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Il funerale di Windows XP

Oggi, 8 aprile 2014, sarà l’ultimo giorno di vita del sistema operativo Windows XP e, a partire dalla mezzanotte, non ci saranno più aggiornamenti di sicurezza e il software sarà, entro breve, destinato inesorabilmente a morire. Troppo elevato è infatti il rischio che il computer possa essere esposto a rischi di crash o, peggio, ad attacchi di virus che ne possano compromettere definitivamente la funzionalità.

Attualmente si stima che il sistema operativo XP sia ancora utilizzato da quesi il 30% degli utenti che si collegano a internet, ovvero poco meno di 600 milioni di persone nel mondo.

Secondo le indicazioni di Windows questi “quattro gatti” hanno due sole possibilità:

  1. buttare il loro PC (magari ancora perfettamente funzionante) e comperarne uno nuovo che abbia già preinstallato Windows 8.1;
  2. Comperare la licenza di Windows 8.1, da installare sul vecchio PC ad esso compatibile.

In sostanza si tratta della cosiddetta “obsolescenza programmata“, una pratica assurda sulla quale, in Italia, ci sono state delle interessanti proposte di legge ma che non è ancora stata disciplinata con chiarezza da un punto di vista normativo. Nell’ambito del settore informatico essa consente ad un qualsiasi imprenditore di prendere una decisione… et voilà, in poco tempo, circa 600 milioni di macchine, inquinanti e che hanno richiesto notevole energia e materie per essere prodotte (spesso addirittura ancora perfettamente funzionanti), devono essere mandate al macero per far posto ad altre 600 milioni di macchine che in pochi anni saranno obsolete e dovranno essere buttate per far posto ad altre macchine che…

L’alternativa a questa abberrante politica industriale che minaccia seriamente la sostenibilità dell’industria e che dimostra la stupidità dei comportamenti umani è quella di usare software libero, slegato dai brevetti e dalle licenze d’uso a pagamento, sia come sistema operativo (ad es. Linux-Ubuntu) sia come gestore di altre applicazioni (es. Libre Office per il pacchetto “ufficio”). Ciò consente di far durare a lungo il PC pur avendo gli stessi servizi forniti dai software a pagamento che, invece, nella logica del consumismo, li rendono prematuramente obsoleti.

IBM X40Io, ad esempio, che sono passato al software libero qualche anno fa quando Windows 2000 mi è andato definitivamente in crash, sto utilizzando ancora un vecchio IBM X40 del 2003 sia per i miei svaghi che per ragioni professionali. Il PC funziona bene ed è sufficientemente veloce, ma lo avrei buttato già da qualche anno se non avessi seguito la strada del software libero.

P.S. Per info sul software libero e sull’uso di vecchi PC perfettamente funzionanti eventualmente contattare l’Associazione OS3 di Verona.

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Foto: la tastiera oramai consunta del mio PC IBM X40

 

Dimmi che font usi e ti dirò chi sei

È proprio vero che l’informazione di massa – quella a cui possiamo accedere, in primis, mediante televisioni e giornali – ci racconta un po’ quello che vuole, tanto da far sembrare delle vecchie idee come delle assolute novità. (1)

È il caso dello studente quattordicenne Suvir Mirchandani di Pittsburgh, Pennsylvania, che, intervistato dalla Cnn, fa addirittura un appello indiretto al presidente Barak Obama affinché sia il garante di un considerevole risparmio di inchiostro – e di denaro – nella stampa dei documenti pubblici. Suvir, nel passaggio dalle scuole elementari a quelle medie si accorge quanto aumenti il numero delle fotocopie distribuite dalla scuola agli studenti. Facendo un po’ di conti, il ragazzo osserva che, oltre alla carta e all’usura delle macchine, a pesare sul costo delle fotocopie è anche l’inchiostro utilizzato che, in termini di prezzo, non è affatto economico. Nel partecipare, poi, ad un progetto della scuola finalizzato a ridurre gli sprechi e a risparmiare soldi, Suvir pensa a come poter tentare di ridurre le notevoli spese per l’inchiostro, visto che il risparmio energetico è spesso garantito dalla macchina mediante sistemi di spegnimento automatici e quello della carta è garantito dalla stampa fronte-retro. Suvir ragiona su una cosa che può sembrare ovvia e, come prima cosa, inizia a raccogliere le varie dispense che gli vengono distribuite e ad analizzare dal punto di vista tecnico e grafico le lettere utilizzate. Con l’aiuto di un software commerciale (APFill Ink) si spinge poi a valutare quanto inchiostro consumano i diversi font principalmente impiegati (Century Gothic, Comic Sans, Garamond, Times New Roman) e quali siano le differenze tra gli stessi. Dal calcolo emerge che il font più efficiente è il Garamond – caratterizzato da tratti grafici più sottili – che arriva a far risparmiare anche fino al 24% di inchiostro rispetto a quelli meno efficienti. La sua ricerca si spinge anche più in là e, oltre a quantificare il risparmio di inchiostro per la sua scuola (circa 21.000 $ l’anno), osserva che se l’enorme quantità di documenti federali fossero stampati con font Garamond al posto del più comune Times New Roman, il governo USA risparmierebbe ben 136 milioni di dollari l’anno in inchiostro e, se lo facesse anche ogni stato americano, la cifra arriverebbe a 370 milioni, con un risparmio globale maggiore di 400 milioni.

Dall’articolo sembrerebbe che il “genietto” Suvir abbia scoperto l’acqua calda e debbano essere a lui attribuite particolari doti di analisi della realtà che nemmeno i migliori geni matematici del MIT o di Harvard hanno mai osato valutare.

Ricordo, però, che questo problema, come anche le soluzioni, non sono nuove. Qualche anno fa (ne ho parlato anch’io su questo blog) Colin Willems, con il contributo di SPRANQ Creative Comunications di Utrecht, in Olanda, ha fatto gli stessi calcoli e si è spinto addirittura oltre producendo lui stesso un font (Ecofont), da impiegare nelle stampe per risparmiare il 20% di inchiostro rispetto ai font tradizionali. Ecofont, a differenza del font Garamond a cui fa riferimento Suvir, ha qualcosa in più: è svuotato graficamente da fori trasparenti (in sostanza è bucherellato) che non ne pregiudicano la leggibilità nei formati di stampa più comuni.

Cari utenti, cari impiegati, caro presidente Obama e cari presidenti e primi ministri del Mondo, sappiate che le buone idee per garantire maggior efficienza e sostenibilità ci sono già e spesso sono gratuite tanto da non richiedere per forza enormi investimenti per renderle operative. Nel caso della stampa dei documenti è sufficiente che iniziate ad utilizzare, già da ora, i font Garamond o, meglio, dopo averlo acquistato, il font Ecofont. Metteteli predefiniti nei vostri computer: l’ambiente e il vostro (e nostro) portafogli ringrazieranno!

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(1) La cosa non è grave, ma noi “ambientalisti” ne parliamo da anni. Voi, dove eravate?

Fonte: Corriere della Sera

 

Bioimita – Anno Primo

Oggi, primo gennaio, Bioimita compie ufficialmente un anno di vita e, lo devo dire, sono veramente soddisfatto di quello che, tra mille peripezia, in questo 2013 appena trascorso sono riuscito a pubblicare compatibilmente con i miei numerosi impegni di lavoro e familiari: 106 articoli per il “BLOG” e 56 articoli per la parte “PRODOTTI”.

Lo ritengo un ottimo risultato – che corrisponde a circa un articolo pubblicato ogni tre giorni – che mi vede operare nei ritagli di tempo, sui treni, sugli autobus, nelle stanze d’albergo, quando sono solo al ristorante e in qualsiasi luogo dove sia possibile scrivere su un pezzo di carta o su un computer. Quando mi viene un’idea mentre sono in auto perché sento qualcosa alla radio o vedo fuori dai finestrini qualcosa che desta la mia curiosità, me la continuo a ripetere in testa per non dimenticarmelo e, poi, scrivo su tutto quello che mi capita a tiro: dal telefono cellulare ai foglietti volanti che trovo poi sparsi in tutte tasche dei pantaloni e delle giacche.

A prima vista potrebbe sembrare uno sforzo eccessivo rispetto a quello che ne ricavo, ma mi diverto e sono appagato da quello che faccio. E questo è già più che sufficiente.

In questo primo anno di vita Bioimita ha ricevuto circa 12.000 visite globali che, se paragonate a Google o a Facebook, sono un’inezia che loro raggiungono in qualche decimo di secondo, ma che per me è tanto. Oserei dire tantissimo. E di cui vi voglio ringraziare di cuore. Uno per uno se vi conoscessi tutti.

L’obiettivo primario per il 2014 è quello di essere almeno in grado di mantenere lo stesso ritmo del 2013. In più, se fosse possibile, desidererei ampliare il ventaglio comunicativo utilizzando i social network e, magari, cercando anche uno o più collaboratori che condividano le idee che stanno alla base di Bioimita e che mi supportino nella redazione e nella pubblicazione degli articoli e del materiale vario.

Se siete interessati fatevi pure avanti comunicandomelo all’indirizzo: alessandro.adami@bioimita.it. Sarete contattati e… non si sa mai!

Con queste prospettive non si può che augurare un bel Tanti Auguri a Bioimita e… Buon 2014.

La storia delle cose

Desiderate capire un po’ di più Bioimita e la bioimitazione?

Bene. Prendetevi una ventina di minuti, rilassatevi sulla sedia, distendete le gambe e guardate questo bel video…

… che vi chiarirà parecchie cose sugli oggetti che ci circondano e sull’effetto diretto e indiretto che hanno sulle nostre misere esistenze.

Come dice la presentatrice: “Quando le persone inizieranno a vedere e capire tutti i collegamenti tra i vari aspetti del nostro sistema lineare, esse saranno in grado di percepire qualcosa di nuovo rispetto al passato e saranno così capaci di immaginare un sistema che non butta via risorse e persone. Ciò che dobbiamo buttare via, invece, è solo la nostra mentalità usa e getta”.

Per approfondire: www.storyofstuff.org

 

Vita da cavernicoli

Per fugare qualsiasi dubbio e possibili critiche desidererei precisare un concetto molto importante: Bioimita, attraverso la bioimitazione, NON È e NON VUOLE ESSERE un ritorno al passato che anela ad una vita da cavernicoli. Anzi, Bioimita si propone l’esatto contrario e desidera operare una rivoluzione culturale verso la modernità e il progresso.

La strada che ha pensato di percorrere per raggiungere tale risultato è quella dell’imitazione della natura in tutte le sue sfaccettature di funzionamento, da applicare a tutte le attività umane. Da quelle produttive a quelle sociali.

Partendo dall’inizio, se è vero che l’evoluzione opera minuscoli cambiamenti nell’arco di centinaia di migliaia di anni (se non di milioni) è allora molto probabile che l’uomo (ma anche altri animali abitanti di questo pianeta) non abbia avuto il tempo di adattarsi al mondo industriale odierno. Il nostro corpo, ad esempio, non è fatto per stare tutto il giorno davanti ad uno schermo luminoso e, difatti, stare troppo seduti fa male alla salute. Per tali ragioni si potrebbe pensare che un ritorno al passato, non necessariamente all’era pre-industriale ma, magari, ancora prima a quella pre-agricola, possa essere meglio per noi e per l’ambiente perché ci espone a minori malattie “moderne” (tipo diabete, cancro o a quelle cardiocircolatorie legate alla sedentarietà) e consuma meno risorse.

È però altrettanto vero che non tutti gli organismi si riescono ad adattare perfettamente all’ambiente che abitano. Anzi, essi sono in costante evoluzione e non vi potrà mai essere un momento in cui saranno perfettamente evoluti ad un dato sistema. L’evoluzione ad un dato ambiente è, per fare un esempio, come il cane che gioca con la sua coda e la vuole prendere ma, ad ogni tentativo di rotazione e di slancio, la coda gli scappa dalla bocca in una sequenza infinita (e divertente).

Nella nostra storia su questo Pianeta oramai siamo arrivati ad un dato punto – quello attuale – e il percorso del passato, anche se spesso sbagliato, non si può cancellare con un banale colpo di spugna. Ecco che, allora, per cercare di avere opportunità di sopravvivenza e di benessere per il futuro è necessario prendere in mano una nuova filosofia di vita che la bioimitazione si propone di enunciare.

In sostanza bisogna iniziare ad abbandonare l’idea di forzare a tutti i costi la natura – magari anche attraverso pratiche assurde come quelle delle modificazioni genetiche, delle modificazioni atomiche (nanotecnologie), della geoingegneria o delle fonti radioattive per la produzione di energia –  ed è invece necessario concentrare gli sforzi su come si può proficuamente copiarne il funzionamento traendo il massimo beneficio per noi, per gli altri abitanti del Pianeta e per il Pianeta stesso.

A me sembra che solo così possa funzionare e che solo la bioimitazione potrà essere l’unico vero progresso per il futuro.

 

La faccia della luna

Il loro nome e il modo di presentarsi sul palco con maschere raffiguranti teschi sono carte d’identità piuttosto particolari per il gruppo musicale friulano dei Tre Allegri Ragazzi Morti, che si muove in bilico tra il mercato discografico “ufficiale” e quello underground.

Se il nome e i modi potrebbero sembrare un po’ cupi, quello che non è affatto oscuro, ma manifestato con assoluta limpidezza, è la loro idea di rispetto della natura e di relazioni profonde tra tutti gli esseri viventi.

Nella canzone “La faccia della luna” scrivono:

[…] Avevo un giorno un campo in mezzo ad altri cento ci coltivavo more e fiori e un po’ di sentimento. I fiori sono morti e le more avvelenate senza pensarci troppo hanno usato il trattamento. Ho provato a dirlo agli altri guardate che sbagliate se il grillo torna al campo anche voi ci guadagnate Ascoltate tutti quanti guardate che sbagliate se il grillo torna al campo anche voi ci guadagnate. Hanno ammazzato i grilli sterminato le formiche esiliato talpe e topi ed impiccato me. La faccia della luna oggi è bruna non è che non ci sia ma è come fosse andata via…

 

Topten | Prodotti efficienti

Topten è una guida on-line gratuita nata con lo scopo di fornire ai consumatori strumenti pratici per risparmiare energia e combattere i cambiamenti climatici scegliendo, in fase di acquisto, prodotti efficienti.

L’obiettivo è quello di permettere ai consumatori di trovare, velocemente, i migliori prodotti in vendita che soddisfino i seguenti requisiti:

  • consumino poca energia
  • siano rispettosi dell’ambiente
  • abbiano una buona funzionalità
  • non siano nocivi per la salute
  • siano di qualità elevata.

Per valutare tali caratteristiche Topten, che desidera rimanere competente, trasparente e neutrale rispetto ai produttori, analizza e valuta i test effettuati da istituti riconosciuti, le etichette e le indicazioni del produttore.

Il sito Topten è nato nel 2000 in Svizzera e rapidamente si è diffuso in tutta Europa. Oggi ne fanno parte 20 Paesi, tra cui gran parte di quelli europei, gli USA, la Cina e, a breve, l’India. L’obiettivo di Topten è quello, primario, di far maturare delle scelte di acquisto consapevoli verso l’efficienza energetica e, secondariamente, di ingaggiare una sfida tra i produttori alla messa in commercio di beni sempre più performanti, indipendentemente dalle normative esistenti nei vari Paesi.

Si pensi che il settore elettrico – che contribuisce per il 37% delle emissioni di CO2 in atmosfera – all’interno dei propri prodotti ha un’energia “nascosta” rappresentata dall’inefficienza, che esiste perché la tecnologia con cui sono stati costruiti non consente di ridurre l’assorbimento inutile (o spreco) di elettricità. Si pensi anche che Europa, USA e Cina contribuiscono per il 55% delle emissioni mondiali di CO2 e il raggiungimento di traguardi di efficienza consentirebbe di risparmiare milioni di tonnellate di CO2 emesse in atmosfera.

Per questo non è cosa banale attaccare la spina di un congelatore qualsiasi, premere il pulsante di una lavatrice qualsiasi, girare la chiave di un’auto qualsiasi.

 

Il disco rotto

A casa non ho la televisione ma quando dormo in albergo per missioni di lavoro (1) mi capita spesso di trascorrere le mie serate, stanco e svogliato, in camera davanti all’elettrodomestico infernale. Ciò che mi attrae di più (mi potrei vedere un bel film ma, lo so, sono masochista) sono le trasmissioni dove si dibatte di politica e di società: i cosiddetti talk-show dove un giornalista spesso finge di domare eminenti politici o influenti opinionisti che dibattono della loro visione del mondo e dove spesso finge anche di fare, con domande ovvie e preconfezionate, il suo mestiere di giornalista/“mastino del potere”.

Questa routine si ripete da anni e da anni vedo sempre gli stessi politici, gli stessi giornalisti, gli stessi sindacalisti, gli stessi opinionisti, gli stessi esperti economici che si illudono di convincere i telespettatori delle loro idee e delle loro ricette “per il bene degli italiani” e “per le riforme del Paese”, senza rendersi conto che, invece, cercano solo di autoconvincere sé stessi sulla bontà dei concetti espressi, spesso invece ovvi e banali. Questo, sia ben chiaro, non vale per tutti, ma per una buona parte di loro è assolutamente vero.

Ad avere una macchina del tempo potremmo mettere la manovella in una serata a caso di questi ultimi trent’anni e potremmo osservare la circolarità dei discorsi televisivi. Una sorta di disco rotto che, arrivato al difetto, ritorna al punto di partenza in una sequenza infinita, lamentuosa e cacofonica.

Ad osservarli bene gran parte dei loro discorsi sono incentrati sulle questioni economiche e sociali: la crisi, le tasse, la casa, la giustizia, il lavoro relativamente ai quali partoriscono solamente soluzioni semplicistiche che non hanno né un riferimento al passato (per capire l’andamento dei fenomeni e gli errori) né una proiezione nel futuro (per sognare un risultato), ma poggiano esclusivamente nel presente. Quasi mai si parla di etica (quella vera), di responsabilità (è sempre quella degli altri) e di credibilità della politica (quella vera), che impone anche le dimissioni dell’esponente incauto (o furbo) prima che la giustizia abbia esaurito il suo corso.

Mai si parla di quella che, secondo il mio modesto parere, è la causa prima dei diversi sintomi osservabili intorno a noi: i limiti dello sviluppo (2) e l’insostenibilità complessiva del nostro sistema economico, produttivo e sociale. Se non capiamo questo e non iniziamo seriamente ad interrogarci sul fatto che per risolvere il problema del lavoro, il problema delle tasse, dei servizi, della competitività, della scuola il sistema deve essere radicalmente riformato, non ne veniamo fuori.

Cari commentatori (almeno voi che avete la mia stessa percezione) non abbiate paura ad iniziare a parlarne perché, volenti o nolenti, è giunto il tempo di cambiare il disco e di suonare una musica nuova.

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(1) Oramai quasi settimanalmente

(2) Nel 1972 il Club di Roma aveva commissionato ad eminenti scienziati del MIT di studiare quali fossero le prospettive future dell’umanità, basandosi sul contesto economico e sociale del tempo. Tale rapporto fu pubblicato con il titolo “I limiti dello sviluppo“.

Il mancato ritorno delle rondini

Si sono appena concluse, con i ballottaggi, le elezioni amministrative per la nomina dei sindaci e delle giunte comunali.

Nella campagna elettorale si è parlato, come al solito, di infrastrutture, di ospedali, di progresso, di piani di assetto del territorio, di patto di stabilità, di servizi, di biblioteche, di concessioni, di mense scolastiche, di sicurezza e chi più ne ha più ne metta.

Nel mio comune nessuno tra i candidati – ma credo che in Italia siano stati molto pochi a farlo – si è preoccupato anche del mancato ritorno delle rondini.

E questo è un grave problema perché se vogliamo veramente intraprendere quella “rivoluzione ecologica” da molti invocata come soluzione alla crisi economica, ecologica e sociale di questi anni, non possiamo tralasciare anche questi temi che sembrerebbero apparentemente insignificanti rispetto alla cassa integrazione, alla chiusura delle attività produttive o ai tagli alla sanità ma che, invece, rispecchiano un nuovo approccio, indispensabile per poterla realizzare compiutamente. La “rivoluzione ecologica” si avrà solo attraverso una radicale modifica dell’atteggiamento culturale e non potrà invece assolutamente realizzarsi se rimarranno inalterate le fondamenta ideologiche che ci hanno portato in questo pantano.

 

“Grazie a Lei la Terra vivrà più a lungo”

Grazie a Lei la Terra vivrà più a lungo.

Insieme possiamo contribuire a preservare la salute dell’ambiente, anche con un piccolo gesto come quello di rinunciare al cambio degli asciugamani. Meno cloro e detergenti nei fiumi e nei mari, più acqua per la terra.

A dimostrazione dell’impegno di XXX, questo messaggio e tutti gli altri che troverà nella stanza, sono realizzati utilizzando solo carta riciclata.

PER RICHIEDERE IL CAMBIO DEGLI ASCIUGAMANI LI LASCI ALL’INTERNO DELLA VASCA O DELLA DOCCIA.

Come non essere d’accordo con questo messaggio riportato nella stanza di una importante catena alberghiera che frequento da tempo per soggiorni lavorativi?

Il problema è che gran parte delle cose scritte a mio avviso non rappresentano, per l’organizzazione in oggetto, un percorso convinto verso la sostenibilità ambientale ma, piuttosto, un’asettica comunicazione commerciale volta ad enfatizzare le virtù aziendali su un argomento “di moda”, senza troppa convinzione pratica.

Con molta umiltà e senza riferimenti specifici perché non è mia intenzione agire direttamente verso tale azienda, proverei ad utilizzare questa interessante comunicazione per analizzare le motivazioni di tale mia considerazione e per proporre vere soluzioni per raggiungere, a piccoli passi, con piccoli miglioramenti continui – sia culturali che tecnici – l’obiettivo della concreta sostenibilità ambientale.

  1. Innanzitutto, nel titolo della comunicazione, è totalmente sbagliata la considerazione che, attraverso comportamenti virtuosi da parte del cliente, la Terra vivrà più a lungo. La Terra, almeno per qualche miliardo di anni – salvo collisioni con asteroidi di grandi dimensioni che si trovassero a transitare sulla sua traiettoria – non avrà alcun problema di sopravvivenza. Quello che, invece, è messo in discussione è la sopravvivenza sul pianeta Terra della razza umana o, tuttalpiù, la sopravvivenza della civiltà e del benessere raggiunto.
  2. Nel messaggio è enfatizzato il fatto che tutte le comunicazioni informative che si trovano nella stanza sono realizzate su carta riciclata. Obiettivamente mi sembra un po’ pochino che solo le comunicazioni ambientali siano effettuate in carta riciclata. E la carta igienica? I tovaglioli, i fogli per appunti? E cosa dire dei saponi, della pulizia della stanza o quella delle lenzuola? E il cibo offerto? Oppure la gestione delle aree verdi e dei trasporti?
  3. Nonostante i miei numerosi tentativi provati e riprovati durante tutti i soggiorni che ho fatto, gli asciugamani mi sono sempre stati cambiati quotidianamente, in aperto disaccordo con la politica ambientale proposta che prevede il cambio solo se lasciati all’interno della vasca o della doccia.

In effetti io sarò particolarmente esigente e, magari, un po’ più preparato della media per valutare l’effettiva sostenibilità ambientale di un’attività produttiva ma, quasi certamente, non premierei un’attività imprenditoriale che professa un percorso di responsabilità ambientale che poi non rispetta e non migliora nel tempo. Ovviamente darei più credito a quelle aziende che si dimostrino concretamente virtuose sull’argomento ma, onestamente, premierei più volentieri anche quelle piccole e a conduzione familiare che non fanno ancora nulla ma che si dimostrino sensibili al tema.

Sono fermamente convinto che la sostenibilità ambientale non sia un bollino da apporre sul sito internet o sulla carta intestata e nemmeno sia un elemento del marketing, come può essere il bel sorriso di una modella o la notorietà di una persona dello spettacolo.
Essa è un percorso concreto, anche silenzioso e invisibile, che ci deve porre seriamente in una nuova dimensione rispetto al mondo che ci circonda.

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Foto

Chi fa le leggi non ha mai visto un albero

«Ho voglia di morire, sono stufo di questi ipocriti» dice lo scrittore-alpinista Mauro Corona intervistato dal giornalista de La Stampa. «Sono stanco di lottare contro i nemici che ho nel mondo della letteratura, in quello dell’alpinismo, ovunque. Vado a vivere in una baita e me ne resti lì. Ma prima volevo fissare alcuni concetti: per questo ho scritto “Confessioni ultime“, il libro che sto per pubblicare».

Alla domanda del giornalista se nel libro ci sia un qualche pensiero a tutela della montagna Corona risponde: «La tutela della montagna è inversamente proporzionale al numero delle persone che se ne occupano. Servono la miseria e la fame: quando torneremo a farci dare il cibo dalla montagna, impareremo a rispettarla».

All’ulteriore osservazione del giornalista relativa all’inserimento delle Dolomiti nel patrimonio dell’UNESCO quale strumento di protezione delle montagne Corona replica: «Macchè riconoscimento, quello è solo marketing».

Quando poi il giornalista fa riferimento alla protesta degli ambientalisti contro il sindaco di Ortisei che vuole spostare i confini di uno dei siti UNESCO delle Dolomiti (1) per consentire il potenziamento di una cabinovia lo scrittore risponde: «Penso che viviamo in una “democratura”, un misto tra una democrazie e una dittatura. Penso che dovremo insegnare ai nostri bambini a sputare sui soldi. Chi porta avanti progetti come questi ha in testa l’ineccepibilità del disastro e pensano che ogni tanto sia necessario distruggere un po’ di bosco per sentirsi vivi. Andando avanti di questo passo la gente scenderà in piazza con le armi».

E quando il giornalista replica chiedendogli se la gente scenderà in piazza anche per questioni marginali come quelle della Val Gardena Corona conclude: «Per la Val Gardena e per la Val di Susa. Vorrei che le leggi le facessero i paesi, non quei signori di Roma che non sanno nemmeno come è fatto un albero!».

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(1) Il sindaco di Ortisei Ewald Moroder sottoporrà al Consiglio comunale una delibera che prevede lo spostamento dei confini del Parco Naturale Puez-Odle (che è uno dei siti UNESCO italiani e che è anche habitat Natura 2000) per consentire il potenziamento della cabinovia 3S del Seceda. Nè il regolamento del Parco nè il vincolo Natura 2000 ammettono nuove costruzioni e una tale decisione potrebbe comportare l’esclusione del Parco Puez-Odle dai siti UNESCO.

Foto: Scultura autoritratto di Mauro Corona

Fonte: La Stampa del 27.04.2012

Oroeco | Eco data-base

Se desideri conoscere quale sia il contributo all’inquinamento del Pianeta del prodotto che stai acquistando, con Oroeco lo potrai sapere. Oroeco, infatti, si propone di essere un enorme data-base nel quale sono raccolti i dati delle performance ambientali dei principali prodotti in commercio da poter consultare in occasione degli acquisti allo scopo di effettuare scelte consapevoli di sostenibilità ambientale.

Il progetto nasce negli Stati Uniti grazie alla collaborazione di ricercatori del MIT nonché delle università di Stanford e di Berkley, e si basa sull’assunto molto semplice che il consumo può avere effetti più o meno negativi sull’ambiente.

Dal momento che il mercato globale della produzione e del commercio ci impedisce di sapere quali siano i reali flussi delle materie e i processi produttivi impiegati magari dall’altra parte del globo, con Oroeco si potrà tracciare l’impronta lasciata da un determinato prodotto sull’ambiente e valutare cosa preferire tra scelte simili.

Per ora Oroeco è solamente un progetto sperimentale che sta cercando finanziamenti per la messa in funzione ma esso rappresenta un’interessante idea: quella che attraverso scelte di consumo consapevole si possa migliorare veramente il mondo sia diminuendone l’inquinamento e il prelievo di materie, sia “costringendo” i produttori a scegliere, nell’ottica della sana concorrenza, le migliori pratiche produttive per non perdere importanti quote di mercato.

Se non necessariamente attraverso Oroeco, siate comunque critici nei vostri consumi dal lato della sostenibilità. Vedrete che non tarderanno a comparire concreti risultati di miglioramento nel sistema produttivo.

Bioimita: nascita di una consapevolezza culturale

Dal mio punto di vista è impressionante vedere come le discipline scientifiche che si occupano di ecologia, i movimenti ambientalisti, il giornalismo scientifico, alcuni intellettuali e imprenditori “illuminati” si prodighino da anni (almeno 30 e forse più) a scrivere dei problemi ecologici, sempre più chiari, che affliggono il Pianeta e le comunità umane che in esso vivono.

Vista questa enorme mole di informazioni teoriche si potrebbe ipotizzare che le cose stiano progressivamente migliorando. Invece, nonostante tutti questi sforzi, al di là di qualche lieve miglioramento in ambiti circoscritti, i principali dati che attestano la salute della Terra – anche perché sempre più precisi e accurati – sono sempre più negativi e non ci fanno ben sperare per il futuro. Il cambiamento climatico accelera; la disponibilità di cibo e di risorse (sia rinnovabili che non rinnovabili) scarseggia, i rifiuti aumentano, la biodiversità diminuisce, la popolazione mondiale cresce, gli ecosistemi sono fortemente sotto pressione, la ricchezza è sempre meno equamente distribuita…

Le soluzioni a tutto ciò possono avere due origini: una politico-giuridica che impone leggi, regolamenti, sanzioni e responsabilità; l’altra, economica, che si muove nell’ambito della produzione e dei consumi.

Se la prima è coercitiva, cioè obbliga a determinati comportamenti indipendentemente dalla volontà, la seconda nasce da scelte critiche individuali, maturate nel contesto di una consapevolezza culturale.

Bioimita si vuole preoccupare di questa seconda sfera e, allo scopo, propone, all’interno di un alveo di principi ben definiti, un percorso culturale di approfondimento attraverso il proprio blog e un percorso pratico dove consiglia prodotti e servizi già presenti sul mercato che consentono di intraprendere concretamente, attraverso scelte di consumo, una via verso la sostenibilità ambientale. Il punto di partenza è che le soluzioni non debbano essere il frutto di chissà quale tecnologia o di chissà quale manipolazione ingegneristica della biologia o della materia ma debbano essere ricercate nel luogo più ovvio: la natura stessa.

Nella consapevolezza che il percorso non è lineare e che le cose da studiare e da scoprire sono ancora molte Bioimita si propone di aprire la via ad un nuovo modo di pensare che possa contribuire a rendere meno pesante la nostra impronta sulla Terra e sia in grado di garantire più facilmente un futuro ancora prospero alle generazioni che verranno.