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Compensare i costi ambientali delle vacanze

Fare il turista e viaggiare per piacere (e non per le più disparate e tristi necessità migratorie) è una delle più importanti conquiste raggiunte attraverso il benessere economico.

Viaggiare per il piacere di conoscere altri luoghi, altri popoli, altri cibi, altre lingue, altre abitudini dalle proprie è un’importante scuola di vita. Senza la quale, personalmente, non potrei vivere.

Quando poi si inizia ad assaporare il piacere del viaggio e della scoperta si è portati, nel tempo, a cercare sempre nuove mete che, inevitabilmente, possono portare anche molto lontano.

Ovviamente il viaggio che ho in mente è il più possibile sostenibile dal punto di vista ambientale e sociale, senza inutili pretese, lussi ed eccessi. Viaggiare però, soprattutto con gli aerei e con i mezzi a motore, comporta inevitabilmente la combustione di grandi quantità di carburante e l’immissione in atmosfera di CO2 nonché un minimo impatto ambientale che il vero viaggiatore – colui che dal viaggio desidera trarre un insegnamento di vita – deve in qualche modo cercare di evitare.

Nella mia esperienza, che vorrei condividere, ho deciso che ogni viaggio di piacere incorpora un costo occulto di poche decine di euro (l’entità dipende dal tipo di viaggio) che verso ad una associazione ambientalista o ad un ente serio che si occupa di compensare la CO2 attraverso la creazione di parchi e foreste in giro per il mondo (1).

Non si tratta di lavarmi semplicemente la coscienza ma di valutare con razionalità che il soddisfacimento di un mio piacere non può compromettere la qualità della vita di altre persone che, come me, vivono su questa grande palla verde-blu.

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(1) I miei versamenti li ho fatti (e li farò) a: Greenpeace; WWF; Survival

 

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