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Chi conosce il pangolino?

Anch’io, che sono un appassionato di animali e quando ero bambino letteralmente “divoravo” libri che ne parlavano e ne riconoscevo una grande quantità fin dalla tenera età, faccio fatica a mettere a fuoco il pangolino. So, bene o male, che forse potrebbe assomigliare vagamente ad una specie di faina ma non ne ricordo bene né il colore e nemmeno ricordo l’habitat in cui vive e di cosa si nutre. Non so neanche bene di che taglia sia. In effetti è un animale di cui si parla poco e che non rientra nemmeno nell’immaginario dei bambini, libri o peluche che siano. Con i nostri figli non ne imitiamo il verso e nemmeno facciamo riferimento ai suoi difetti o alle sue virtù. E questo ci aiuterebbe a riconoscerlo anche a noi adulti.

In effetti si tratta, ora che ho approfondito, di un mammifero un po’ particolare visto che è l’unico che al posto del pelo è dotato di scaglie protettive che lo ricoprono quasi interamente e che gli consentono di appallottolarsi per difendersi in caso di minaccia e di attacco. Esso è una specie di formichiere che vive un po’ ovunque nelle zone tropicali, dall’Africa all’Asia e ne sono stati rinvenuti fossili in Europa e in America settentrionale, a conferma della sua passata ampia diffusione.

Il pangolino, come tanti animali ora che l’uomo è diventato predominante e che ha colonizzato tutti gli ecosistemi, è un animale classificato prossimo all’estinzione da parte dell’IUCN (International Union for the Conservation of Nature and Natural Resources) (1). Le ragioni di tale stato compromesso di conservazione risiedono, purtroppo, sempre nelle due tipiche cause che lo determinano e che lo hanno determinato anche per altri animali: il commercio illegale per ragioni ludiche e la caccia sia per la prelibatezza della carne che per il presunto uso medicinale (nella medicina tradizionale cinese) delle scaglie. Si pensi, ad esempio, che in Vietnam 1 kg di pangolino può arrivare a costare addirittura 200 dollari.

Come osserva il giornale britannico The Guardian, il problema del pangolino è che, soprattutto in alcune aree del mondo come Vietnam e Cina meridionale, oltre ad essere utilizzato nella medicina tradizionale, la sua carne viene considerata una prelibatezza e mangiarlo è considerato una sorta di status symbol che dimostra ricchezza e conferisce una certa posizione sociale. Per tale assurda ragione si calcola che negli ultimi 10 anni siano stati cacciati e uccisi illegalmente più di un milione di pangolini. Questa situazione alimenta, inoltre, sempre di più il bracconaggio e lo estende anche in aree geografiche dove il pangolino non è generalmente cacciato per la sua carne: l’Africa.

Dopo essere venuti a conoscenza di ciò, chi può ancora osare di definire l’uomo “l’essere superiore”? Chi può ancora sopportare di sentire definire l’uomo “l’essere intelligente”? Io personalmente provo disgusto per l’assurdità di questa umana ignoranza – fatta di credenze, superstizioni ma anche di mancata conoscenza del ruolo che hanno gli animali nel mantenimento della salute e dell’equilibrio del Pianeta – e ribadisco la necessità che la biodiversità venga difesa strenuamente non solo da parte degli zoologi, degli scienziati e degli ambientalisti, ma anche che coinvolga, più in generale, il sistema culturale e produttivo attraverso pratiche che la insegnino alle persone e che non contribuiscono, anche solo indirettamente, alla sua distruzione.

È anche troppo semplicistico dire: “E io cosa posso fare?“. Anche se, immagino, non facciamo uso di carne di pangolino, cerchiamo di far sentire la nostra voce, facciamo o aderiamo a campagne di sensibilizzazione e mostriamo profonda indignazione verso tali pratiche, magari anche solo insegnando ai nostri figli il dovere di rispettare gli animali, tutti gli animali, al di là dei soliti animali domestici.

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(1) IUCN – Comitato italiano

 

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