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Bioimita – Anno Quarto

Quest’anno appena trascorso – il 2016 – è stato molto particolare per me e per la mia vita e, pertanto, se a tutto sommo anche gli innumerevoli impegni di lavoro, devo constatare che per Bioimita sono riuscito a scrivere relativamente poco: solo 25 articoli per il “Blog” e 2 articoli per la sezione “Prodotti”. Purtroppo quasi nulla rispetto agli anni precedenti!

Nonostante tutto la passione e l’attenzione per le tematiche ecologiche comunque non mi sono passate e, da mero osservatore delle questioni che hanno interessato l’anno appena trascorso, posso dire che anche su questo fronte non ce la siamo passati bene. Dal punto di vista geopolitico le numerose guerre e i numerosi conflitti armati che si sono combattuti – in primis quelli terribili e atroci della Siria – hanno senza dubbio inciso dal punto di vista ambientale. Le armi e le guerre non vanno mai d’accordo con la sostenibilità ambientale. Inoltre a novembre, negli USA, è stato eletto presidente Donald Trump, un signore che da subito non ha manifestato grande attenzione per l’ecologia tanto da non menzionarla mai in campagna elettorale nonché voler nominare a capo dell’Agenzia di Protezione dell’Ambiente (EEA – Environmental Protection Agency) Scott Pruit, un signore molto vicino ai big del petrolio, negazionista dei cambiamenti climatici e così poco attento alla sostenibilità ambientale, tanto da essere stato uno dei più grandi oppositori delle già blande battaglie ecologiste di Barack Obama. Anche in Italia, su questo fronte, il recente insediamento del Governo di Paolo Gentiloni ha dimostrato tutte le sue lacune. È stato infatti rinominato Ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, di cui ho già parlato ampiamente in un altro articolo e sul quale non c’è nulla di più da dire tranne il fatto che, sull’argomento, non propone nessuna idea innovativa – di cui ce ne sarebbe un gran bisogno – limitandosi ad occuparsi svogliatamente dell’ordinaria amministrazione imposta dall’Europa. Ed è tutto dire sull’importanza e sulla priorità che questo argomento ha per “lorsignori”.

Se poi ci mettiamo i dati e le pubblicazioni sul riscaldamento climatico globale che vede ogni ultimo anno passato sempre il più caldo della storia umana recente; che vede centinaia di migliaia di morti ogni anno per smog in Europa; che vede animali selvatici e ambienti naturali sempre più al collasso; che vede forti pressioni delle industrie chimiche e biotech per interferire sui processi naturali e sui decisori politici; che vede sempre più perdita di biodiversità; che vede… la situazione in cui ci troviamo è proprio pessima!

Sulla base di tali presupposti, se avessi mai avuto dubbi sull’importanza di Bioimita e sul suo valore intellettuale e strategico, beh, sarebbero stati ora completamente smentiti dai fatti. Sarà mia cura pertanto, leccare le ferite di una vita complessa che ha tentato di interferire con i miei desideri, rimboccarmi le maniche e ripropormi di mettere in campo, per il 2017, tutti gli sforzi per continuare a divulgare idee di sostenibilità ambientale legate all’imitazione della natura quali unici strumenti per garantire continuità e prosperità alle generazioni future.

Se qualcuno vuole farsi avanti per aiutarmi nell’impresa è il benvenuto…

 

Perché rispettare l’ambiente non ci rende felici?

Il tema che desidero affrontare con questo articolo è molto complesso e spinoso perché, da qualunque parte lo si guardi, può presentare numerosi trabocchetti e può trascendere in considerazioni troppo personali, fortemente alterate dal proprio vissuto.

Cercando di essere il più aderente possibile ad una visione “scientifica” dell’argomento lo desidero affrontare lo stesso – esponendomi magari a critiche – in quanto ritengo sia essenziale per capire il perché non si riesca a fare un ulteriore passo in avanti verso una maggiore consapevolezza e verso comportamenti individuali e collettivi più virtuosi in tema di sostenibilità ambientale.

Il nocciolo della questione di Bioimita e della bioimitazione è un po’ tutto qui e allora non si può più far finta di nulla. Si tratta di capire se rispettare l’ambiente ci renda o meno felici.

La felicità è una condizione percettiva che deve innanzitutto essere distinta in due grandi gruppi: quella momentanea, che consiste nell’essere felici per un attimo, per un istante; quella duratura, che consiste nell’essere felici nel lungo periodo o per sempre, indipendentemente da quante felicità o infelicità momentanee si hanno.

Secondo autorevoli studiosi (1) che si sono cimentati a lungo sulla materia la felicità momentanea può essere raggiunta anche da stimoli molto semplici che attivano il cosiddetto “piacere emotivo” (es. mangiare un buon cioccolatino, assaporare un buon cibo, vedere un bel concerto, godere di uno splendido panorama, acquistare un oggetto, ecc.), mentre quella duratura – forse la potremmo definire “felicità autentica” – è slegata dai piaceri immediati ma è essenzialmente collegata, semplificando al massimo, ai seguenti fattori: la ricchezza, la costruzione di relazioni familiari, la limitazione delle esperienze negative e gli aspetti sociali (istruzione, razza, religione, sesso).

Vedendo questi aspetti un po’ più in dettaglio si osserva che il denaro rende felici fino ad un determinato reddito, quello che consente di avere una certa libertà economica e sociale. Poi incrementi ulteriori di soldi possono sì soddisfare la felicità momentanea ma non incidono su quella autentica e duratura. La costruzione di relazioni familiari in generale è molto importante per la felicità duratura, anche se avere cattivi rapporti con il partner abbassa enormemente le percezione della felicità autentica. Aver sperimentato poi molte emozioni negative durante l’infanzia e nella vita può incidere negativamente sulla felicità duratura anche se è possibile, attraverso esperienze positive e impegno personale, cambiare questa condizione. Infine gli aspetti sociali quali istruzione, razza, religione, sesso non hanno tutti il medesimo peso nella determinazione della felicità duratura, ma sono legati a condizioni estremamente variabili e non facilmente catalogabili.

Detto questo, dove si colloca la sostenibilità ambientale nella determinazione della felicità? Di sicuro non nella dimensione momentanea perché sono molto poche (forse nessuna) le persone che provano un intenso piacere e si emozionano nel fare bene la raccolta differenziata dei rifiuti oppure nell’uso dei mezzi pubblici al posto dell’auto privata per gli spostamenti urbani. Allora, se la sostenibilità ambientale potrebbe risiedere nella dimensione duratura della felicità, in quale ambito la possiamo collocare, se non tra i fattori sociali?

Da questo punto di vista mi sento di osservare, sia empiricamente sia analizzando gli studi statistici dell’ISTAT (2), che l’uomo, nella sua globalità, in generale è poco interessato ai fattori ambientali. Non che non gli interessano a priori. Ci pensa. Ma forse non li percepisce (ancora) importanti perché troppo complessi dal punto di vista tecnico e troppo lontani nella manifestazione dei loro effetti (non inquinare ora potrebbe impedire l’alterazione del clima tra 50-100 anni!). Spesso la felicità legata alle questioni ambientali è solo quella momentanea che ci fa appassionare alle sorti di un cane che viene maltrattato o all’inquinamento che attanaglia le nostre città e che annusiamo quando passeggiamo per le strade. Questa, però, non alimenta la vera sostenibilità ambientale perché quella importante è quella duratura che consiste, prima, nel capire il problema e, poi, nel cambiare i propri comportamenti per evitare il problema stesso.

In buona sostanza sono convinto che le questioni ambientali non incidano, se non di poco, sulla nostra felicità duratura e autentica. Purtoppo!

Sinceramente non riesco ad esprimere nessuna ricetta per poter cambiare questa percezione – che io, dopo molti sforzi intellettuali, in parte ho elaborato – ma mi rendo conto che il parlarne, il cominciare a prenderne consapevolezza, già può fornire lo stimolo perché le cose possano cambiare.

Ad avvalorare ciò vi è il fatto che chi studia la materia sostiene che i concetti di felicità e di benessere saranno i motori che condurranno il progresso verso la sostenibilità ambientale ma anche il contrario, cioè che la sostenibilità ambientale condurrà tutti verso un maggior benessere e maggiore felicità. Pertanto ci sia augura che i decisori politici e gestori dell’informazione siano in grado di cogliere queste opportunità e di operare affinché la percezione dei cittadini nei confronti della felicità contempli, oltre al denaro, alla sicurezza e alla salute, anche le problematiche dell’ambiente.

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(1) Martin E.P. Seligman è autore di La costruzione della felicità (Sperling 2009) e Imparare l’ottimismo (Giunti edizioni 1996). Tra gli innumerevoli studi condotti da svariate università importante è anche il World Happiness Report, un interessante documento ricco di dati sulla felicità provenienti da tutto il mondo.
(2) ISTAT “Noi Italia”

 

Wake Up Call

Ho già scritto qualche tempo fa di Steve Cutts, genio inglese della computer animation che, con il video “Man”, aveva fatto luce in maniera molto dura ed efficace sulla potenza distruttiva dell’uomo.

Con il video”Wake Up Call”, che di Man in qualche modo è l’ideale prosecuzione, Steve Cutts desidera lanciare un monito sulle conseguenze negative che il consumismo sfrenato – soprattutto quello legato alla tecnologia a rapida obsolescenza – può avere sull’ambiente. Nei pochi minuti del video (dalle solite caratteristiche stilistiche molto essenziali) l’autore riesce, in una sintesi molto precisa, a parlare di sfruttamento eccessivo delle risorse minerarie, di sfruttamento dei lavoratori impegnati nel settore tecnologico, di rifiuti, di obsolescenza programmata, di consumismo e di salvaguardia dell’ambiente. E, in qualche modo, di stupidità dell’uomo.

Semplicemente geniale.

 

Ecobnb | Turismo sostenibile

Ecobnb è un portale web dedicato al turismo sostenibile in Europa. Esso si propone di cambiare il modo di viaggiare delle persone e di mettere in rete le possibilità di turismo rispettoso dell’ambiente, dell’economa e delle comunità locali. In Ecobnb si possono trovare diverse sistemazioni ecofriendly, dalle case sugli alberi all’hotel tradizionale, dall’albergo diffuso nei vecchi borghi all’igloo in alta montagna, dall’agriturismo al rifugio.

Per poter aderire a Ecobnb è necessario possedere una struttura ricettiva e che quest’ultima possieda almeno 5 tra i seguenti 10 criteri ambientali riconosciuti a livello internazionale da numerosi marchi che si occupano di ecoturismo.

  1. Cibo biologico – La struttura ricettiva nella composizione dei menu deve utilizzare prevalentemente cibo proveniente da agricoltura biologica certificata. Non devono essere utilizzati prodotti OGM.
  2. Bioarchitettura – L’edificio della struttura ricettiva deve avere un elevato livello di efficienza energetica (il consumo annuo di energia è inferiore a 60 Kwh/mq) e deve inserirsi armonicamente nel paesaggio. Al fine di ridurre l’impatto ambientale della costruzione la struttura ricettiva deve utilizzare materiali provenienti da fonti locali. La prima regola è che l’edificio più verde è l’edificio che non viene costruito. Poiché costruzione degrada quasi sempre un cantiere, non costruire affatto è preferibile alla bioedilizia, in termini di riduzione dell’impatto ambientale. La seconda regola è che ogni edificio deve essere il più piccolo possibile, per ridurre il consumo di risorse naturali. La terza regola è di non contribuire al consumo di suolo e di utilizzare la maggior parte dei metodi per ridurre l’impatto ambientale e i consumi degli edifici turistici.
  3. Elettricità al 100% da fonti rinnovabili – L’elettricità utilizzata dalla struttura ricettiva deve deriva al 100% da fonti rinnovabili. La struttura ricettiva può produrre l’energia pulita in loco o acquistarla da fornitori di energia pulita (derivante al 100% da fonti rinnovabili).
  4. Pannelli solari per l’acqua calda – La struttura ricettiva deve produrre acqua calda utilizzando energia pulita tramite i pannelli solari. Tale acqua calda preferibilmente dovrebbe essere utilizzata anche per il riscaldamento domestico e della piscina.
  5. Prodotti per la pulizia ecologici – I detergenti utilizzati dalla struttura ricettiva per la pulizia degli ambienti, della biancheria e delle stoviglie devono essere a base di prodotti naturali. I detersivi devono essere altamente biodegradabili ed ecocompatibili. I saponi e i deodoranti a disposizione degli ospiti devono essere naturali e biologici. La struttura ricettiva non deve fare uso di prodotti chimici di sintesi per la pulizia.
  6. Raccolta differenziata oltre l’80% – I rifiuti devono essere separati, riciclati e smaltiti in modo adeguato superando l’80% di differenziazione. Devono essere messi a disposizione degli ospiti appositi contenitori per la raccolta differenziata di carta, vetro, plastica e lattine. Deve essere effettuato, dove possibile, il compostaggio dei rifiuti organici. Devono essere fornite informazioni agli ospiti sulla raccolta differenziata invitandoli a contribuire.
  7. Accessibile senz’auto – E’ possibile raggiungere la struttura ricettiva con i mezzi pubblici o grazie ad un servizio navetta per gli ospiti che arrivano nella località con i mezzi pubblici. La struttura ricettiva deve offrire informazioni sui servizi di trasporto pubblico disponibili sul territorio e deve incentivare di mezzi di trasporto ecologici (auto elettriche, biciclette, car pooling).
  8. Lampadine a basso consumo – La struttura ricettiva deve ridurre il consumo di energia elettrica utilizzando lampade a risparmio energetico. Almeno l’80% di tutte le lampadine installate nella struttura ricettiva deve avere un’efficienza energetica almeno di classe A. La struttura ricettiva deve anche promuovere un’azione di sensibilizzazione degli ospiti al risparmio energetico.
  9. Riduttori di flusso per l’acqua – La struttura ricettiva deve ridurre i consumi di acqua utilizzando appositi riduttori di flusso del getto d’acqua. La struttura ricettiva deve promuove inoltre un’azione di sensibilizzazione degli ospiti al risparmio idrico.
  10. Gestione sostenibie dell’acqua – La struttura ricettiva deve raccogliere e riutilizzare le acque piovane per usi secondari (sciacquoni dei bagni, irrigazione di orti o giardini, ecc).

Ecobnb mette anche in evidenza altri requisiti ambientali secondari come: servizio di noleggio biciclette, cibo a km 0, biodiversità delle aree verdi, eliminazione delle porzioni monodose e imballaggi usa e getta, prodotti del commercio equo e solidale, sostegno dell’economia locale, controllo automatico delle luci, utilizzo di carta riciclata, marchi ambientali e certificazioni energetiche, ecc.

Per ogni struttura ricettiva viene mostrato il grado di sostenibilità in relazione a quanti dei punti precedenti sono soddisfatti.

Anche la gestione di Ecobnb è sostenibile dal momento che i server che utilizza sono alimentati al 100% da fonti di energia rinnovabile.

 

Bike the Nobel

L’idea di candidare la bicicletta al Nobel per la Pace (1) mi sembra un geniale progetto di comunicazione che poggia su una rilevante base scientifica. È venuta ai conduttori di Caterpillar, la storica trasmissione radiofonica di Radio2 (RAI) che va in onda il tardo pomeriggio e che ascolto con regolarità quando mi muovo in auto.

La motivazione di tale candidatura – chiamata “Bike the Nobel” – è dovuta ai seguenti aspetti, di base corretti e condivisibili:

  • La bicicletta è il mezzo di spostamento più democratico a disposizione dell’umanità perché permette a tutti di muoversi, poveri e ricchi, più o meno alle stesse condizioni. Per questo riduce le differenze sociali.
  • La bicicletta non causa guerre perché riduce il bisogno di petrolio ed i conflitti si fanno spesso per il petrolio.
  • La bicicletta cambia il modello di sviluppo perché ogni chilometro pedalato genera un beneficio di 16 centesimi di euro per la società, mentre ogni chilometro percorso in auto provoca un danno di 10 centesimi. (Copenhagen Bicycle Account).
  • La bicicletta causa ed è oggetto di meno incidenti stradali mortali rispetto a quelli che avvengono a causa del traffico motorizzato.
  • La bicicletta non inquina perché è alimentata dalla forza muscolare umana e aiuta a rimanere in salute perché riduce per le persone il rischio di malattie e fa risparmiare ai sistemi sanitari i costi delle cure.
  • La bicicletta è stata uno strumento dei movimenti di liberazione e resistenza di molti paesi.
  • La bicicletta è un strumento di crescita per l’infanzia perché rende i bambini autonomi e indipendenti.
  • La bicicletta elimina le distanze fra i popoli perché i cicloviaggiatori sono accolti ovunque con favore: la bici è un mezzo che comunica rispetto e avvicina le persone e le culture.
  • La bicicletta “È la chiave di movimento e lettura delle grandi città. Un contributo sociale. E non ha controindicazioni. Fa bene al corpo e all’umore. Chi va in bici, fischietta, pensa, progetta, canta, sorride. Chi va in macchina, s’incattivisce o s’intristisce. La bicicletta non mi ha mai deluso. La bicicletta è sorriso, e merita il Nobel per la pace”. (Alfredo Martini, Marco Pastonesi, La vita è una ruota, Ediciclo, 2014).

Sulla base di queste premesse i conduttori di Caterpillar hanno fatto sul serio e si sono attivati concretamente affinché la causa fosse sostenuta con sondaggi, testimonianze e una raccolta firme ufficiale. Per suggellare poi tale richiesta hanno inviato la ciclista Paola Gianotti in bicicletta da Milano ad Oslo (circa 2000 km) per portare simbolicamente le firme raccolte alla Commissione di candidatura dei Nobel, che le ha accettate.

Ora mi auguro che tale iniziativa non rimanga un mero esercizio di comunicazione e che finalmente alla bicicletta venga riconosciuto l’importante ruolo sociale ed ambientale che effettivamente ha. Oltre alla mobilitazione dei singoli cittadini (vi invito a firmare la candidatura), perché l’obiettivo simbolico del Nobel per la Pace sia raggiunto, è necessario che aderiscano anche tutti gli altri attori della società, in primis la politica.

Il raggiungimento del Nobel per la Pace sarebbe uno strumento importante per dare visibilità a livello planetario alla bicicletta quale mezzo di trasporto, quale mezzo di liberazione dei popoli e dei generi nonché quale strumento fondamentale per la sostenibilità ambientale.

Non vedo l’ora che arrivi l’autunno e che i Nobel vengano assegnati per vedere come andrà a finire…

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(1) Bike the Nobel è un progetto che fa parte della campagna storica di Caterpillar “M’illumino di meno”, dedicata al risparmio energetico e alla produzione di energie rinnovabili. Giunta oramai alla 12esima edizione (si svolgerà oggi 19 febbraio 2016) e diventata molto famosa con l’adesione di numerosissimi enti, personaggi pubblici e cittadini comuni, nel 2016 la campagna M’illumino di meno è stata dedicata anche alla mobilità sostenibile.

 

Bioimita – Anno Terzo

Il tempo passa velocemente e oggi, 1 gennaio 2016, è il terzo anno che Bioimita ha preso vita. Nonostante il tempo trascorra e i miei impegni di lavoro (quello “ufficiale”) aumentino, devo dire che mantengo inalterato, rispetto all’inizio, il mio desiderio di approfondire e di comunicare sui temi della sostenibilità ambientale e della bioimitazione. È vero, l’argomento mi piace e incontra le mie attitudini, ma posso dire che lo sento anche come un dovere. Quello di amplificare il più possibile i gravi problemi ecologici che zavorrano il nostro agire di ora, pregiudicando quello futuro, e che, a ben guardare il funzionamento della natura, in parte potrebbero essere anche risolti attraverso soluzioni semplici, che non richiedono né troppo impegno tecnologico né troppa dedizione individuale. Basta solo che i decisori politici, in parte legati a filo doppio con i principali inquinatori, in parte non troppo pungolati dai cittadini, decidano di intervenire. E il gioco sarebbe (quasi) fatto!

Venendo a qualche dato, i numeri di Bioimita – malgrado la mia cronica mancanza di tempo e la mancanza di collaborazione per la redazione degli articoli – dicono che il sito è in lieve crescita. Nonostante il numero degli articoli annuali sia più o meno lo stesso dello scorso anno (1), Bioimita vede leggermente crescere sia il numero dei totale dei visitatori, delle sessioni aperte e delle pagine viste (2). Merito anche del fatto che, per metà del 2015 mi sono anche concentrato ad utilizzare altri canali comunicativi, come i social network, che fino ad ora avevo lasciato abbastanza in disparte.

L’obiettivo primario per il 2016 – oltre a cercare di descrivere con dovizia di particolari e approfondimenti la realtà vista sempre nell’ottica della bioimitazione – sarà anche quello di iniziare nuovi argomenti (es. autocostruzioni di oggetti) e di trovare ulteriori percorsi comunicativi.

Di certo tutti questi obiettivi saranno quasi impossibili da raggiungere da solo, con le scarse forze che mi rimangono dopo il lavoro e dopo la gestione di una casa e di una famiglia. Avrò sicuramente bisogno di un aiuto e, se per caso desiderate cimentarvi in un percorso di questo tipo o se per caso desiderate aiutare in qualche modo, le porte di Bioimita saranno sempre aperte e sarete senz’altro i benvenuti. We want (and we need) you!

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(1) Nel 2015 ho pubblicato 48 articoli per il “BLOG” e 4 per la categoria “PRODOTTI”.
(2) È difficile dare un numero univoco dei visitatori totali, delle sessioni e delle pagine viste perché da quest’anno (non dall’inizio) utilizzo due sistemi di analisi statistica (Google Analytics e Jetpack di WordPress) che mi forniscono dati leggermente discordanti tra loro. Ad ogni modo dai grafici annuali si può vedere l’andamento in lieve crescita.

 

L’EXPO è già un lontano ricordo

Prendo la metropolitana che dal centro di Milano porta alla Fiera di Rho almeno un paio di volte la settimana da quasi 15 anni. Si tratta di una linea, quella “rossa” M1 che, passando dal centro della città, scarica un fiume di persone alle fermate “Duomo” e “S. Babila”, un po’ meno alla fermata “Cadorna FN”, qualcuna in meno a “Lotto” e, più si va verso la periferia, più i passeggeri si diradano fino quasi a scomparire. Questa è la norma tranne alcune anomalie che si verificano nei giorni dell’anno in cui si svolgono le principali iniziative fieristiche. Durante i mesi dell’EXPO, soprattutto nella fase finale dei mesi di settembre e ottobre scorsi, le normali proporzioni quotidiane dei passeggeri si sono completamente ribaltate, per poi tornare agli equilibri di affluenza normale non appena sono stati chiusi i cancelli della manifestazione.

Quello che colpisce ora, a pochi mesi dalla fine dell’EXPO, è il fatto che da nessuna parte si rileva traccia dell’enorme movimento dei mesi passati. Tranne qualche vecchio residuo di cartellone pubblicitario degli sponsor principali non ancora coperto da quelli nuovi, della kermesse fieristica internazionale a Milano non è rimasto praticamente nulla.

Al di là dei dati economici e degli equilibri finanziari (1) che, si spera, saranno analizzati con dovizia di particolari da esperti contabili e revisori dei conti, quello che mi colpisce e mi rattrista è il fatto che di tutti i messaggi di sostenibilità (“EXPO: nutrire il Pianeta, energia per la vita”) e di tutte le “Carte di Milano” non sia rimasto praticamente più niente. Nessuno ne parla e nessuno ne scrive più. Svaniti!

Senza andare troppo a scavare nei dati e nelle statistiche e senza cercare motivazioni troppo complicate, a mio modesto parere questa è la vera e semplice dimostrazione dell’inutilità e dell’inefficacia educativa di EXPO. Bisognava solo attendere qualche mese dalla chiusura dei cancelli per potersene rendere conto. Et voilà.

Proprio da questo generale disinteresse per la manifestazione che si nota già solo pochi mesi dopo la fine (non ne parla più la politica, non ne parla più la stampa e non ne parlano più gli amici o i conoscenti entusiasti che ci sono andati più volte ma che ora sui social network enfatizzano altro) si deduce quanto siano stati ipocriti i vari messaggi che hanno prima giustificato all’opinione pubblica e poi sostenuto la manifestazione durante il suo svolgersi. Era tutto un fiorire di messaggi “green” – dal tema principale, il nutrimento per il Pianeta al risparmio energetico; dall’uso di auto ecologiche alla “Carta di Milano” – che  il disinteresse di questi giorni ha dimostrato essere solo marketing. Questo generalizzato distacco per EXPO dimostra quanto il vero scopo della manifestazione, che noi (giustamente) sospettavamo fin dall’inizio, fosse altro rispetto ai temi sacrosanti che avrebbe dovuto trattare. Lo scopo era, in primis, costruire i padiglioni e le infrastrutture (e indirettamente consumare territorio) e, in secondo luogo, accontentare le multinazionali a creare, con soldi pubblici, un evento da consumare in breve termine nel quale commercializzare e promuovere beni alimentari o attività legate al cibo che poco o nulla hanno a che fare con la salvaguardia dell’ambiente e il (giusto) nutrimento del Pianeta.

È vero, in generale chi ci è andato si è divertito. Ma nulla di più che trascorrere una giornata al parco divertimenti o allo zoo. Viste queste considerazioni mi permetto di fare un appello alla politica: giustificare una manifestazione molto costosa pagata dai soldi dei cittadini attraverso falsi scopi ambientali è una cosa immorale che dovreste evitare, per il futuro, di fare. La sostenibilità ambientale è una cosa troppo seria da poter essere manipolata ad libitum per obiettivi che nulla hanno a che fare con essa. Please!

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(1) Il Fatto Quotidiano osserva che, in sei mesi, all’EXPO ci sono stati 20 milioni di ingressi, di cui quelli effettivi, tolti i vari movimenti del 14mila addetti, sono stati circa 18 milioni. Per ottenere il pareggio finanziario ci sarebbero voluti 20 milioni di biglietti venduti in media ad almeno 19 euro ciascuno. Secondo fonti interne, invece, il prezzo medio è stato di 10 euro ciascuno, poco più della metà di quello ottimale.

 

10 passi verso una casa più verde

Molto probabilmente nel 2060 la popolazione mondiale sarà di circa 10 miliardi di individui e, inevitabilmente, associato ad essa ci sarà un forte aumento dei consumi di energia elettrica. In particolare, al tasso attuale di consumo, si presume che per quella data i consumi elettrici mondiali saranno di 57,3 trilioni di kWh, in netto incremento dai 16,4 del 2006 e dai 7,3 del 1980.

Dal momento che le conseguenze legate alla produzione di tutta quella energia possono essere molto gravi per il Pianeta, non potendo prevedere ora se e quando in futuro potremo disporre di una fonte di energia pulita e sicura, è necessario iniziare a pensarci fin da ora facendo l’unica cosa che abbiamo a disposizione: risparmiarla! Partendo dal presupposto che l’energia consumata a livello domestico rappresenta un’elevata percentuale del totale e considerando che è necessario che ognuno faccia, nel proprio piccolo, la propria parte, allo scopo di aiutare i cittadini ad agire l’Azienda inglese CES Group ha pubblicato una chiara ed esaustiva infografica sull’argomento.

Per facilità di lettura se ne riporta la versione tradotta in italiano.

10 passi verso una casa più verde

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Nota: Traduzione non ufficiale ad opera di Bioimita.

 

La vita è una splendida avventura

Nel mondo c’è posto per tutti. La natura è ricca e sufficiente per tutti noi. La vita può essere felice e magnifica ma l’abbiamo dimenticato. Le macchine invece di abbondanza ci hanno dato povertà! La scienza ci ha trasformato in cinici, l’abilità ci ha resi spietati. Pensiamo troppo e sentiamo troppo poco. Più che di macchine abbiamo bisogno di umanità! Più che di intelligenza, di dolcezza e di bontà. Siamo uomini, non macchine. Facciamo in modo che la vita sia una splendida avventura!

Ho letto queste frasi qualche giorno fa sul muro di un campetto di calcio mentre pranzavo nel parco pubblico di Caselle di Sommacampagna (VR). Ci vado abbastanza spesso e non ci avevo mai fatto caso. Belle frasi, totalmente condivisibili.

E, a pensarci bene, non c’è bisogno di molto perché la vita sia una splendida avventura…

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Murales Caselle_01_mod

 

Chi è il più intelligente?

Dopo che avrete visto il video della BBC nel quale un corvo riesce a risolvere una complessa sequenza di azioni per raggiungere il cibo, spero vi ricrederete un po’ su che cosa sia “l’intelligenza” e su chi sia l’animale più intelligente della Terra.

Sarà l’uomo che è certamente capace di produrre tecnologia complessa ma che è anche in grado di comportare seri problemi al funzionamento equilibrato del pianeta che abita oppure sarà il corvo che, pur avendo un cervello meno sviluppato in termini di massa e dimensioni rispetto all’uomo, per raggiungere i propri scopi – molto spesso nutrirsi – è in grado di studiare la realtà che lo circonda e di compiere una sequenza di azioni complesse per ottenere i propri risultati? Oppure intelligente sarà il pipistrello che, pur avendo un cervello estremamente contenuto in termini di dimensioni, è in grado di riprodurre immagini tridimensionali nella propria immaginazione che gli consentono non solo di evitare gli ostacoli ma addirittura di cacciare insetti volanti di piccole dimensioni solo attraverso la decodificazione delle onde sonore? Oppure, ancora, sarà più intelligente il delfino o l’elefante che sono in grado di creare relazioni complesse di comunicazione all’interno dei loro gruppi fino ad arrivare a “piangere” i loro  morti?

Beh, se per caso avete dei dubbi, non chiedetelo di certo all’Homo sapiens perché sicuramente vi risponderà che solo egli stesso può essere considerato l’animale più intelligente della Terra. Tutto il resto, se mai lo fosse, lo è solo in maniera embrionale e di certo viene dopo di lui.

Sono fermamente convinto che se desideriamo risolvere i numerosi problemi di sostenibilità ambientale che affliggono i nostri tempi sia assolutamente necessario cambiare prospettiva. Sono fermamente convinto che sia necessario abbandonare l’idea di essere gli unici animali intelligenti – e quindi forti – del Pianeta a cui tutti gli altri esseri viventi devono per forza piegarsi e sottostare. Essere veramente intelligenti significa capire che l’intelligenza non si misura sulla forza, sull’aggressività o sulle capacità tecniche ma piuttosto è un concetto vago, che dipende dalle particolari e uniche necessità di sopravvivenza che un animale ha dovuto sviluppare all’interno di un dato ambiente.

Su queste prospettive essere intelligenti significa allora tutto e niente. Significa sì essere in grado di costruire un GPS ma anche essere in grado di sopravvivere a lungo in una foresta o in un deserto senza un GPS.

Solo così, ragionando che ogni essere vivente che abita questo sasso blu dell’universo è a suo modo intelligente e ha diritto di avere il proprio spazio, si potranno avere delle chances reali di far perdurare il benessere dell’umanità nel futuro. In caso contrario – come purtroppo sta avvenendo – sarà solo caos e, alla fine, tra qualche manciata di decina di anni, credo che gli unici vincitori nella dura lotta per la sopravvivenza potranno essere solo gli insetti.

 

Marzo 3039

Marzo 3039 come sempre a Londra piove / ma con calma e precisione / ho lasciato il sottosuolo per riflettere da solo / sull’attuale situazione
Dalla guerra del ’21 non ho visto più nessuno / della mia generazione / siamo tutti chiusi / in casa spaventati da ogni cosa, / da un’idea, da un’emozione
Chissà com’era quando il sole si poteva guardare / e sentirlo sulla pelle fino a farsi bruciare

Però oggi partono i missili, / li guarderò e saranno bellissimi.
Marzo 3000 e qualche cosa, è una notte luminosa / c’è la luna artificiale / sugli schermi informativi, su quei pochi ancora attivi / sembra sia tutto normale
Chissà com’era quando l’aria si poteva respirare / e sentirla nei polmoni fino a farli scoppiare / ogni notte sogno sempre di nuotare / e sento il fuoco sulle labbra che ti lascia il sale
E poi / Correre nel traffico, mettersi il soprabito / respirare microbi, perdersi nei vicoli

inciampare negli ostacoli, affidarsi a degli oroscopi / arrabbiarsi con le nuvole, evitare le pozzanghere
Sì ma… / Però… (correre nel traffico…) / oggi partono i missili (mettersi il soprabito) / li guarderò e saranno bellissimi (respirare microbi, perdersi nei vicoli)
Così… (inciampare negli ostacoli) / oggi partono i missili (affidarsi a degli oroscopi) / li aspetterò e saranno tantissimi (arrabbiarsi con le nuvole, evitare le pozzanghere)
Perché… oggi partono i missili

Nei testi delle sue canzoni Daniele Silvestri è sempre molto evocativo e, con sublime maestria, quando affronta temi sociali riesce a descrivere storie che fanno molto pensare.

Questo è capitato a me quando ho sentito per la prima volta, molti anni fa, “Marzo 3039(1). Anche se immagino che le ambientazioni della canzone si possano riferire ad un mondo post-atomico successivo ad una terribile guerra di un lontano futuro, io subito ho pensato anche a quello che potrebbe capitare alla Terra e alle attività umane a seguito di un enorme sconvolgimento climatico o ecologico.

Nell’apparente normalità di una notte con la luna artificiale (quella che un po’ viviamo anche noi ora in cui ci ripetono di continuare a consumare, di bruciare petrolio e di non pensare al futuro per godere solo il presente) il protagonista della canzone si chiede, con rammarico, quali potevano essere le sensazioni di respirare l’aria e di nuotare nel mare fino a sentire il bruciore del sale sulle labbra.

Marzo 3039 mi offre lo spunto per parlare di ecologia e di sostenibilità ambientale nell’ottica della prevenzione. Capire cioè che dobbiamo agire concretamente ADESSO per non dover rammaricarci in futuro di non aver fatto nulla, o quasi, per evitare la catastrofe. Anche perché credo che quello che eventualmente ci mancherà saranno proprio le piccole cose del “perdersi nel traffico”, “mettersi il soprabito”, “respirare microbi”, “perdersi nei vicoli”, “inciampare negli ostacoli”…

_____Prima di essere un uomo

(1) Il brano “Marzo 3039” è contenuto nell’album “Prima di essere un uomo” di Daniele Silvestri (sito ufficiale).

 

Over

Population Speak Out è una ONG ambientalista che concentra la propria azione sui problemi legati alla crescita demografica della popolazione umana  e sugli effetti che le attività umane hanno sugli ecosistemi. Nell’ottica di comunicare e di diffondere la consapevolezza su tali problematiche ha da poco pubblicato un libro fotografico dal titolo “Overdevelopment, Overpopulation, Overshoot” (OVER). Con questo libro l’associazione vuole rappresentare le più gravi tragedie ecologiche e sociali che la Terra sta subendo attraverso immagini dal forte impatto visivo che si propongono di sensibilizzare i lettori, magari anche quelli più distratti, su quali siano i problemi più gravi del Pianeta affinché possano mettere in pratica, fin da subito, comportamenti di vita più sostenibili.

Non c’è bisogno di troppe parole perché le immagini del libro [vedi foto], da sole, dicono tutto. Bisogna solo agire!!!

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Trashing-Planet-Trash-Wave
TRASHING THE PLANET: TRASH WAVE – Il surfista indonesiano Dede Surinaya cavalca un’onda piena di rifiuti in una remota baia dell’isola di Java, l’isola più popolosa al mondo.

Urban-Animal-Boomtown
URBAN ANIMAL: BOOMTOWN – Città come Qingdao (8,7 milioni di abitanti), nella Provincia di Shandong, in Cina sono le aree urbane che stanno crescendo più velocemente sulla Terra.

Wildlife-Lost-Elephant-Slaughter
WILDLIFE LOST
: ELEPHANT SLAUGHTER – La star del basket Yao Ming è faccia a faccia con la carcassa di un elefante cacciato di frodo nel nord del Kenia.

Material-World-Shopping-Mall
MATERIAL WORLD:SHOPPING MALL –  La cultura consumistica si sta sviluppando anche nei paesi in via di sviluppo (South City Mall, Kolkata, India).

Overshoot-Cows-SmokeOVERSHOOT: COWS AND SMOKE – Una mandria di mucche bruca in mezzo ai resti bruciati della foresta amazzonica in Brasile.

Energy-Blight-Tar-Sands
ENERGY BLIGHT: TOXIC LANDSCAPE – Veduta aerea della regione delle sabbie bituminose dove le attività minerarie e gli stagni delle lavorazioni sono così vasti che possono essere visti dallo spazio. Alberta, Canada.

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Perché non andrò all’EXPO

Qualche giorno fa mentre salutavo alcuni amici sulla soglia di casa e si facevano gli ultimi discorsi parlando del più e del meno mi veniva da loro proposto di passare assieme una domenica all’EXPO. In fin dei conti la città di Milano non è poi così lontana da dove abito e il logo della manifestazione si trova un po’ ovunque, dalla bolletta della Telecom al biglietto del treno; dall’imballaggio degli alimenti alle pagine dei giornali che è difficile non esserne in qualche modo attratti.

Ho ripensato qualche giorno più tardi a quella proposta e mi sono chiesto se, al di là della mia refrattarietà alla manifestazione già ampiamente documentata su questo blog, esistano comunque dei validi motivi per andare a fare una capatina all’EXPO per curiosare tra i padiglioni e ammirare il cibo del mondo. In fin dei conti, dopo tante critiche, ora che la fiera è operativa e si può toccare con mano, non sarebbe male poterlo fare di persona. E, perché no, magari cambiare anche idea.

Alla luce dell’invito ho iniziato ad approfondire ulteriormente l’argomento e, da quello che ne è emerso, sono sempre più convinto che ad EXPO non ci voglio proprio andare e che questa mia convinzione non sia frutto di una presa di posizione aprioristica basata su dei preconcetti ma che si fondi su una mia profonda coerenza comportamentale e su delle motivazioni molto concrete che provo ad elencare e a motivare.

1) Secondo quanto afferma Vandana Shiva nel suo blog sull’Huffington Post, EXPO più che essere una manifestazione che cerca di approfondire sul cibo, sulla produzione dello stesso, sulla salute alimentare e sulla sostenibilità sociale ed ambientale che ad esso sono collegate (1), è piuttosto una manifestazione che funge da vetrina per le multinazionali dell’alimentazione e della chimica che, invece di “nutrire il pianeta”, pensano piuttosto a nutrire se stesse e i loro affari. Ne è una dimostrazione il fatto che tra i principali sponsor vi siano McDonald’s e Coca Cola (ma anche Monsanto, Syngenta, Nestlé, Eni, Dupont, Pioneer) e che ad EXPO – per esempio – non siano previste particolari iniziative sull’agricoltura familiare che coinvolge centinaia di milioni di persone nel mondo oppure sull’agricoltura alternativa e di nicchia, alternativa addirittura al biologico che anch’esso oramai è un affare.

Expo-2015-multinazionali

Ovviamente il tutto, agli occhi dei cittadini, deve in qualche modo essere mascherato: ad esempio ci si concentra sul non spreco del cibo – cosa sacrosanta e giusta – senza pensare troppo a quale sia la qualità o la salubrità del cibo che si spreca. Ad esempio si parla di cibo regionale ma non ci si chiede troppo quanta chimica, quanta acqua, quante manipolazioni genetiche (OGM) o quanta energia sia necessaria per produrlo. Ad esempio si mette nel calderone tutto il cibo senza pensare troppo a quale possa essere il suo impatto sulla salute, sull’ambiente e sulla biodiversità.

Lo scopo è vendere. E la fiera EXPO deve far incrementare i fatturati delle industrie (2). Se poi ci sono degli effetti collaterali… si affronteranno in altre sedi.

2) EXPO è stata una enorme operazione di inutile cementificazione del territorio. Come affermano illustri esperti in materia sia di architettura che di cibo, si sarebbe potuto realizzare la manifestazione – in modo diverso rispetto alle precedenti, e qui stava la grande novità tecnologica e il grande progresso – senza utilizzare neanche un chilo di cemento. Inoltre si sarebbe potuto cercare di alimentare completamente la fiera con energia da fonti rinnovabili. E, invece, si sono riempiti milioni di metri quadrati di erba con milioni di metri cubi di edifici. Se poi ci sono le auto della polizia elettriche oppure quelle della manifestazione ecologiche alimentate a metano, oppure se c’è la raccolta differenziata dei rifiuti queste non sono atro che operazioni di greenwashing atte a creare confusione e a dare l’impressione di sostenibilità ambientale ad una cosa che con la vera sostenibilità ambientale, quella profonda, non quella di facciata, non ha nulla a che fare.

3) Gli edifici e le strutture che ora ospitano EXPO e che sono state realizzate anche con i soldi delle mie tasse non hanno, ad ora, una collocazione futura. In buona sostanza non si sa che cosa sarà di esse dopo il 31 ottobre prossimo. Città delle musica e del cinema? Mah! Università? Mah! Area manifatturiera o espositiva? Mah! I presupposti sono per ora quelli che tutto andrà presumibilmente in malora come molte delle strutture costruite per altri EXPO in giro per il mondo oppure per le olimpiadi varie che ogni 4 anni fingono di promuovere lo sport.

Al di là del fatto che si sarebbe dovuto utilizzare solo materiali rinnovabili per la realizzazione delle varie strutture, è da dire che si sarebbe anche dovuto progettare il tutto già nell’ottica della dismissione o della destinazione urbanistica finale. Si sarebbe dovuto fare come Londra che, dopo l’ubriacatura economica delle olimpiadi di qualche anno fa, sta ricavando denaro e sta producendo posti di lavoro anche dalla dismissione e dalla collocazione alternativa delle strutture sportive.

In conclusione anche se so che le critiche le dovrei fare dopo aver visto di persona, ritengo che questi tre motivi siano già più che sufficienti per esprimere il mio dissenso verso EXPO, non tanto e non solo per manifestazione in sé, quanto, e soprattutto, per le importanti occasioni perse.

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(1) Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, dopo una prima polemica con gli organizzatori di EXPO per non aver invitato i pescatori, gli allevatori e gli agricoltori, ora propone di invitare a Milano, dal 3 al 6 ottobre 2015,  5.000 giovani contadini, allevatori e artigiani da 170 paesi per parlare finalmente di cibo e di produzione dello stesso.
(2) Come scrive La Repubblica la Regione Lombardia, attraverso le parole dell’assessore regionale Valentina Aprea che scrive una letera ai dirigenti scolastici, invita gli alunni delle scuole ad andare all’EXPO e di godere degli eccezionali sconti di prezzo da McDonald’s.

 

Where is my forest?

Where is my forest?” è il titolo di una foto molto bella del sudafricano Ian Johnson, finalista per la categoria “World in our hands” (Il mondo nelle nostre mani, ndt), che ho visto recentemente alla mostra fotografica “Wildlife Photographer of the Year(1) presso il Forte di Bard, in provincia di Aosta.

Quello che mi ha colpito della foto in questione e che viene ben descritto dall’immagine colta dall’autore, è il fatto che il gorilla grigio immortalato abita, assieme a circa altri 480 animali, nella foresta del Volcanoes National Park, in Ruanda, un parco che oramai è completamente circondato da coltivazioni ed aziende agricole. I gorilla superstiti vivono quasi in prigione entro i confini del parco e, se per caso ne dovessero superare il perimetro non recintato, sono oggetto di uccisioni o di aggressioni da parte dei contadini che si vedono distruggere le colture che, tra l’altro, vorrebbero sempre più far avanzare. Si tratta del vecchio problema della possibile convivenza tra animali selvatici e uomo. I primi hanno bisogno di spazio per gestire il territorio, per cercare il nutrimento e per accudire i cuccioli; i secondi cercano di conquistare sempre più aree per la gestione delle loro attività economiche, per produrre cibo e per incrementare il loro benessere. Il tutto in un conflitto continuo.

La solitudine del gorilla immortalato nella foto mi fa pensare al fatto che il problema della necessaria convivenza tra uomo e animali può essere risolto principalmente attraverso due strade, che rappresentano un ulteriore passo in avanti alle azioni messe in piedi nei decenni passati per preservare specie animali in pericolo e vicine all’estinzione attraverso la creazione di aree protette.

Where is my forest

Nel presupposto che la salvaguardia degli animali selvatici non sia un mero piacere estetico o un capriccio da ricchi e intellettuali ma sia la base della biodiversità e della sopravvivenza futura dell’uomo, la prima strada da percorrere è quella del decremento demografico della popolazione umana mondiale. Sembrerà una cosa che non c’entra molto ma bisognerà iniziare seriamente a pensarci perché non si può pensare di salvare animali, soprattutto se di grossa taglia come i gorilla, gli elefanti, i rinoceronti, i leoni, le tigri e molti altri che hanno bisogno di enormi territori, se non si pone un freno all’aumento della popolazione umana mondiale che, giustamente, nell’ottica della ricerca del benessere per tutti, deve e vuole avere a disposizione un’elevata quantità di territori e risorse.

La seconda strada è rappresentata dalla necessità che vengano individuate delle aree protette, sempre più ampie come estensione territoriale, che siano totalmente inaccessibili all’uomo e nelle quali la natura possa fare liberamente il proprio corso. A differenza di quelle attuali che risultano distribuite a macchia di leopardo su territori normalmente inospitali o poco accessibili e che si finanziano attraverso il turismo e, talvolta, la caccia grossa, si deve invece trattare di aree che vengono messe in rete l’una con le altre e che siano separate dalle attività umane da zone cuscinetto accessibili solo per attività turistiche. Solo così si potrà sperare di ottenere risultati duraturi nella difesa delle specie animali in pericolo e della salvaguardia della biodiversità perché i parchi naturali ad ora esistenti si stanno dimostrando inefficaci a contenere quell’innato desiderio dell’uomo di colonizzare e di espandere le proprie attività.

Mi rendo conto che entrambi gli obiettivi sono molto impegnativi ed estremamente complessi da realizzare ma li vedo l’unica strada che dobbiamo iniziare a percorrere. Per farlo dobbiamo cominciare a pensare che almeno una parte del Pianeta (sia la terra che il mare) non ci appartiene e non è – e non dovrà esserlo mai – a nostra disposizione.

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(1) Si tratta dell’evento fotografico più prestigioso e importante del suo genere ospitato nel Forte di Bard per la prima tappa italiana del tour mondiale. Il “Wildlife Photographer of the Year” è un premio creato per la prima volta nel 1965 da parte del Natural History Museum di Londra in collaborazione con il Bbc Wildlife Magazine che ha raccolto, in questa cinquantesima edizione, ben 42.000 concorrenti provenienti da 96 paesi. Cento sono le immagini premiate suddivise in 18 categorie. Attraverso la lente della fotografia naturalistica la mostra coglie l’intrigo e la bellezza del nostro pianeta, dandoci un punto di vista molto profondo del mondo naturale.
Foto: Ian Johnson

 

Pillola rossa o pillola blu?

Qualche tempo fa sono rimasto molto colpito dalla lettura di un articolo nel quale Noam Chomsky, un famoso linguista statunitense e uno dei più grandi intellettuali attualmente viventi, spiega quali sono le dieci modalità con cui i potenti della Terra, soprattutto attraverso il controllo dei sistemi di comunicazione, sono in grado di mistificare le realtà orientando le scelte dei cittadini verso direzioni che vanno in loro totale favore. Sia in termini di aumento di ricchezza che di potere. Secondo lo studioso solo la cultura e l’acquisizione di uno spirito critico rende le persone veramente libere di fare scelte consapevoli e autonome.

Tra i dieci punti evidenziati da Chomsky quali strumenti manipolatori della coscienza collettiva vi sono strategie di distrazione di massa, strategie della paura, strategie psicologiche varie, strategie di limitazione della cultura, strategie di omologazione e azioni volte alla conoscenza dei gusti e dei comportamenti dei consumatori. Attraverso tutti questi elementi messi in atto nei modi e nelle forme più varie – osserva Chomsky – noi non facciamo esattamente quello che desideriamo fare ma, in buona parte, facciamo e pensiamo quello che ci dicono di fare e di pensare.

È come quando, nel film “Matrix”, ad un certo punto il protagonista Thomas Anderson (“Neo”) turbato da quello che sta scoprendo attraverso una sua ricerca personale, viene invitato dal ribelle Morpheus a scegliere se ingoiare la pillola rossa (e conoscere esattamente la cruda realtà) oppure la pillola blu (e rimanere nella vita illusoria della finta realtà).

Con dispiacere noto che le stesse modalità evidenziate da Chomsky vengono applicate anche alle problematiche ecologiche e della sostenibilità ambientale. Ci dicono, ad esempio, che tutte le pratiche sostenibili sono più costose delle altre o non ci consentono lo stesso benessere. Falso! Ci dicono che in agricoltura i metodi biologici o quelli che non prevedono l’uso eccessivo di chimica o di OGM non saranno in grado di nutrire tutti in maniera adeguata. Falso! Sempre in agricoltura ci instillano piano a piano il dubbio dell’inutilità di iniziare pratiche sostenibili, tanto l’inquinamento è ovunque. Falso! Ci dicono, ancora, che l’energia da fonti rinnovabili a priori non ci consentirà di godere degli stessi benefici di quella fossile o di quella nucleare; ci dicono che i trasporti, così come sono, sono immodificabili; ci dicono che non c’è un’alternativa al petrolio. Tutto falso! Ci dicono che non ci può essere benessere senza consum(ism)o e senza produzione di rifiuti. Falso!

Insomma ci continuano a bombardare con notizie ipersemplificate accompagnate da titoli iperbolici; ci incutono paure ma, nello stesso tempo, ci dicono che siamo impotenti; ci illudono con tecnologie che creano più problemi di ciò che risolvono; ci creano bisogni non necessari e non sostenibili e ci dicono che, se per caso li perdiamo, perdiamo benessere. In buona sostanza creano un grande e profondo rumore di fondo dell’informazione dal quale è difficile estrapolare i suoni puri della verità tanto che noi, alla fine, rimaniamo apatici e deleghiamo loro a decidere totalmente del nostro destino.

E, purtroppo, atterriti e impotenti, alla verità preferiamo la rassicurante pillola blu.

 

Il Ministro dell’Ambiente, questo sconosciuto

Qualcuno per caso ricorda il nome dell’attuale Ministro dell’Ambiente? E quello precedente? E, per caso, qualcuno sa il nome esatto del “Ministero dell’Ambiente”? Se non ne avete idea non preoccupatevi. Sono in tanti gli italiani che non ne hanno idea: una parte di loro non sa nemmeno che esiste un Ministero dell’Ambiente e, tra quelli che ne conoscono l’esistenza, una buona parte non ha idea di che cosa faccia e a che cosa serva. E, sinceramente, anch’io ho qualche dubbio!

Per dovere di cronaca l’attuale Ministro dell’Ambiente si chiama Gian Luca Galletti e il nome esatto del ministero si chiama “Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare”. Un nome altisonante che vuole dichiarare a tutti la grande estensione del campo di azione di tale Ente che non è limitato al solo concetto astratto di “ambiente” ma che si spinge fino alle tutele concrete del “territorio” e del “mare”. Ottimo!

Galletti_modifQueste tutele, però, esistono solo a parole e nelle declinazioni grammaticali del nome del Ministero. A dimostrazione che il Ministero dell’Ambiente è poco importante e che il ruolo del ministro è marginale nell’insieme delle azioni sociali di cui si occupa il Governo italiano, vi è il fatto che Il sig. Gian Luca Galletti è laureato in Scienze Economiche e Commerciali e nella vita ha svolto la professione di dottore commercialista e revisore contabile. Fin qui nessun problema perché potrebbe essere il commercialista più esperto di tutti i commercialisti d’Italia in tematiche ambientali. Se però ci si addentra tra le competenze del sig. Galletti si nota che egli ha fatto poco e si è occupato poco di tematiche ambientali. Piuttosto, come è giusto che sia per un commercialista, nella sua lunga carriera politica si è occupato prevalentemente di questioni fiscali e finanziarie.

È pertanto triste, a mio avviso, vedere quale sia la considerazione strategica che gli amministratori politici hanno dell’”ambiente”. È triste vedere che lo considerano una pura formalità amministrativa – se non una seccattura – e i loro interventi sono prevalentemente di facciata o partecipazioni a convegni. Poche sono le leggi prodotte; poche sono le iniziative strategiche proposte. È triste vedere che questo Ministro non viene quasi mai menzionato dai telegiornali o dai media in generale (né nel bene né nel male). Non interessano i suoi discorsi. Non interessano le sue idee.

Eppure l’”ambiente” – non la parola di cui si abusa ma visto come la nostra unica “casa” – dovrebbe essere al centro sia delle strategie sociali sia delle analisi economiche. Dovrebbe essere nominato più spesso quando si parla di salute, quando si parla di trasporti, quando si parla agricoltura e di istruzione. Dovrebbe essere al centro delle discussioni che animano le politiche dell’occupazione e del lavoro; dovrebbe essere il collante delle politiche industriali e dovrebbe essere la base della ricerca scientifica e dello sviluppo tecnologico.

E purtroppo, invece, l’ambiente esiste solo per inquinamento, i rifiuti, il consumo di territorio, il petrolio, le grandi opere inutili, la corruzione e, legato ad esso, esistono solo i SOLDI. E, l’ambiente, è solo un fottuto ostacolo a poter farne TANTI.

Ma che tristezza!

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Nota: per rendersi conto del curriculum del Ministro Gian Luca Galletti e per capire quali sono le strategie o le iniziative legislative del Ministero dell’Ambiente è sufficiente accedere ogni tanto al suo sito internet e girovagare tra le varie pagine.

 

Terme ecologiche

Qualche giorno fa ho terminato un ciclo di terapie inalatorie presso le Terme di Sirmione per tentare di combattere (o almeno di alleviare) con meno medicinali possibile i sintomi di una presunta fastidiosa allergia. Non l’ho ancora accertato con precisione ma, dal momento che non è stagionale, molto probabilmente si tratta di allergia agli acari della polvere o al pelo di gatto (il mio si rotola e ronfa un po’ ovunque in casa e si è “preso” spazi che qualche anno fa non si sognava neppure).

Da buon osservatore sulle problematiche ecologiche (non smetto di farlo neanche quando l’acqua calda mi viene sparata nel naso o quando devo respirare a pieni polmoni un aerosol bollente di acqua sulfurea) posso dire che il centro che ho frequentato si dà da fare sul tema. Tra gli aspetti positivi dal punto di vista ambientale che ho potuto notare di persona (altri ce ne saranno che non ho visto) posso elencare:

  • la presenza di pannelli fotovoltaici con indicazione puntuale dell’energia prodotta e della CO2 non emessa in atmosfera (Foto 1);
  • la presenza di bidoni per la raccolta differenziata sparsi un po’ ovunque con l’indicazione chiara e precisa della tipologia di rifiuto da conferire;
  • la fornitura dei dispositivi per le cure (nel mio caso mascherina per l’aerosol e strumento per i lavaggi nasali) non usa e getta ma da riutilizzare fino alla fine della cura (Foto 2);
  • l’utilizzo dei fazzoletti e dei rotoli di carta usa e getta prodotti da carta proveniente dalla raccolta differenziata.

Al di là degli elementi virtuosi l’aspetto su cui desidero prestare l’attenzione e prendere come spunto per fare un ragionamento più ampio in materia di sostenibilità ambientale è un elemento che può sembrare apparentemente banale nell’insieme dell’attività termale, ma che si offre come sponda per far luce sulla vera causa dei problemi ecologici che stiamo continuamente affrontando senza mai giungere ad una vera conclusione della questione. In buona sostanza la stragrande maggioranza dei numerosi clienti/pazienti che ho avuto modo di vedere nelle sale delle cure dopo ogni seduta si toglieva la grande bavaglia di carta e plastica che veniva loro fornita per proteggere il collo e i vestiti da eventuali schizzi di acqua calda, la appallottolava con noncuranza e la gettava in un bidone a caso tra quelli ben segnalati per la raccolta differenziata dei rifiuti. Io, invece, la tenevo per tutta la sessione quotidiana di cura che comprendeva tre diversi trattamenti. Quello che mi colpiva nel loro atteggiamento e nei loro gesti era la totale noncuranza di capire che la bavaglia poteva anche non essere inutilmente gettata di volta in volta ma poteva assolvere egregiamente al proprio compito per più trattamenti.

Quello che desidero osservare con queste considerazioni è il fatto che il raggiungimento della sostenibilità ambientale passa inevitabilmente attraverso due macroaree di azioni che operano congiuntamente e che non possono essere efficaci da sole. Da un lato vi sono gli interventi di natura tecnica, gli investimenti, le soluzioni e, dall’altro, vi sono i comportamenti umani.

Se i primi possono essere imposti dalle leggi o possono essere promossi dalla ricerca del risparmio e dell’efficienza, mi chiedo chi si occupa dei secondi? Chi si deve sobbarcare l’onere – e, spesso, le delusioni – di educare le persone? Se non si provvederà a farlo al più presto si rischierà seriamente di non raggiungere mai gli obiettivi prefissati e di continuare a girare infinitamente in tondo. Come un cane che cerca di mordere la sua coda!

 

Terme ecologiche_Foto 1_s

Terme ecologiche_Foto 2_s

 

Bioimita – Anno Secondo

Oggi, primo gennaio 2015, Bioimita compie il suo secondo anno di vita. Anche se il numero delle pubblicazioni è stato inferiore a quello dell’anno precedente, voglio fare comunque i complimenti al sottoscritto che si è dato da fare per mettere in rete i propri articoli, a chi mi ha seguito e a chi mi ha scritto in questi mesi trascorsi. Per carità, i numeri (1) non hanno nulla a che vedere con i blogger più bravi o con le visualizzazioni che hanno siti dai contenuti frivoli che interessano un po’ tutti, se non altro – e giustamente – come “sciacquacervello”. Sono comunque contento perché in quest’anno passato ho cercato di descrivere con onestà e con un minimo di accuratezza scientifica il mio pensiero e la mia visione della realtà e credo di esserci riuscito. L’unico rammarico che ho – per mancanza di tempo avendo un lavoro impegnativo e una famiglia con le sue esigenze – è quello di non essere stato in grado, come mi ero promesso nel 2013, di coinvolgere altre persone nella redazione degli articoli e quello di non essere riuscito a scrivere articoli sui “Prodotti”. Sarà per l’anno prossimo.

Talvolta, quando riesco a ritagliarmi qualche momento di concentrazione per mettere nero su bianco i miei pensieri, penso a chi leggerà i miei articoli. Sarà interessato o passerà distrattamente? Sarà in grado di capire quello che desidero comunicare o non mi prenderà sul serio ritenendo quello che scrivo un mucchio di spazzatura che si perde nell’immenso mare della rete? Devo dire che io sono fermamente convinto della forza e dei miei argomenti e, anche se talvolta sono preso da un po’ di sconforto nel vedere che nulla apparentemente cambia e che le parole di avvertimento vengono così poco ascoltate, poi sento ancora più forte la responsabilità di quello che voglio comunicare e… continuo a farlo.

Per fare una bella citazione musicale mi sento un po’ come Daniele Silvestri nella sua splendida “L’uomo col megafono”. (2)

[TESTO]L’uomo col megafono parlava parlava parlava di cose importanti, purtroppo i passanti, passando distratti, a tratti soltanto sembravano ascoltare il suo monologo, ma l’uomo col megafono credeva nei propri argomenti e per questo andava avanti, ignorando i continui commenti di chi lo prendeva per matto… però il fatto è che lui… soffriva… lui soffriva… davvero
L’uomo col megafono cercava, sperava, tentava di bucare il cemento e gridava nel vento parole di avvertimento e di lotta, ma intanto la voce era rotta e la tosse allungava i silenzi, sembrava che fosse questione di pochi momenti, ma invece di nuovo la voce tornava, la voce tornava…
Compagni! Amici! Uniamo le voci! Giustizia! Progresso! Adesso! Adesso!
L’uomo e il suo megafono sembravano staccati dal mondo, lui così magro, profondo e ridicolo insieme, lo sguardo di un uomo a cui preme davvero qualcosa, e che grida un tormento reale, non per un esaurimento privato e banale, ma proprio per l’odio e l’amore, che danno colore e calore, colore e calore ma lui… soffriva… lui soffriva… davvero
Compagni! Amici! Uniamo le voci! Giustizia! Progresso! Adesso! Adesso!

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(1) Nel 2014 ho pubblicato 52 articoli per il “BLOG” e soli 3 articoli per la categoria “PRODOTTI” con circa 31.000 visualizzazioni globali e con circa 1.600 visualizzazioni mensili
(2)L’uomo col megafono” è scritta e interpretata da Daniele Silvestri e fa parte dell’album “Prima di essere un uomo”, pubblicato nel 1995. Con questa canzone Daniele Silvestri partecipò al Festival di Sanremo del 1995.

 

Blue Economy

In natura non esistono rifiuti. E nemmeno disoccupati. Tutti svolgono un compito e gli scarti degli uni diventano materia prima per gli altri”.

Consiglio a tutti la lettura dell’interessante libro “Blue Economy – 10 anni, 100 innovazioni, 100 milioni di posti di lavoro” di Gunter Pauli (1). Si tratta di un testo fondamentale dell’ambientalismo scientifico e della bioimitazione che si fonda sul fatto che l’economia, per essere prospera e per consentire il vero progresso dell’umanità, deve iniziare copiare la natura e la sua capacità di utilizzare continuamente le risorse, senza produrre né rifiuti né sprechi.

La natura segue un ciclo circolare nel quale gli scarti di un processo diventano indefinitamente materie prime o “nutrimenti” di un altro processo, senza sprechi se non quelli energetici. I sistemi economici e produttivi attuali, invece, seguono un andamento lineare dove gli scarti di un processo non possono essere più utilizzati e vanno ad “intasare” – con inquinamento e disequilibri – il sistema Terra. La soluzione sta tutta nella corretta riprogettazione dell’economia e nella corretta produzione dei beni futuri, in modo tale che non siano concepiti per diventare in fretta rifiuti ma siano visti come “servizi” che devono assolvere ad un compito e, una volta terminato, possano essere reimmessi nel sistema creando nuova ricchezza senza provocare danni.

Secondo l’autore non bisogna credere all’illusione di rincorrere la “Green Economy” perché essa si basa sugli stessi errori dell’economia tradizionale: crescita e intervento spinto per modificare la natura. Per questo la green economy sarà tanto disastrosa quanto quella che l’ha preceduta. L’obiettivo, invece, è quello di perseguire la “Blue Economy(2), un’evoluzione della green economy che non richiede alle aziende di investire di più nella tutela dell’ambiente ma che si propone di creare posti di lavoro e benessere attraverso lo sfruttamento dei principi di base di funzionamento della natura: in particolare attraverso il corretto uso delle materie e dell’energia.

Il libro, oltre a soffermarsi sugli aspetti teorici della questione, racconta anche interessanti storie di imprenditori illuminati che, in giro per il mondo (e anche in Italia) hanno iniziato da tempo il percorso di imitazione della natura e, udite udite, hanno avuto anche successo imprenditoriale.

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(1) Gunter Pauli è un economista, imprenditore e scrittore belga inventore della blue economy e fondatore di ZERI (Zero Emission Research Initiative), una rete internazionale di scienziati, studiosi ed conomisti he si occupano di trovare soluzioni innovative alle principali sfide cui le economie e la società sono poste di fronte, progettando nuovi modi di produzione e di consumo. Gunter Pauli è autore di numerosi libri, tradotti in più di 30 lingue.
(2) La “Blue Economy” si basa sui seguenti principi

 

Le “Giornate della Terra”

Ieri, 22 aprile, si è svolta la “Giornata della Terra”, un’iniziativa molto interessante nata negli anni ’70 per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle tematiche ambientali e sulla necessità di conservazione delle risorse naturali. Ora, giunti alla 44^ edizione, ci sono però ancora numerosissime e importantissime cose da fare.

Se è troppo facile celebrare la “Giornata della Terra”, un po’ meno è mettere in pratica azioni concrete per fare in modo di essere, individualmente o collettivamente, il cambiamento necessario. Per evitare che tale manifestazione rimanga solo una valida iniziativa teorica da oggi, e poi per 364 giorni fino al prossimo 22 aprile, ognuno di noi dovrà impegnarsi seriamente ad agire in prima persona – talvolta rinunciando a qualcosa per guadagnare qualcos’altro – per dimostrare concretamente il proprio impegno a favore della Madre Terra.

In particolare dovremo, per citarne alcune:

limitare l’uso e il consumo del territorio          non sprecare energia          impegnarsi ad usare energia proveniente solo da fonti rinnovabili          limitare il consumo sia dei prodotti finiti che delle materie          limitare e possibilmente evitare il consumo di carne          limitare il consumo dei pesticidi          eliminare il consumo di erbicidi          consumare prodotti e favorire le economie locali          limitare la deforestazione          essere informati sui prodotti che acquistiamo          esercitare il controllo sull’azione politica e amministrativa          scegliere solo finanza etica e, se possibile, limitare comunque la finanza speculativa          limitare l’utilizzo delle auto private e usare maggiormente i trasporti collettivi          preferire la bicicletta per la mobilità urbana          limitare i voli aerei          salvaguardare gli animali selvatici          salvaguardare gli ambienti selvaggi          salvaguardare il paesaggio          difendere le popolazioni indigene          limitare la produzione di rifiuti          separare e riciclare sempre meglio i rifiuti prodotti          non inquinare il suolo, l’aria e i mari          effettuare scelte di consumo orientate verso i prodotti ecologici          riutilizzare e recuperare i vecchi prodotti…

… e se avete altre idee che non ho indicato, sono le benvenute!

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Per approfondire: Earth Day Italia; Earth Day Network