetico – strada che hanno ad esempio percorso paesi come la Norvegia, molto più dotati di idrocarburi rispetto all’Italia – è solo quella di investire nelle energie rinnovabili. Purtroppo l’impulso positivo verso questo settore (che, in termini netti, necessita di più manodopera impiegata) iniziato negli anni passati con gli incentivi e che aveva visto l’Italia essere all’avanguardia a livello mondiale, per colpa di decisioni politiche sbagliate si sta esaurendo e i risultati sono, a partire dal 2014, quelli di una netta diminuzione della produzione [si veda il grafico n. 1]. Secondo quanto osserva il GSE (Gestore dei Servizi Energetici) nel 2015 le cosiddette fonti alternative hanno contribuito a soddisfare il 17,3% dei consumi nazionali di energia. E il dato è in costante aumento se si pensa che nel 2004 la quota rinnovabile di energia era solo del 6,3%.
Alla luce di tutto questo mi sembra che non ci siano dubbi: al referendum del prossimo 17 aprile l’unica soluzione praticabile è quella di VOTARE SI.
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(1) La canzone, per chi la conosce, sintetizza bene quello che sta succedendo intorno al referendum del prossimo 17 aprile. Si tratta del solito mix a cui noi italiani siamo ben abituati – al di là del colore politico di chi governa – di ipocrisia, di qualunquismo, di ignoranza e di malaffare. La Terra dei Cachi, insomma, dove “Italia si’ Italia no Italia gnamme, se famo du spaghi. / Italia sob Italia prot, la terra dei cachi. / Una pizza in compagnia, una pizza da solo; / Un totale di due pizze e l’Italia e’ questa qua…”.
Fonte: L’Espresso; Legambiente; Marco Pagani (grafici)
Personaggi | Patrick Moore
Se si scorre la pagina Wikipedia di Patrick Moore e si legge sia il titolo (dove viene definito “ambientalista”) sia la prima parte della sua carriera si penserà di essere di fronte ad un personaggio importante nell’ambito della lotta ecologista e della salvaguardia del pianeta e degli animali che lo abitano. Fondatore di Greenpeace nel 1971, membro dell’equipaggio della nave Phyllis Cormack che fece le prime azioni dirette e non violente per la difesa del clima, dell’ambiente in generale, delle balene e dell’interruzione dei test nucleari, fu per 9 anni presidente di Greenpeace Canada e per 7 anni direttore di Greenpeace International nel periodo in cui Greenpeace divenne la maggior associazione ambientalista a livello mondiale. Negli anni ’70 aprì un ufficio a San Francisco ma ben presto iniziò a litigare con i suoi colleghi di Vancouver tanto da creare una frattura così profonda con l’Associazione che abbandonò nel 1986 per fondarne una propria, la Greenspirit.
Fin qui nulla di strano. La sua biografia ripercorre quella di molte altre persone che militano per lungo tempo in un movimento, in un’associazione o in un partito politico e poi, per le ragioni più varie, decidono di abbandonarlo. A partire dagli anni ’90 Patrick Moore iniziò ad assumere – spesso come lobbysta – incarichi politici nella Columbia Britannica (Canada) interessandosi e partecipando a gruppi di lavoro sui cambiamenti climatici, sullo sfruttamento dell’energia geotermica e diventando direttore del Sustainable Forestry Committee of the Forrest Alliance of BC, gruppo creato dall’industria del legno per garantire ai consumatori la gestione sostenibile delle foreste e del legname prodotto.
È però a partire dal 2006 che la parabola ideologica e professionale di Patrick Moore inizia a prendere una nuova traiettoria quando diviene co-direttore di una iniziativa industriale, la Clean and Safe Energy Coalition, che si propone di promuovere l’energia nucleare quale fonte energetica pulita (ecologica) e sicura. Si tratta di un cambiamento forte e molto radicale rispetto alle lotte che hanno contrassegnato la sua iniziale carriera fortemente incentrate sul combattere l’uso dell’energia nucleare. E, forse, questa parabola ha iniziato a cambiare già a partire dagli anni ’90, quando Patrick Moore è entrato nel mondo opaco della politica e del lobbysmo.
Quello che lo stesso Patrick Moore afferma è di essere uscito dal mondo ambientalista perché diventato troppo politicizzato e sensazionalista. Il salto, però, come dimostra il suo percorso professionale, è stato quello di passare esattamente dalla parte opposta. Sostenitore dell’energia nucleare e dell’industria che ne fa uso, è stato anche aspramente criticato per il ruolo di consulente-controllore che ha svolto per conto dell’Asia Pulp and Paper (APP), azienda che ha fortemente contribuito al disboscamento indiscriminato dell’Indonesia. Inoltre, in questi ultimi anni, si è spinto addirittura oltre e ha anche manifestato posizioni critiche nei confronti del riscaldamento globale e si è espresso favorevolmente nei confronti degli organismi geneticamente modificati (OGM) e degli additivi chimici (es. diserbanti) che sono ad essi collegati.
Sono proprio questi ultimi che, a mio avviso, ne hanno mostrato la malafede ideologica di questi ultimi anni. Invitato qualche tempo fa ad una trasmissione televisiva di Canal + in Francia Patrick Moore, dopo aver sostenuto la non pericolosità del glifosate (diserbante) – recentemente dichiarato “probabile cancerogeno per l’uomo” da parte della IARC – e la possibilità di berne anche un litro senza accusare alcun sintomo, all’invito del giornalista di berne un bicchiere, che gli vuole porgere, egli risponde: “No, io non sono un idiota”.
Qui casca il palco. Qui, secondo me, Patrick Moore dimostra di non essere in buona fede e di farsi paladino e difensore di idee e di tecnologie non del tutto sicure per l’uomo e per l’ambiente. Qui, secondo me, Patrick Moore dimostra che è in atto una sorta di manipolazione della verità da parte di multinazionali – e di loro portavoce – che cercano di spingere il mondo verso direzioni che, già ora, sanno essere inutili per il progresso e per il benessere dell’umanità, se non pericolose per la salute pubblica.
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Nota: Con questo articolo desidero iniziare a parlare di persone “comuni” (o quasi), [tag “personaggi”] normalmente poco conosciute nel circuito della comunicazione di massa, che – a mio personalissimo avviso, tenendo conto del loro curriculum e del loro percorso professionale reperibile in rete – stanno fornendo il loro enorme e silenzioso contributo alla distruzione e al degrado del Pianeta nonché alla speculazione industriale e finanziaria a discapito delle risorse naturali e della sicurezza collettiva oppure stanno facendo azioni importanti di salvaguardia dello stesso sia dal punto di vista culturale che di azioni concrete messe in campo. Si tratta di persone che, nel bene o nel male, con il loro pensiero e con il loro comportamento possono contribuire ad innescare un dibattito sulle tematiche della sostenibilità ambientale.
Food Inc.
Se desiderate vedere quali potranno essere, di fatto, le conseguenze dell’Accordo TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership o Partenariato Transatlantico per il commercio e gli investimenti-trad.) mettetevi comodi sulla sedia o sul divano per circa 90 minuti e godetevi il documentario “Food Inc.” allegato.
Al di là dei fiumi di parole che si potranno spendere sull’argomento, sia pro che contro, non c’è alcun dubbio che l’accordo in oggetto è una manovra messa in campo da parte delle (poche e sempre meno numerose) multinazionali del cibo per conquistare nuovi mercati attraverso l’industrializzazione spinta dello stesso. Chi vi dirà che il TTIP favorirà le produzioni locali e biologiche si sta prendendo solo gioco di voi.
Buona visione…
Per info: Campagna Stop TTIP (it); STOP TTIP (en)
Bioimita – Anno Secondo
Oggi, primo gennaio 2015, Bioimita compie il suo secondo anno di vita. Anche se il numero delle pubblicazioni è stato inferiore a quello dell’anno precedente, voglio fare comunque i complimenti al sottoscritto che si è dato da fare per mettere in rete i propri articoli, a chi mi ha seguito e a chi mi ha scritto in questi mesi trascorsi. Per carità, i numeri (1) non hanno nulla a che vedere con i blogger più bravi o con le visualizzazioni che hanno siti dai contenuti frivoli che interessano un po’ tutti, se non altro – e giustamente – come “sciacquacervello”. Sono comunque contento perché in quest’anno passato ho cercato di descrivere con onestà e con un minimo di accuratezza scientifica il mio pensiero e la mia visione della realtà e credo di esserci riuscito. L’unico rammarico che ho – per mancanza di tempo avendo un lavoro impegnativo e una famiglia con le sue esigenze – è quello di non essere stato in grado, come mi ero promesso nel 2013, di coinvolgere altre persone nella redazione degli articoli e quello di non essere riuscito a scrivere articoli sui “Prodotti”. Sarà per l’anno prossimo.
Talvolta, quando riesco a ritagliarmi qualche momento di concentrazione per mettere nero su bianco i miei pensieri, penso a chi leggerà i miei articoli. Sarà interessato o passerà distrattamente? Sarà in grado di capire quello che desidero comunicare o non mi prenderà sul serio ritenendo quello che scrivo un mucchio di spazzatura che si perde nell’immenso mare della rete? Devo dire che io sono fermamente convinto della forza e dei miei argomenti e, anche se talvolta sono preso da un po’ di sconforto nel vedere che nulla apparentemente cambia e che le parole di avvertimento vengono così poco ascoltate, poi sento ancora più forte la responsabilità di quello che voglio comunicare e… continuo a farlo.
Per fare una bella citazione musicale mi sento un po’ come Daniele Silvestri nella sua splendida “L’uomo col megafono”. (2)
[TESTO] “L’uomo col megafono parlava parlava parlava di cose importanti, purtroppo i passanti, passando distratti, a tratti soltanto sembravano ascoltare il suo monologo, ma l’uomo col megafono credeva nei propri argomenti e per questo andava avanti, ignorando i continui commenti di chi lo prendeva per matto… però il fatto è che lui… soffriva… lui soffriva… davvero
L’uomo col megafono cercava, sperava, tentava di bucare il cemento e gridava nel vento parole di avvertimento e di lotta, ma intanto la voce era rotta e la tosse allungava i silenzi, sembrava che fosse questione di pochi momenti, ma invece di nuovo la voce tornava, la voce tornava…
Compagni! Amici! Uniamo le voci! Giustizia! Progresso! Adesso! Adesso!
L’uomo e il suo megafono sembravano staccati dal mondo, lui così magro, profondo e ridicolo insieme, lo sguardo di un uomo a cui preme davvero qualcosa, e che grida un tormento reale, non per un esaurimento privato e banale, ma proprio per l’odio e l’amore, che danno colore e calore, colore e calore ma lui… soffriva… lui soffriva… davvero
Compagni! Amici! Uniamo le voci! Giustizia! Progresso! Adesso! Adesso!”
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(1) Nel 2014 ho pubblicato 52 articoli per il “BLOG” e soli 3 articoli per la categoria “PRODOTTI” con circa 31.000 visualizzazioni globali e con circa 1.600 visualizzazioni mensili
(2) “L’uomo col megafono” è scritta e interpretata da Daniele Silvestri e fa parte dell’album “Prima di essere un uomo”, pubblicato nel 1995. Con questa canzone Daniele Silvestri partecipò al Festival di Sanremo del 1995.
Man
Steve Cutts (1) pubblica il video “Man” il 21 dicembre 2012 e, in poco tempo, riceve più di 5 milioni di visualizzazioni sulla piattaforma YouTube e circa 1 milione su Vimeo.
Il tema principale di questo magnifico cortometraggio animato è il rapporto tra l’uomo (“man”, appunto, che compare nel titolo) e l’ambiente. Un rapporto che dura da circa 500.000 anni e che è inizialmente idilliaco in un luogo ricco di animali e piante, ma che si trasforma, a poco a poco, in un vero e proprio incubo.
Una delle prime cose che l’uomo impara e inizia a praticare è la violenza, anche gratuita, nei confronti degli altri esseri viventi che popolano il Pianeta. Dall’atto gratuito si passa poi all’utilitarismo: l’uomo uccide i serpenti per farsi degli stivali e le foche per farsi delle pellicce che lo possano riparare dal freddo. Con il passare del tempo e con l’avvento delle armi da fuoco inizia a anche ad uccidere gli animali per gli scopi più futili: per divertimento e per avere inutile e superflui oggetti di lusso. La violenza dell’uomo nei confronti della natura si manifesta anche attraverso il taglio di alberi e foreste che diventano altissime torri di carta, nella cementificazione e urbanizzazione di tutto ciò che lo circonda, nel consumismo sfrenato nonché nella produzione di montagne di rifiuti.
Il tutto si consuma in una paradossale danza di inconsapevolezza autodistruttiva che porta progressivamente l’uomo nelle sua marcia folle verso il baratro.
Con il video “Man” Steve Cutts, in poco più di tre minuti, ci racconta la strafottenza la brama di potere e l’idiozia dell’uomo e ci mette di fronte all’assurdità dei nostri comportamenti facendoci comprendere che il male più grande dell’agire umano non sembra essere tanto l’errore – inevitabile e comunque risolvibile – quanto piuttosto la perseveranza nel continuare a sbagliare.
Il video “Man” sembra un accorato appello dell’autore che ci pone davanti agli occhi, senza censure, la brutalità delle nostre azioni e ci dice… ADESSO BASTA!
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(1) Steve Cutts è un blogger e artista freelance londinese che spazia dalla pittura alla scultura, dall’illustrazione all’animazione interessandosi di numerose tematiche sociali, tra cui anche l’ecologia.
Musica: “In the Hall of the Mountain King” di Edvard Grieg
Verso l’eolico
“Verso l’eolico” è un breve video di animazione che tratta l’argomento dell’energia eolica in Sardegna.
L’autore Nicola Vargiu si chiede che cosa sia l’energia eolica, quanto inquini un parco eolico e se sia possibile produrre l’energia eolica senza deturpare il paesaggio. Le sue risposte sono assolutamente positive: poco rumore, basso inquinamento elettromagnetico e nessun campo elettrico. Inoltre l’autore esprime la propria convinzione relativamente alla sostenibilità di tale tipologia di energia facendo riferimento al “Protocollo per la realizzazione di un buon eolico” redatto nel 2002 da ANEV (Associazione Nazionale Energia del Vento), Legambiente, Greenpeace e WWF che prevede:
- un controllo totale su territorio, flora e fauna;
- una costante manutenzione della viabilità di accesso al parco eolico;
- la dismissione totale degli impianti a fine ciclo di vita;
- l’esclusione delle aree a particolare pregio e tutela.
Il video è è patrocinato dall’Università degli Studi di Sassari e pone l’accento sulle potenzialità per questo tipo di energia della Sardegna – la regione più ventosa d’Italia – nella quale, però, lo sviluppo di una politica energetica basata sull’eolico è stata frenata da burocrazia, dalle resistenze dei cittadini alle modifiche del paesaggio e da interessi illeciti verso questo business.
La natura funziona ad energia cinetica e pertanto Bioimita non può che essere favorevole alla realizzazione di un buon eolico.
Verso l’eolico from Nicola Vargiu on Vimeo.