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Siamo sicuri che ci proteggano del tutto?
Con questa affermazione mi riferisco ai numerosi carabinieri, poliziotti, vigili e soldati che quotidianamente effettuano servizio di protezione dei cittadini, soprattutto nel centro storico e nei principali luoghi di aggregazione delle nostre città. L’obiettivo è quello di tutelare la nostra sicurezza contro la malavita in generale e, dopo i terribili eventi di Parigi dello scorso mese di novembre e di Bruxelles dello scorso mese di marzo, contro eventuali atti terroristici
Ma siamo sicuri che ci proteggano del tutto?
Sinceramente non ho conoscenze approfondite in materia per capire se effettuino correttamente i loro interventi di dissuasione delle azioni malavitose e terroristiche. La mia percezione però non è troppo rassicurante. In effetti nulla o poco succede in una città di provincia come la mia, e ciò potrebbe essere dovuto anche al caso.
Quello che però posso osservare da utente pedone e ciclista del centro storico della mia città, Verona, è il fatto che tutte queste forze dell’ordine presenti lo appestano con i gas di scarico delle loro auto, normalmente SUV, dei loro mezzi anfibi e dei loro camion militari che tengono costantemente accesi anche se sono parcheggiati e non effettuano alcuna attività di pattugliamento. In più con i loro mezzi frequentano – a volte solo per andare a bere un caffè – anche le aree pedonali, unici piccoli spazi dove i motori a scoppio sono banditi e dove da essi i cittadini trovano un po’ di pace (1).
Visto e considerato che oramai da tutte le parti ci dicono che lo smog fa male alla salute e che è necessario operare, nell’agire umano, verso una maggiore sostenibilità ambientale, mi chiedo se non sia anche il caso di intervenire anche in questo ambito, chiedendosi cosa si può migliorare pur garantendo il medesimo servizio e la stessa efficacia di intervento.
Ragionando nell’ottica della bioimitazione, ribadendo la mia estraneità a tattiche militari o a servizi di polizia, provo ad elencare alcuni semplici interventi che potrebbero rendere più sostenibile il servizio di ordine pubblico e di pattugliamento del territorio.
Innanzitutto è necessario che vengano eliminate tutte quelle auto SUV impiegate. Esse potrebbero essere utili se gli interventi fossero effettuati in alta montagna o dove la strada è sterrata ma nei centri storici, anzi, possono essere più ingombranti o meno efficienti. Meglio sarebbe utilizzare auto ibride od elettriche (2) che oramai forniscono una buona autonomia di esercizio e si potrebbero muovere più agevolmente dove le strade sono strette e affollate di gente. In più sarebbero silenziose e, se devi pedinare qualcuno, forse è meglio non farsi sentire e vedere. Per alcuni servizi di pattugliamento poi sarebbe più agevole utilizzare agenti in bicicletta che possono più facilmente effettuare inseguimenti e vigilare più a fondo il territorio.
In secondo luogo, nell’ottica dell’efficienza energetica e dei sistemi di abbattimento dei gas di scarico dei mezzi, mi chiedo se sia proprio necessario tenerli sempre accesi anche quando sono fermi. Se, come è giusto che sia, gli operatori devono avere un minimo di comfort termico (caldo in inferno e fresco in estate), è anche vero che tali obiettivi possono essere realizzati in modo diverso sui mezzi, magari con piccole modifiche tecniche senza per forza far funzionare a vuoto il motore a combustione interna che produce calore solo come effetto collaterale, non voluto.
Infine, a conclusione, mi chiedo se non sia meglio realizzare delle stazioni mobili motorizzate nei luoghi strategici e sensibili da cui gli operatori dell’ordine pubblico si possano spostare a piedi, in bicicletta o con mezzi (auto o moto) elettriche per effettuare i pattugliamenti sul territorio.
Mi sembra che l’attuale attività – anche se le finalità sono positive – sia gestita invece con un atteggiamento di misto pressapochismo ambientale e di piccola arroganza nei confronti dei diritti dei cittadini e credo proprio che si possa e si debba fare qualcosa in più per cambiare.
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(1) Naturalmente l’inquinamento urbano non è dovuto solamente ai gas di scarico degli automezzi che circolano in strada ma rilevante è anche quello che rimane sospeso in aria e che deriva da più fonti. Ciò che però fanno i mezzi inquinanti è riversare i fumi di combustione prima in aree – le strade, le piazze – dove i pedoni li possono facilmente respirare e poi contribuire ad incrementare quello di fondo che rimane sospeso in atmosfera.
(2) Qualche giorno fa ho visto finalmente fare pattugliamenti nel centro storico di Verona ad un’auto totalmente elettrica. Forse era solo un miraggio ma dopo anni, era ora. Bene!
Giornate ecologiche. Ma per piacere!
Il fallimento delle giornate ecologiche che, soprattutto durante il periodo invernale, periodicamente vengono messe in campo un po’ a casaccio per contrastare il fenomeno tristemente reale dello smog nelle nostre città dimostra due importanti aspetti:
- il fenomeno dell’inquinamento non si può contrastare solamente attraverso comportamenti virtuosi collettivi messi in pratica dai cittadini;
- i principi della bioimitazione sono corretti e vanno assolutamente perseguiti per la ricerca delle soluzioni.
Ma andiamo con ordine e cerchiamo di approfondire i punti di cui sopra.
Contrastare l’inquinamento dell’aria, che interessa in particolare alcune aree geografiche (ad es. la Pianura Padana) e comunque, chi più chi meno, tutti i centri abitati, è un dovere assoluto perché – secondo studi recenti pubblicati da parte dell’Agenzia Europea dell’Ambiente – determina poco meno di 500 mila morti premature all’anno in Europa e circa 85 mila solo in Italia. A tale riguardo ciò che la politica sa mettere in campo per contrastare tale fenomeno è solo cercare di educare i cittadini ad avere singolarmente dei comportamenti virtuosi – cosa assolutamente inefficace di cui ho già parlato in un altro articolo – attraverso l’istituzione delle cosiddette giornate ecologiche, cioè giornate in cui i centri urbani sono interdetti alla circolazione delle auto, oppure di altre azioni palliative come la giornata delle biciclette o la circolazione a targhe alterne. Ma la politica non deve fare educazione, a questo ci pensa già la letteratura, l’arte, la radio, la televisione. La politica deve trovare soluzioni concrete e queste risiedono solamente nei finanziamenti a sistemi di produzione di utilizzo di energie più sostenibili (tutte le energie, non solo quelle dedicate al trasporto), al contrasto mediante le leggi a sistemi di trasporto inquinanti, al potenziamento dei servizi di trasporto pubblico e di mezzi alternativi di mobilità (es. biciclette).
Che non si voglia essere incisivi è talmente palese se si pensa al fatto che tali misure vengono messe in campo solo di domenica (per non “disturbare” il sistema economico, si intende) e a macchia di leopardo, senza una regia comune. Ecco che allora può capitare che una città abbia il blocco del traffico e quella a qualche chilometro di distanza abbia organizzato il mercatino dell’antiquariato o i carri allegorici del carnevale. Così i piccoli benefici della prima vengono vanificati dalle scelte di senso contrario della seconda.
E, in effetti, queste misure sono talmente inefficaci e disgustose per i cittadini che, durante la loro applicazione, si rilevano addirittura picchi di traffico veicolare con intasamento delle arterie cittadine periferiche e riempimento totale dei parcheggi a pagamento.
Per quanto riguarda le soluzioni a tale fenomeno dell’inquinamento dell’aria da smog, determinato per un terzo circa dai sistemi di trasporto, per un terzo circa dal sistema di produzione industriale e per un terzo circa dal sistema domestico, sono fermamente convinto – e i dati mi danno ampiamente ragione – che i principi della bioimitazione vengano in soccorso per adottare quelle misure necessarie sia nel breve periodo ma, soprattutto, nel lungo periodo, dove gli effetti dello smog sulla salute si fanno maggiormente sentire. Da un lato la bioimitazione osserva che in natura l’energia non viene prodotta attraverso la combustione ma è di derivazione solare e cinetica. Pertanto è necessario che si riproponga urgentemente tale pratica anche nei sistemi umani impedendo al più presto, per quanto già possibile, l’uso del carbone, del petrolio e di altri gas e favorendo metodi rinnovabili ed ecologici di produzione. Inoltre la bioimitazione, attraverso i suoi principi, ci dice che la natura usa solamente l’energia di cui ha bisogno. Pertanto sono troppi gli sprechi e le inefficienze sui quali si deve intervenire a livello tecnico per evitare che venga prodotta – male – l’energia che poi contribuisce all’inquinamento. Infine sempre la bioimitazione ci dice che la natura si fonda su una serie di reciproche collaborazioni.
In buona sostanza se vogliamo limitare l’inquinamento derivante dai trasporti è necessario che si inizi a pensare di dissuadere il trasporto privato (di solito rappresentato da una grande massa, quella del veicolo, che serve per muovere una sola persona) e di passare all’intermodalità, fatta di mezzi privati, di sistemi di trasporto pubblico, di veicoli a pedali e di pedoni. Per fare questo bisogna cominciare seriamente ad investire per (ri)orientare ed obbligare le scelte di trasporto verso queste direzioni.
Solo così si potrà contrastare seriamente il problema dell’inquinamento atmosferico ed evitare che la risposta alla giornata ecologica sia: “Ma per piacere!”.
Ecobnb | Turismo sostenibile
Ecobnb è un portale web dedicato al turismo sostenibile in Europa. Esso si propone di cambiare il modo di viaggiare delle persone e di mettere in rete le possibilità di turismo rispettoso dell’ambiente, dell’economa e delle comunità locali. In Ecobnb si possono trovare diverse sistemazioni ecofriendly, dalle case sugli alberi all’hotel tradizionale, dall’albergo diffuso nei vecchi borghi all’igloo in alta montagna, dall’agriturismo al rifugio.
Per poter aderire a Ecobnb è necessario possedere una struttura ricettiva e che quest’ultima possieda almeno 5 tra i seguenti 10 criteri ambientali riconosciuti a livello internazionale da numerosi marchi che si occupano di ecoturismo.
- Cibo biologico – La struttura ricettiva nella composizione dei menu deve utilizzare prevalentemente cibo proveniente da agricoltura biologica certificata. Non devono essere utilizzati prodotti OGM.
- Bioarchitettura – L’edificio della struttura ricettiva deve avere un elevato livello di efficienza energetica (il consumo annuo di energia è inferiore a 60 Kwh/mq) e deve inserirsi armonicamente nel paesaggio. Al fine di ridurre l’impatto ambientale della costruzione la struttura ricettiva deve utilizzare materiali provenienti da fonti locali. La prima regola è che l’edificio più verde è l’edificio che non viene costruito. Poiché costruzione degrada quasi sempre un cantiere, non costruire affatto è preferibile alla bioedilizia, in termini di riduzione dell’impatto ambientale. La seconda regola è che ogni edificio deve essere il più piccolo possibile, per ridurre il consumo di risorse naturali. La terza regola è di non contribuire al consumo di suolo e di utilizzare la maggior parte dei metodi per ridurre l’impatto ambientale e i consumi degli edifici turistici.
- Elettricità al 100% da fonti rinnovabili – L’elettricità utilizzata dalla struttura ricettiva deve deriva al 100% da fonti rinnovabili. La struttura ricettiva può produrre l’energia pulita in loco o acquistarla da fornitori di energia pulita (derivante al 100% da fonti rinnovabili).
- Pannelli solari per l’acqua calda – La struttura ricettiva deve produrre acqua calda utilizzando energia pulita tramite i pannelli solari. Tale acqua calda preferibilmente dovrebbe essere utilizzata anche per il riscaldamento domestico e della piscina.
- Prodotti per la pulizia ecologici – I detergenti utilizzati dalla struttura ricettiva per la pulizia degli ambienti, della biancheria e delle stoviglie devono essere a base di prodotti naturali. I detersivi devono essere altamente biodegradabili ed ecocompatibili. I saponi e i deodoranti a disposizione degli ospiti devono essere naturali e biologici. La struttura ricettiva non deve fare uso di prodotti chimici di sintesi per la pulizia.
- Raccolta differenziata oltre l’80% – I rifiuti devono essere separati, riciclati e smaltiti in modo adeguato superando l’80% di differenziazione. Devono essere messi a disposizione degli ospiti appositi contenitori per la raccolta differenziata di carta, vetro, plastica e lattine. Deve essere effettuato, dove possibile, il compostaggio dei rifiuti organici. Devono essere fornite informazioni agli ospiti sulla raccolta differenziata invitandoli a contribuire.
- Accessibile senz’auto – E’ possibile raggiungere la struttura ricettiva con i mezzi pubblici o grazie ad un servizio navetta per gli ospiti che arrivano nella località con i mezzi pubblici. La struttura ricettiva deve offrire informazioni sui servizi di trasporto pubblico disponibili sul territorio e deve incentivare di mezzi di trasporto ecologici (auto elettriche, biciclette, car pooling).
- Lampadine a basso consumo – La struttura ricettiva deve ridurre il consumo di energia elettrica utilizzando lampade a risparmio energetico. Almeno l’80% di tutte le lampadine installate nella struttura ricettiva deve avere un’efficienza energetica almeno di classe A. La struttura ricettiva deve anche promuovere un’azione di sensibilizzazione degli ospiti al risparmio energetico.
- Riduttori di flusso per l’acqua – La struttura ricettiva deve ridurre i consumi di acqua utilizzando appositi riduttori di flusso del getto d’acqua. La struttura ricettiva deve promuove inoltre un’azione di sensibilizzazione degli ospiti al risparmio idrico.
- Gestione sostenibie dell’acqua – La struttura ricettiva deve raccogliere e riutilizzare le acque piovane per usi secondari (sciacquoni dei bagni, irrigazione di orti o giardini, ecc).
Ecobnb mette anche in evidenza altri requisiti ambientali secondari come: servizio di noleggio biciclette, cibo a km 0, biodiversità delle aree verdi, eliminazione delle porzioni monodose e imballaggi usa e getta, prodotti del commercio equo e solidale, sostegno dell’economia locale, controllo automatico delle luci, utilizzo di carta riciclata, marchi ambientali e certificazioni energetiche, ecc.
Per ogni struttura ricettiva viene mostrato il grado di sostenibilità in relazione a quanti dei punti precedenti sono soddisfatti.
Anche la gestione di Ecobnb è sostenibile dal momento che i server che utilizza sono alimentati al 100% da fonti di energia rinnovabile.
Bike the Nobel
L’idea di candidare la bicicletta al Nobel per la Pace (1) mi sembra un geniale progetto di comunicazione che poggia su una rilevante base scientifica. È venuta ai conduttori di Caterpillar, la storica trasmissione radiofonica di Radio2 (RAI) che va in onda il tardo pomeriggio e che ascolto con regolarità quando mi muovo in auto.
La motivazione di tale candidatura – chiamata “Bike the Nobel” – è dovuta ai seguenti aspetti, di base corretti e condivisibili:
- La bicicletta è il mezzo di spostamento più democratico a disposizione dell’umanità perché permette a tutti di muoversi, poveri e ricchi, più o meno alle stesse condizioni. Per questo riduce le differenze sociali.
- La bicicletta non causa guerre perché riduce il bisogno di petrolio ed i conflitti si fanno spesso per il petrolio.
- La bicicletta cambia il modello di sviluppo perché ogni chilometro pedalato genera un beneficio di 16 centesimi di euro per la società, mentre ogni chilometro percorso in auto provoca un danno di 10 centesimi. (Copenhagen Bicycle Account).
- La bicicletta causa ed è oggetto di meno incidenti stradali mortali rispetto a quelli che avvengono a causa del traffico motorizzato.
- La bicicletta non inquina perché è alimentata dalla forza muscolare umana e aiuta a rimanere in salute perché riduce per le persone il rischio di malattie e fa risparmiare ai sistemi sanitari i costi delle cure.
- La bicicletta è stata uno strumento dei movimenti di liberazione e resistenza di molti paesi.
- La bicicletta è un strumento di crescita per l’infanzia perché rende i bambini autonomi e indipendenti.
- La bicicletta elimina le distanze fra i popoli perché i cicloviaggiatori sono accolti ovunque con favore: la bici è un mezzo che comunica rispetto e avvicina le persone e le culture.
- La bicicletta “È la chiave di movimento e lettura delle grandi città. Un contributo sociale. E non ha controindicazioni. Fa bene al corpo e all’umore. Chi va in bici, fischietta, pensa, progetta, canta, sorride. Chi va in macchina, s’incattivisce o s’intristisce. La bicicletta non mi ha mai deluso. La bicicletta è sorriso, e merita il Nobel per la pace”. (Alfredo Martini, Marco Pastonesi, La vita è una ruota, Ediciclo, 2014).
Sulla base di queste premesse i conduttori di Caterpillar hanno fatto sul serio e si sono attivati concretamente affinché la causa fosse sostenuta con sondaggi, testimonianze e una raccolta firme ufficiale. Per suggellare poi tale richiesta hanno inviato la ciclista Paola Gianotti in bicicletta da Milano ad Oslo (circa 2000 km) per portare simbolicamente le firme raccolte alla Commissione di candidatura dei Nobel, che le ha accettate.
Ora mi auguro che tale iniziativa non rimanga un mero esercizio di comunicazione e che finalmente alla bicicletta venga riconosciuto l’importante ruolo sociale ed ambientale che effettivamente ha. Oltre alla mobilitazione dei singoli cittadini (vi invito a firmare la candidatura), perché l’obiettivo simbolico del Nobel per la Pace sia raggiunto, è necessario che aderiscano anche tutti gli altri attori della società, in primis la politica.
Il raggiungimento del Nobel per la Pace sarebbe uno strumento importante per dare visibilità a livello planetario alla bicicletta quale mezzo di trasporto, quale mezzo di liberazione dei popoli e dei generi nonché quale strumento fondamentale per la sostenibilità ambientale.
Non vedo l’ora che arrivi l’autunno e che i Nobel vengano assegnati per vedere come andrà a finire…
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(1) Bike the Nobel è un progetto che fa parte della campagna storica di Caterpillar “M’illumino di meno”, dedicata al risparmio energetico e alla produzione di energie rinnovabili. Giunta oramai alla 12esima edizione (si svolgerà oggi 19 febbraio 2016) e diventata molto famosa con l’adesione di numerosissimi enti, personaggi pubblici e cittadini comuni, nel 2016 la campagna M’illumino di meno è stata dedicata anche alla mobilità sostenibile.
Le città senz’auto
L’esperimento comunicativo non è nuovo ma, per sensibilizzarci su quanto le auto per il trasporto privato ci rubino spazi, vivibilità e benessere urbano (per non parlare anche della salute), recentemente un gruppo di esperti dell’International Sustainable Solutions ha realizzato una serie di immagini che mostrano la 2nd Avenue di Seattle (USA) in 5 diverse versioni.
1) 200 persone a bordo di 177 auto
2) 200 persone senz’auto
3) 200 persone in bicicletta
4) 200 persone su tre bus
5) 200 persone su una carrozza ferroviaria
Sono abbastanza evidenti le differenze.
E le immagini, a pensarci bene, ci fanno capire quanto, sia il nostro spirito di sopportazione che la nostra stupidità, siano inclini ad accettare ingiuste condizioni di esistenza urbana che, con una buona progettualità ed una strategia nuova di mobilità, potrebbero essere enormemente migliorate.
1.800 – 189.000 = 750
È da due anni e mezzo che, stufo di pensare che ci debbano pensare sempre gli “altri”, ho deciso di dare una svolta radicale al mio modo di muovermi in città acquistando e usando con regolarità una bici pieghevole. La tengo sempre nel baule dell’auto e la uso, io che abito fuori città, ogniqualvolta mi debba recare nel centro storico di Verona dove si trova la sede del mio lavoro, in cui vado al massimo un paio di volte la settimana.
Qualche pomeriggio fa, mentre pedalavo per percorrere la strada che mi riportava all’auto parcheggiata in periferia, pensavo a quanti chilometri potevo aver percorso con quella bicicletta, a quale fosse l’ipotetico risparmio di inquinamento per il Pianeta (cioè per tutti) e a quale fosse stato il risparmio economico per le mie tasche quale conseguenza della mia scelta.
Quello che ne è uscito dal ragionamento – sarà statala fatica o l’inquinamento che respiravo, mah! – è la formula senza (apparente) senso che riporto nel titolo: 1.800 – 189.000 = 750. Circa 60 km al mese per trenta mesi di utilizzo fa 1.800 km totali percorsi. Tenuto conto di una emissione media bassa di CO2 da parte di un’auto (105 g/km), la mia scelta in questi anni ha risparmiato 189.000 grammi di CO2 (189 kg) in atmosfera, per non parlare di altri possibili inquinanti prodotti dal mio motore a benzina. Ho anche fatto qualche calcolo sul risparmio economico che la mia scelta ha comportato e, tenuto conto che spendevo circa 15 €/mese per i biglietti dell’autobus e circa 10 €/mese per il maggior consumo di carburante, il mio risparmio in questi 30 mesi è stato di circa 750 €. Tenuto conto che la bici, tra acquisto e piccole manutenzioni, mi è costata 550 €, il risparmio netto è già ora di 200 € e continuerà ad aumentare. Si tratta di soldi che posso utilizzare, ad esempio, per comperare prodotti di qualità per la mia famiglia (biologici per gli alimentari o ecologici per gli altri beni), investire in cultura oppure in viaggi.
In buona sostanza, senza fare troppi sforzi – se non quello di pedalare, ma mi fa bene alla salute – sto partecipando attivamente al mio benessere e a quello delle generazioni future, sto sostenendo un sistema economico – quello che ruota attorno al mondo della bicicletta – più sano e sostenibile di altri, sono coerente con le idee che ho della vita e della società praticandole in prima persona.
Ognuno di noi, senza aspettare che ci pensi la politica, la religione, la scuola, la medicina, il datore di lavoro o altri, può essere direttamente l’artefice del cambiamento che vuol vedere nel mondo.
Cosa aspettate allora a cogliere questa magnifica occasione?!
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Foto: Wikipedia
Vintage Maino. Il lavoro è ultimato
Finalmente quell’ammasso di ferro e ruggine che era la mia vecchia bici Maino ha preso colore e forma e… devo dire che è proprio bella! Ma non solo: è anche veramente piacevole da usare. Quello che mi ha stupito la prima volta che l’ho provata è la strana postura che su di essa si assume: l’impugnatura del manubrio è molto indietro verso le ginocchia, il corpo è molto in alto, le braccia sono leggermente piegate e il risultato finale è un’ottima ergonomia con una schiena diritta che non duole nemmeno dopo aver fatto un lungo percorso.
Adesso capisco come i miei nonni, da giovani, potessero fare anche 30/40 km in bicicletta su strade non asfaltate solo per raggiungere il posto di lavoro dove, di solito, svolgevano mansioni molto dure di contadino o di operaio. Su questo mezzo ci si sta proprio bene e poche bici contemporanee – alla sola ricerca della velocità attraverso l’aerodinamica – sono in grado di eguagliarla. Eppure è pesante e non ha alcuna possibilità di cambiare i rapporti.
Sono proprio contento di aver investito un po’ di euro (il minuzioso restauro è stato lungo e faticoso con parecchie attività manuali di smontaggio, carteggio, cromatura, verniciatura e rimontaggio) e il risultato finale ne è valso proprio la pena. Della bici originaria sono state recuperate anche le più piccole viti e i più piccoli particolari e sono certo che, ora, abbia acquisito un valore per lo meno paritario al prezzo speso (1).
Quando vedo la professionalità con cui sapienti artigiani sono in grado di recuperare dei manufatti che altrimenti sarebbero solo materiale di rifiuto; quando vedo la riscoperta attraverso il recupero di vecchie metodologie costruttive e di vecchi materiali; quando vedo il riaffiorare dalla ruggine di design desueti e funzionali mi rendo conto che applicare la bioimitazione nelle attività umane rappresenta il vero progresso dell’uomo. Non l’industria fine solo al consumo e alla produzione di rifiuti ma la produzione di beni e servizi finalizzati ad essere al servizio delle necessità umane.
Il restauro della mia bicicletta Maino ha evidenziato principalmente due aspetti positivi: il riuso attraverso il restauro di vecchi oggetti evita inutile spreco di risorse e di energia; il riuso attraverso il restauro crea e distribuisce lavoro e ricchezza nonché consente l’acquisizione di saperi e di professionalità.
Vi assicuro (l’ho già sperimentato) che sarò molto riconoscibile quando mi vedrete sfrecciare per le strade…
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(1) Leonardo è veramente bravo a fare il suo mestiere di restauratore. Ci mette passione e competenza e riesce veramente ad entrare nel “cuore” delle biciclette che gli vengono portate (e che spesso sono dei mezzi catorci). Per chi lo volesse contattare ricordo che si trova a Verona, zona stadio. Il suo sito è www.ciclileonardo.com e il suo numero di telefono è 349.40 45 177. Non ve ne pentirete.
Vintage Maino
Più di dieci anni fa, mentre gironzolavo da un rigattiere, rimasi colpito da un ammasso di ferro arrugginito che faceva trasparire un originale design e una certa tecnologia costruttiva. Era una bicicletta che aveva trascorso probabilmente qualche decennio alle intemperie ma mi dava l’idea di essere stata, in un lontano passato, un mezzo di trasporto di una certa efficienza. In più mi sembrò avere tutti i pezzi originali: fanali, dinamo, pedali, parafanghi, sellino e carter.
La acquistai per qualche euro, la caricai a fatica nel baule dell’auto e la portai a casa.
Dopo aver trascorso qualche anno nei garage di genitori e zii finalmente, a seguito di lunga ricerca del restauratore che ne potesse capire il valore e che avesse le competenze per restituirle la bellezza originaria, l’ho portata da Leonardo (1). A colpo d’occhio l’ha subito valutata essere una Maino degli anni ’30/’40: in realtà dopo lo smontaggio è risultata essere del 1929.
Il preventivo per il restauro della bicicletta non è tra i più economici (non lo avrei mai preteso visto il lavoro che c’è da fare per far riemergere il metallo dalle croste di ruggine e per ripristinare le cromature originarie) ma sono fermamente convinto che la riparazione di un oggetto che è ancora utilizzabile possa svolgere una duplice funzione:
- sia molto più sostenibile dal punto di vista ambientale dell’acquisto di un prodotto nuovo (meno energia, meno materie);
- fornisca più conoscenza diffusa (per la riparazione e la manutenzione) e sia in grado di costruire un’economia locale fatta di professioni e saperi.
Il lavoro di smontaggio e di restauro è da poco iniziato. Aguzzate la vista perché tra un po’ la vedrete sfrecciare per le strade!
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(1) Mi dicono che Leonardo sia molto bravo a restaurare vecchie biciclette e a donare loro le bellezze passate, pur rendendole utilizzabili. Vi saprò dire a lavoro ultimato.Per chi lo volesse comunque contattare si trova a Verona, zona stadio. Il suo sito è www.ciclileonardo.com e il suo numero di telefono è 349.40 45 177
L’esperienza di un pendolare folgorato dalla bici pieghevole
Sul numero 140 di “Ruotalibera”, la rivista della FIAB di Verona, è stato recentemente pubblicato un mio articolo sull’uso della bicicletta pieghevole. Eccolo…
“Stanco dei soliti discorsi un po’ “italiani” che vedono le responsabilità e i comportamenti sbagliati sempre negli “altri” e che identificano le soluzioni ai diversi problemi che dovrebbero applicare sempre e solo gli “altri”, un paio di anni fa mi sono chiesto come, concretamente, con comportamenti pratici, avrei potuto limitare l’inquinamento che determinavo attraverso gli spostamenti con la mia auto privata. Capivo che c’era qualcosa che potevo migliorare e ci ho provato!
Per la cronaca vivo a circa 20 km da Verona ma ho la sede del mio lavoro in centro. Se è vero che, per ragioni di lavoro, mi ci reco al massimo solo un paio di giorni alla settimana, è altrettanto vero che per arrivarci o devo parcheggiare lontano e prendere un autobus oppure devo affrontare code e traffico per arrivare ad un parcheggio a pagamento con la preoccupazione, talvolta, di essere a rischio infrazione e di essere punito con una sanzione.
Ho deciso, pertanto, dopo essere rimasto folgorato da una bici pieghevole (folding bike) vista in una vetrina e dopo aver fatto una breve ricerca su internet relativamente a tale mezzo, di affrontare la spesa di circa 500 € e di acquistarne una. Il calcolo che ho fatto è stato sia quello di poter risparmiare dei soldi per il biglietto dell’autobus e dei parcheggi sia quello di poter fare anche un po’ di moto e, perché no, di vedere la mia città con occhi diversi: quelli di un ciclista che è all’aria aperta e che può meglio assaporare monumenti e spazi urbani. L’unico dubbio che mi rimaneva era solo quello di essere esposto all’inquinamento da gas di scarico che anch’io, prima di usare la bici, contribuivo a determinare in modo più rilevante.
Devo dire che dopo due anni il bilancio è assolutamente positivo. Dal punto di vista economico ho praticamente ammortizzato del tutto il costo del mezzo (che, tra l’altro, non ho mai dovuto portare dal meccanico) per minori spese di autobus o parcheggi; dal punto di vista del benessere fisico fare attività fisica aerobica mi fa sentire meglio e, tra l’altro, sono più allenato anche per fare altri sport; dal punto di vista del piacere ho iniziato a notare angoli che non avevo mai notato prima e ho iniziato ad essere veramente libero di muovermi per la pausa pranzo o per commissioni varie; dal punto di vista dell’inquinamento ho letto e ho sperimentato di persona che, in effetti, non è poi così elevato ma che, anzi, è maggiore nell’abitacolo di un’auto. L’unico difetto è rappresentato dal fatto che la città che frequento ama poco i ciclisti e rende loro la vita un po’ difficile – e rischiosa – nei trasferimenti quotidiani. Manca una vera rete di piste ciclabili; mancano regole certe di frequentazione degli spazi urbani e tra i ciclisti (ma anche tra i pedoni) vige una buona dose di anarchia; manca un corpo di polizia specializzato nell’educazione e nella repressione degli illeciti; manca una generale cultura alla sicurezza da parte dei ciclisti che non indossano caschi, non sono sufficientemente illuminati nelle ore serali e utilizzano dei mezzi senza freni e non del tutto efficienti.
Comunque alla bici pieghevole ci ho preso veramente gusto e, piano piano, l’ho iniziata ad usare sia in estate che in inverno, con la pioggerella e con il sole. Inoltre la faccio vedere agli altri con orgoglio e, dopo averne regalata una anche a mia moglie che la sta molto apprezzando, attualmente la tengo sempre nel baule della mia auto e ne vado veramente fiero quando qualcuno, che me la vede montare o smontare nei parcheggi o ai bordi delle strade, mi osserva con curiosità e attenzione. Vorrei dirgli “Fallo anche tu”: è una cosa semplice e veramente rivoluzionaria che, oltre a diminuire l’inquinamento (che rappresenta l’aspetto più importante), porta con sé anche altre interessanti rivoluzioni come quella del sistema infrastrutturale urbano e quella culturale dei cittadini”.
3 Feet Please
Noi in Italia, dopo un ridicolo “balletto” parlamentare durato un paio di anni non riusciamo a rendere operativo il controsenso per le biciclette mentre in California, dal 16 settembre scorso, è stata approvata una nuova legge che stabilisce la distanza minima che deve essere tenuta dagli automobilisti quando superano le biciclette. Il “Three Feet for Safety Act” – così si chiama la norma – richiede agli automobilisti di lasciare almeno 3 piedi (circa 91 cm) di spazio vuoto quando superano ciclisti che viaggiano nella stessa direzione di marcia. L’obiettivo, pena una sanzione amministrativa che va dai 35 ai 220 dollari, è quello di avere una distanza di sicurezza che impedisca di urtare da dietro il ciclista con lo specchietto retrovisore oppure di metterne in pericolo la sicurezza e la stabilità con lo spostamento dell’aria.
La norma prende spunto dall’idea di un certo Joe Mizereck, promotore della campagna “3 Feet Please”, con la quale qualche anno fa, prendendo spunto dai dati statistici, ha stimolato un dibattito pubblico sull’importanza della sicurezza stradale per i ciclisti e, in particolare, per quando vengono superati dalle auto.
L’obiettivo che ha spinto il legislatore californiano ad analizzare il problema, a verificarne l’applicabilità e ad approvare la corrispondente norma di legge in tempi rapidi, non è solo quello di proteggere i ciclisti adulti ma anche – e soprattutto – quello di proteggere l’incolumità e le vite dei bambini quando vanno a scuola o si spostano per le strade delle città.
Accertata l’effettiva produttività del legislatore californiano (chapeau!) e il suo interesse spassionato per il benessere dei sui cittadini, provate adesso ad immaginare la stessa cosa da noi. Provate ad immaginare che un pinco pallino qualsiasi decida di creare un movimento di opinione su un tema interessante di pubblica utilità. Magari proprio relativo al mondo della sicurezza nella circolazione stradale delle biciclette. Se, per puro caso o per errore dovesse essere diffuso dai media, al di là dell’indifferenza che fa più male dell’ignoranza, ve li immaginate tutti i noiosi discorsi corporativi e di parte di chi cerca di vedere il torbido nella proposta? Di chi interpreta a suo uso e consumo le statistiche? Di chi invoca problemi di viabilità? Problemi di struttura urbana? Problemi per la libertà degli automobilisti? Certo, questi discorsi ci saranno stati anche in California ma poi il legislatore, dati alla mano, elimina il rumore di fondo e decide.
Se vi sta a cuore la questione si fa prima ad andare dall’Italia in California in bicicletta che vedere approvata una tale legge, se mai ciò avverrà.
Controsenso per le biciclette
Nel 2012 la FIAB aveva proposto al Ministero dei Trasporti che si consentisse alle biciclette di procedere in “controsenso” nelle strade a senso unico (1) e, tale richiesta, era stata approvata. Ottimo. Perché finalmente ci si rendeva conto e si dava atto che il trasporto e la mobilità in bicicletta non era un giochino per soli appassionati delle due ruote o per bambini che non possono avere altri mezzi a motore, ma si trattava di una cosa seria che, soprattutto per essere sicura (2), doveva essere gestita anche a livello normativo attraverso una modifica seria del Codice della Strada. In più non si faceva nulla di così rivoluzionario perché bastava girare un po’ per le città nel resto d’Europa, soprattutto quella del nord, per vedere che tale pratica del controsenso per le biciclette viene applicata già da tempo (3).
Finalmente, dopo due anni di discussioni in Commissione Trasporti della Camera dei Deputati, la cosa sembrava fatta e ci si apprestava a stappare le bottiglie di champagne oramai impolverate quando, udite udite, su proposta di Scelta Civica (un partito politico che è ancora in Parlamento ma che ha un consenso assolutamente risibile), è stato approvato un emendamento che, di fatto, cancella il controsenso ciclabile.
Il relatore dell’emendamento a favore dell’introduzione del controsenso per le biciclette e portavoce delle istanza della FIAB era stato Paolo Gandolfi (PD) che aveva raccolto in via informale i consensi degli altri membri della commissione circa la votazione. Erano d’accordo tutti ma, poi, lo scorso 4 agosto qualche cosa è andato storto e, sembra a causa di presunte osservazioni da parte dei rappresentanti delle Polizie Municipali e della Polizia Stradale che hanno addotto ragioni di maggiore pericolosità delle strade dove le biciclette procedono in controsenso, quasi tutti i partiti hanno fatto marcia indietro… et voila. Siamo ancora al punto di partenza!
In realtà, da studi condotti a livello europeo, si può osservare che i tassi di incidenti sono molto elevati nelle strade con traffico tradizionale, mentre sono esigui in quelle in cui vige il controsenso per le biciclette. Il motivo di ciò è molto semplice e intuitivo: sulla strada ci sono più utenti, tutti lo sanno in maniera chiara attraverso i cartelli e, di conseguenza, tutti stanno molto più attenti e moderano la velocità.
A me personalmente sembra che più che per motivi di sicurezza la mancata approvazione dell’emendamento sia piuttosto frutto di due ragioni: la lobby molto articolata delle moto/auto che non vuole perdere il predominio sulle strade, anche urbane; l’ignoranza di fondo e la mancata analisi scientifica della politica che si informa poco e che vota più secondo quanto orienta il partito (vedi punto precedente relativo alle lobby) che sulla base della coscienza personale.
Vista la lentezza e l’incapacità di gestire una cosa così semplice come il controsenso per le biciclette, mi vengono i brividi a pensare che questi stessi amministratori pubblici dovrebbero anche decidere su temi ben più importanti e significativi per il nostro benessere futuro come le grandi opere infrastrutturali, l’energia, il cambiamento climatico, il consumo del territorio, l’alimentazione.
Per non pensarci troppo è meglio che vada a farmi un bel giro in bicicletta…
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(1) È ammessa la circolazione in bicicletta nei due sensi di marcia nelle strade a senso unico, su strade larghe almeno 4,25 metri, in zone con limite di 30 km/h, nelle zone a traffico limitato e in assenza di traffico pesante. In sostanza si da’ ai ciclisti la possibilità di procedere nel senso inverso a quello delle auto in strade ben specifiche: aree con limiti di 30 km/h su vie a senso unico sufficientemente larghe e sempre a discrezione del sindaco, in funzione alle esigenze del traffico locale.
(2) Vedi fenomeno del salmoning
(3) Sul palo del segnale stradale di divieto di accesso delle strade ad un senso di marcia viene applicato un cartello integrativo con la scritta “eccetto bici” (vedi foto: Parigi).
Il giro del mondo in 180 giorni
L’8 marzo è stata la festa della donna e, negli stessi giorni, in Parlamento, si è consumata una votazione complessa e sofferta per le cosiddette “quote rosa” che ha visto la bocciatura degli emendamenti proposti a favore della parità di trattamento di genere. Il tutto, come al solito, infarcito da ipocrisia e opportunismo che hanno fatto passare in secondo piano il vero obiettivo della proposta. Significativa, a tale riguardo, è stata l’intervista del Presidente della Camera Laura Boldrini che chiede addirittura che si ponga un qualche freno alla libertà di espressione e si limiti la satira politica quando interessa le donne oppure l’atteggiamento trasversale di alcune deputate che, a mio avviso, più che difendere la dignità e la considerazione delle donne pensavano a difendere la loro ben pagata “poltrona”.
Io, personalmente, non credo alle mimose per l’8 marzo quale strumento di rispetto per le donne e penso, anzi, che il vero atto discriminatorio sia proprio quello stabilire la parità di genere per legge e quello di forzare artificiosamente il numero delle donne in Parlamento o nelle cariche istituzionali. La parità di genere, se si vuole veramente realizzare, si ottiene con asili nidi a basso costo e disponibili senza interminabili liste d’attesa, con servizi alle famiglie per la gestione dei figli e di genitori anziani, con l’educazione alla cultura della parità e con tutti quegli interventi sociali che siano in grado di non obbligare le donne a trascurare le loro aspirazioni e i loro desideri per spirito di sacrificio verso la famiglia. Con tutto ciò la donna sarà in grado di dimostrare da sola il proprio valore ed esprimere le proprie potenzialità.
Per dimostrare, al di là dei simboli, il mio rispetto e la mia idea di parità sociale tra uomo e donna dedico questo articolo a Paola Gianotti che, partita l’8 marzo, tenterà di fare il giro del mondo in bicicletta. Un viaggio di circa 30.000 km, che toccherà ben 22 paesi e che verrà percorso in poco meno di 6 mesi con l’obiettivo non solo di battere un record del Guiness dei primati ma anche di lanciare un messaggio di speranza per il futuro del nostro Pianeta (1).
Chi meglio di una donna (che è madre) può preoccuparsi per i propri figli e per il loro futuro?
Seguite in diretta il viaggio di Paola… www.keepbrave.com
[Nel video Fabrizio Zanotti canta “Dieci Dita” e presenta l’impresa di Paola Gianotti]
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(1) Sul sito internet keepbrave.com Paola Gianotti dichiara che “Vivere ogni giorno in un ambiente con aria inquinata si riversa inesorabilmente sulla nostra salute e su quella dei nostri figli. Voglio che gli esseri umani siano più consapevoli riguardo questo tema, direttamente collegato alla qualità delle nostre vite in questo mondo, per questo motivo, lungo il mio viaggio in bicicletta, valuterò la qualità dell’aria attraverso la frequenza dei licheni (bioindicazione lichenica) utilizzando il metodo e gli strumenti sviluppati dall’equipe diretta dal Prof. Ammann dell’Università di Berna (Svizzera) per il WWF Elvetico. Tale metodologia permette di predire i tassi di inquinamento da dette sostanze con una certezza pari al 98 %”. Leggi l’intera dichiarazione di Ecosostenibilità & Mail cycling.
Bicicletta: la Francia lancia un piano per incentivarne l’uso
In Francia è in preparazione un nuovo piano per la mobilità ciclistica che dovrebbe concretizzarsi per la fine dell’anno. L’obiettivo primario è e la promozione dell’uso della bicicletta come mezzo di trasporto attraverso l’erogazione di incentivi finanziari e, in secondo luogo, il miglioramento delle condizioni di mobilità per i ciclisti. Per ottenere tale risultato il Governo francese, riprendendo un piano del precedente governo non portato a compimento, ha istituito un Comitato, guidato da Dominique Lebrun, soprannominato “Mr. Velo” (trad. “Sig. Bici”), che avrà lo scopo di valutare le misure necessarie per rendere operativo il progetto. Il Comitato sarà composto da rappresentanti dell’industria, ciclisti e funzionari governativi e opererà per trovare una sintesi tra le diverse esigenze.
Lo strumento principale che verrà messo in campo sarà la creazione di incentivi per chi decide di recarsi al lavoro in bicicletta. La forma non è ancora stata decisa in maniera definitiva ma potrebbe riguardare i datori di lavoro coinvolgendoli nell’erogazione di un bonus economico ai propri dipendenti che decidano di usare la bicicletta per andare al lavoro. Questo sistema di incentivi esiste già in Belgio dove i lavoratori ricevono 21 cent./km di compensazione oppure in Germania dove vengono assegnati premi ai dipendenti che percorrono in bicicletta una certa quota di km all’anno.
Con riferimento, invece, al miglioramento delle condizioni di mobilità per i ciclisti, sono allo studio soluzioni di trasporto intermodale che facilitino l’uso dei treni con le biciclette, la realizzazione di parcheggi sicuri nelle città oppure progetti per migliorare la sicurezza dei ciclisti e la creazione di un codice della strada ad hoc.
Ovviamente l’iniziativa si propone il raggiungimento di importanti benefici economici, ambientali e sociali dal momento che promuove un modo di muoversi all’interno delle città che limita il traffico e l’inquinamento, che costa meno in termini di infrastrutture urbane e che costa meno in termini di persone curate per patologie respiratorie (e non) legate all’inquinamento.
Questo progetto francese si inserisce in un insieme di piani di mobilità innovativi che stanno per essere varati in tutta Europa. L’Italia non sembra (ancora?) particolarmente interessata all’argomento e non è una buona notizia per uno dei Paesi più inquinati e trafficati d’Europa!
Siamo stanchi di vedere che la politica (spesso attraverso un giornalismo complice) parli solo di sé stessa o di questioni marginali rispetto all’interesse collettivo. Vogliamo, invece, che sia un po’ più visionaria ed inizi a decidere su progetti concreti che trasformino questo Paese paralizzato (dalle corporazioni, dall’ignoranza, dalle speculazioni) adeguandolo ai tempi in cambiamento. Se non sapremo cogliere con lungimiranza le opportunità che si aprono all’orizzonte ci potranno essere tempi bui, molto bui!
Salmoning
“Salmoning” è quell’abitudine incivile e molto pericolosa che hanno i ciclisti di andare contromano nelle strade a senso unico e nelle piste ciclabili o pedonali. Contromano come i salmoni (ecco appunto il nome salmoning) che risalgono i fiumi opponendosi alla corrente.
Il nome è stato coniato nel mondo anglosassone (forse New York, mah!) dove, si sa, c’è un senso delle regole e del vivere civile più spiccati rispetto all’Italia e dove i ciclisti rispettosi, gli automobilisti o i pedoni vittime hanno iniziato ad indignarsi e a richiedere regole chiare e sanzioni esemplari. I salmoners, infatti, sono un pericolo per i pedoni, per altri ciclisti e per gli automobilisti – oltre che per loro stessi – in quanto possono rappresentare ostacoli inaspettati e improvvisi per tutti i gli abitanti delle città rispettosi delle regole.
Usare la bicicletta per i trasporti urbani ed extraurbani è un importante obiettivo che i pianificatori territoriali devono assolutamente proporsi sia per diminuire il consumo di energia, sia per diminuire l’inquinamento che per migliorare il benessere per i cittadini.
Se, però, tale traguardo non verrà raggiunto anche attraverso la definizione di regole certe (attraverso un’attenta pianificazione urbana) e l’applicazione di sanzioni esemplari nei confronti dei trasgressori, si tratterà, come al solito in Italia, di un far-west dove vince il più prepotente e il più arrogante. E dove qualche volta anche si piange!
Faccio allora un appello ai sindaci perché cerchino le risorse economiche e il personale competente in materia allo scopo di disegnare percorsi urbani specifici per gli spostamenti in bicicletta (che sono diversi da quelli in auto e a piedi). Devono essere stabiliti dei percorsi e delle regole precise di circolazione ma, eventualmente, devono anche essere previste delle deroghe, chiare e ben segnalate.
Faccio poi un appello alle forze dell’ordine e alle polizie locali affinché destinino agenti specializzati (magari anch’essi in bicicletta, non comodamente seduti su motorini maleodoranti o su SUV mastodontici) per reprimere e sanzionare comportamenti illeciti.
Solo così un ottimo sistema di trasporto sarà ritenuto sicuro dai cittadini e potrà essere facilmente apprezzato e usato da tutti, comprese le fasce più deboli rappresentate dai bambini e dagli anziani.
MAD Bike
L’obiettivo era quello di creare a Oslo, in Norvegia, un parcheggio per 200 biciclette in una strada molto stretta e scarsamente illuminata. Inoltre si desiderava fornire ai pedoni e ai ciclisti un interessante impatto visivo per invogliarli anche ad entrare nell’area commerciale posta al piano terra di uno dei palazzi della via.
La soluzione architettonica e urbana proposta dallo Studio MAD Arkitecter per realizzare il parcheggio è stata quella di creare delle installazioni stilizzate di biciclette in acciaio (le “MAD Bike”) che possano fornire contemporaneamente un parcheggio sicuro per le biciclette e un’installazione piacevole dal punto di vista estetico, data sia dalle originali strutture che dalle luci. Queste ultime, infatti, che forniscono anche l’illuminazione pubblica al parcheggio, ripropongono i fanalini (rossi dietro e bianchi davanti) delle vere biciclette, orientate in direzione del fiordo.
L’effetto finale dell’installazione è molto interessante perché, oltre a promuovere opere belle e originali da realizzare nelle città, agisce anche nell’ambito dell’urbanistica e della mobilità perché orienta i cittadini verso la percezione che il trasporto in bicicletta è efficace e alternativo a quello automobilistico (anche nella fredda Norvegia).
Se lo fanno loro perché non realizzarlo anche noi!?
The Copenhagenize Index
Nell’immaginario comune la città più ciclabile d’Europa (e, forse, anche del mondo) è Amsterdam. In effetti tale risultato viene confermato dalla Copenhagenize Design Co., un’organizzazione che si occupa di cultura del ciclismo, di pianificazione urbana, di traffico, di comunicazione nell’ambito del ciclismo urbano e della vivibilità delle città e che, a partire dal 2011, elabora una classifica delle città più vivibili del mondo per gli utenti a due ruote.
Nella classifica del 2013 (The Copenhagenize Index) il primo posto è occupato da Amsterdam (con votazione 83), seguita da Copenhagen (votazione 82) e Utrecht (votazione 77). I dati per elaborare tale graduatoria vengono forniti da 400 persone che vivono sparse per le diverse città del mondo e che aiutano a verificare la rispondenza dei 13 criteri utilizzati per la valutazione:
- Advocacy: quanto le organizzazioni della città si occupano di mobilità in bicicletta e quale influenza hanno sulla politica locale;
- Cultura della bicicletta: quanto la bicicletta viene percepita dai cittadini come mezzo di trasporto;
- Infrastrutture per le biciclette: quanto nella città sono presenti infrastrutture specifiche per il trasporto in bicicletta (piste ciclabili, rampe, ponti, spazi sui mezzi di trasporto);
- Tasso infrastrutturale per le biciclette: in quale percentuale sono presenti le infrastrutture per la bicicletta;
- Programma di bike-sharing: quanto è presente e utilizzato il programma di bike-sharing;
- Utilizzo di genere: quanto la bicicletta è usata dalle donne;
- Modal share per le biciclette: obiettivi di sostenibilità urbana orientati allo sviluppo della cultura della bicicletta;
- Incremento del modal share dal 2006: quanto è incrementata la sostenibilità urbana legata all’uso della bicicletta dal 2006;
- Percezione della sicurezza: qual è la percezione della sicurezza dei ciclisti legata all’uso volontario del casco;
- Politica: qual è l’atteggiamento della politica locale nei confronti della mobilità in bicicletta;
- Accettazione sociale: quanto gli autisti e la comunità in generale considera la mobilità in bicicletta;
- Pianificazione urbanistica: quanto l’amministrazione comunale investe nelle infrastrutture ciclistiche e quanto è consapevole delle migliori pratiche;
- Limitazione del traffico: quanto l’amministrazione comunale fa nell’ambito della limitazione della velocità delle auto e nella limitazione del traffico per aumentare la sicurezza di pedoni e ciclisti.
Sia nella classifica del 2011 che in quella del 2013 non compare nessuna città italiana! Sarà forse un messaggio per capire che si deve fare subito qualcosa in più e considerare la mobilità in bicicletta e le sue infrastrutture un importante valore socio-economico piuttosto che una parola che riempie solo la bocca in occasione delle campagne elettorali?
Basta solo prendere i 13 criteri ed iniziare ad investire…
Bicicletta pieghevole
Da qualche mese mi sono comperato una bicicletta pieghevole che tengo sempre nel bagagliaio dell’auto per gli spostamenti, soprattutto urbani.
Grande esempio di modernità o patetico ritorno al passato?
La bicicletta non inquina. La bicicletta occupa poco spazio. La bicicletta ci dà il dono della lentezza. La bicicletta ci fa ammirare i paesaggi. La bicicletta ci fa fare attività fisica. La bicicletta richiede meno manutenzioni e investimenti stradali. La bicicletta ci dà libertà di movimento.
L’auto, invece…
La biciclette viene chiusa (circa 20 sec)
La bicicletta chiusa ha le dimensioni di una piccola valigia (80 x 66 x 30 cm)
La bicicletta sta comodamente nel baule di una Renault Twingo
Bicicletta: Dahon