Tag Archives: eco-design
BIQ House: la casa di alghe
Ad Amburgo, nell’ambito dell’International Building Exibition (IBA), Arup ha creato la “BIQ House”, il primo edificio al mondo alimentato totalmente dalla bioenergia prodotta dalle alghe.
In sostanza si tratta di un moderno edificio dotato, sulle facciate poste a sud-ovest e a sud-est, di bio-reattori costituiti da 129 pannelli in vetro riempiti di microalghe. Esse, esposte alla luce, innescano il processo di fotosintesi clorofilliana che permette sia di produrre l’energia termica che alimenta le necessità dell’edificio sia di produrre biomassa che consente di produrre biogas ed energia elettrica nonché di isolare lo stesso edificio dal sole. A seconda delle condizioni climatiche e della stagione cambiano le esigenze dell’edificio che, attraverso gli organismi che lo compongono, si comporta anch’esso come una sorta di organismo vivente. Quando c’è molta luce le alghe cresceranno molto e molto in fretta e produrranno una grande massa ombreggiante isolante dal calore, mentre quando la luce sarà poca le alghe cresceranno limitatamente e consentiranno ai raggi solari di riscaldare l’edificio.
A seguito del prototipo BIQ House Arup prevede che gli edifici di un futuro non troppo lontano assomiglieranno a dei veri e propri organismi viventi dotati di sistemi biologici in grado di autoregolarsi in base al clima e realizzati per consentire un importante risparmio delle risorse naturali del pianeta. Avremo probabilmente edifici in grado di assorbire la luce solare sia per produrre calore che energia.
Forse la BIQ House non sarà proprio ancora del tutto autonoma in termini energetici e forse risulta un po’ troppo macchinosa la produzione del metano dalla biomassa di alghe. Essa però rappresenta comunque un interessante esercizio nell’ottica della bioimitazione e dello sfruttamento di tecnologie pulite che deve essere ulteriormente testato, sviluppato e migliorato affinché, in un prossimo futuro, la tecnologia della biochimica possa essere utilizzata nella produzione e nelle applicazioni di massa.
Per la costruzione della BIQ House Arup ha collaborato con la tedesca Colt International che ha prodotto i bio-reattori, con la tedesca SSC Strategic Science Consult e con lo studio di architettura Splitterwerk di Graz, in Austria.
Ragioniamo per paradossi
Ragioniamo per paradossi e ipotizziamo che, oggi, almeno metà degli italiani abbia buttato un foglio di carta A4 da 80 g nel cestino della raccolta indifferenziata (1). Qualcuno lo ha fatto di proposito, qualcuno non ci ha pensato più di tanto. In tutto fa circa 30 milioni di fogli per un totale di 240.000 Kg di carta che, anziché finire in un centro di riciclaggio per il recupero della cellulosa, finisce in un inceneritore o in una discarica.
Se, poi, questa proporzione si dovesse ripetere tutti i giorni dell’anno si parlerebbe di 87.600.000 (87 milioni circa) annui di Kg di sola carta proveniente dal mancato riciclo di un foglio per persona.
A pensarci bene, avendo ben chiaro cosa siano 87 milioni di chilogrammi, fa venire i brividi! E dimostra, con limpida chiarezza, che il concetto del riciclo dei rifiuti è ambientalmente sostenibile solo a livello teorico. Purtroppo nella pratica questa operazione si scontra con troppe variabili (la cultura, la mancanza di sensibilità, l’inerzia della politica, l’assenza di un servizio pubblico di raccolta, la pigrizia) che vanificano gli sforzi dei cittadini virtuosi e che non fanno ottenere risultati concreti di recupero delle materie e di eliminazione delle discariche e degli inceneritori.
Sarà che dietro i rifiuti – e dietro la loro filiera fino ad arrivare al loro incenerimento – ci sono troppi interessi economici ma è chiaro che il sistema del riciclo ha un pieno valore ecologico solo se funziona come un orologio svizzero. Altrimenti sono solo chiacchiere!
Sì è vero, dirà qualcuno, che ogni anno si recuperano milioni di tonnellate di quella materia o di quell’altro prodotto e le cifre aumentano di anno in anno. Ma perché questo abbia un valore concreto a livello di sostenibilità ambientale deve essere pari al totale. Oramai la pratica del riciclo dei rifiuti è in campo da parecchi decenni e se non è ancora arrivata al livello del 100% significa che, in fondo, c’è qualcosa che non va!
Una possibile soluzione alternativa dovrebbe essere quella di mettere in campo idee e soluzioni nuove. A partire dalla semplice formazione dei cittadini casa per casa, per passare dalla dismissione delle cave e degli inceneritori con lo scopo di dare vita a centri di recupero totale del materiale, fino ad arrivare alla riprogettazione dei prodotti, dalle materie che li compongono alla facile separabilità delle stesse a fine vita.
Purtroppo i tempi cominciano, per mille ragioni, ad essere stretti e non è più tempo di buttare al vento parole… parole… parole…
(1) osservando i comportamenti negli uffici di varie città d’Italia che frequento in qualità di consulente, secondo me le quantità sono molto più elevate rispetto a quelle ipotizzate.
Foto: aliceandmyworld
Buon Compleanno
Qualche giorno fa, il 25 febbraio, è stato il compleanno della vita sulla Terra.
Anche se in ritardo le urliamo “Buon Compleanno”!!!
Per capire il messaggio, che potrebbe apparire un po’ folle, è necessario operare di fantasia e trasporre la formazione del pianeta Terra, la nascita della vita su di esso, la comparsa degli animali più complessi e lo sviluppo delle attività umane all’interno di un ipotetico anno solare.
La Terra nasce il 1 gennaio alle ore 00.01. Il 25 febbraio (circa 3,8 miliardi di anni fa) appaiono le prime elementari forme di vita. Il 28 marzo inizia la fotosintesi clorofilliana. Il 16 di agosto iniziano a comparire le prime forme di vita pluricellulari. Dal 15 novembre inizia l’avventura dei primi funghi, il 22 novembre delle prime piante terrestri, il 24 novembre degli insetti e, a partire dal 2 dicembre, degli anfibi, dei rettili, dei mammiferi (il 13 dicembre), gli uccelli e i fiori. Il 25 dicembre si estinguono i dinosauri (circa 65 milioni di anni fa). Il 31 dicembre alle ore 11.30 gli ominidi iniziano a camminare; alle 23.36 compare l’Homo sapiens alle 23.59 inizia l’agricoltura (circa 10 mila anni fa); alle 23.59 58” inizia la rivoluzione industriale.
[scarica il pdf – Vita sulla Terra]
Alla luce di tale interessante e simpatica trasposizione che vede comparire il protagonismo tecnico-scientifico dell’uomo all’interno del Sistema Terra solo negli ultimi 2 secondi dell’ipotetico anno, come si può credere che lo stesso potrà affrontare i diversi problemi che gli si presentano all’orizzonte solo con l’uso della tecnologia? È una pura follia pensarlo e non concentrarsi, invece, su quello che rappresenta il vero motore e la vera molla di tutto: LA NATURA!
Che prima va rispettata. Poi va capita e studiata. E alla fine va copiata.
Fonte: Biomimicry
Tillandsia usneoides
Il nome sembra una sequenza casuale di vocali e consonanti. Quasi impronunciabili.
In realtà si tratta del nome scientifico di una pianta che appartiene alla famiglia delle Bromeliacee, comprendente circa 500 specie di piante terrestri ed epifite che vivono nel Centroamerica, Sudamerica e nelle Indie occidentali. La Tillandsia usneoides cresce spontanea in Argentina, in Cile e anche nel Sud-Est degli Stati Uniti.
Essa ha steli flessuosi e sottilissimi, di 1 millimetro di spessore, ricoperti da foglie squamiformi di color argento che funzionano come spugne ed assorbono l’acqua e le sostanze nutritive necessarie dall’atmosfera. Questa pianta, infatti, non ha un apparato radicale ma vive sui rami e sui tronchi degli alberi dove forma fitti e lussureggianti festoni. La moltiplicazione di Tillandsia usneoides avviene grazie al vento che spezza i suoi fusti filiformi in tante parti, trasportandole sui tronchi o sui rami, ai quali si fissano.
Alla fine degli anni Quaranta, quando non si faceva ancora uso di materiali sintetici prevalentemente di natura petrolifera, i sedili delle automobili Ford, negli Stati Uniti, erano imbottiti con i fusti essiccati di Tillandsia usneoides. Gli ingegneri e i tecnici della famosa casa automobilistica americana sapevano, infatti, che gli steli e le foglie di questa pianta, una volta secchi, hanno la caratteristica di essere immarcescibili e di godere di ottime proprietà fisiche.
Ancora oggi, Oltreoceano, la Tillandsia usneoides continua ad essere impiegata, anche se in misura sempre più ridotta, come crine vegetale nella fabbricazione di materassi, poltrone e divani.
L’esempio della Tillandsia usneoides ci dice che una produzione industriale più pulita è possibile e che la natura – studiandola approfonditamente magari facendo riferimento anche alle esperienze dei nostri antenati – ci può fornire pressoché tutte le materie di cui abbiamo bisogno senza per forza dover ricorrere alle nanotecnologie, alla chimica di sintesi o agli organismi geneticamente modificati.
Il vero progresso, anziché nei laboratori asettici degli istituti di ricerca, si può nascondere sui rami degli alberi o in un campo di fiori. Bisogna solo saper cercare!!!
Foto: www.karnivores.com
Risorse Future | Calzature
Risorse Future è un progetto del calzaturificio DEFA’S di Monte Urano (FM), città facente parte del distretto calzaturiero del Fermano. L’obiettivo del progetto, realizzato con “EcoMarcheBio”, è quello di produrre calzature ecologiche, sostenibili sia relativamente ai materiali utilizzati che ai processi di lavorazione e distribuzione. Il risultato finale è stata la realizzazione di calzature che, pur garantendo elevato comfort e lunga durata, sono costituite interamente da materiali vegetali (canapa e sughero) oppure con pellami conciati al vegetale.
L’obiettivo di realizzare delle calzature ecologiche si è scontrato con la difficoltà di reperire i giusti materiali ma, soprattutto, con scelte relative al processo produttivo. Infatti la calzatura è il risultato finale di molte fasi di lavorazione che devono essere attentamente valutate e che sono oggetto di un processo di ricerca e di evoluzione che si modifica e si aggiorna nel tempo.
Con riferimento ai materiali, quelli impiegati per le calzature Risorse Future sono:
- CANAPA – La canapa, in fase di coltivazione, non necessita né di erbicidi né di pesticidi. Inoltre il tessuto, fresco in estate e caldo in inverno, è idrorepellente e risulta molto resistente sia agli strappi che all’usura.
- SUBERIS – Si tratta di un foglio di sughero dello spessore di qualche frazione di millimetro incollato ad una base di cotone. Il sughero è un prodotto rinnovabile frutto della natura che risulta impermeabile, antibatterico e antiallergico. Per info: www.suberis.it
- PELLE CONCIATA AL VEGETALE – La concia vegetale viene realizzata utilizzando tannini provenienti dalle cortecce di alcune specie di alberi. La pelle così trattata non contiene sostanze tossiche (coloranti azoici, nichel, pentaclorofenolo, cromo esavalente), nocive per l’uomo o per l’ambiente. Per info: www.pellealvegetale.it
- BIOPLASTICA API – Di derivazione dalla canna da zucchero la Bioplastica Api è una plastica che, solo quando viene inserita nel ciclo dei rifiuti, si degrada velocemente e completamente.
- TEXON COTTON – Questo materiale è realizzato in pura cellulosa di cotone e viene usato come soletta sottopiede. La cellulosa di cotone, che si ottiene dagli scarti della lavorazione della pianta del cotone, è traspirante, ha un’elevata resistenza all’abrasione, è lavabile, flessibile, assorbe il sudore e previene la formazione di cattivi odori. Per info: texon cotton
- COLLANTI A BASE D’ACQUA – Tali collanti, inizialmente ritenuti incompatibili con il processo industriale della produzione calzaturiera ma ora proficuamente impiegati, permettono di ottenere risultati migliori della colla termoplastica.
- JUTA – La juta, che è una fibra vegetale ottenuta da una pianta molto resistente alla salinità, allo stress idrico, alle temperature e agli insetti nocivi, viene impiegata per le stringhe.
Attualmente per la colorazione delle calzature Risorse Future vengono utilizzati coloranti sintetici ecologici privi di metalli pesanti ma si stanno anche testando delle tinture di origine vegetale.
Una parte delle calzature Risorse Future sono “animal-free”, cioè prive di componenti di origine animale. Per tale ragione è stato loro conferito il marchio “Vegan OK ”.
Le calzature Risorse Future sono disponibili per uomo, donna e, da poco, anche per bambino.
Per info: video
Laken | Bottiglie di alluminio
In accordo con il Container Recycling Institute, solo il 14% delle bottiglie di plastica usate per l’acqua viene correttamente riciclato. Di queste bottiglie avviate al riciclo, poi, la maggior parte viene mescolata con altri imballaggi diventando plastica di qualità scadente mentre solo una minima parte di esse può essere ritrasformata in nuove bottiglie.
Le bottiglie in alluminio Laken, invece, sono 100% riciclabili e sono 100% inerti se lasciate in natura. Esse sono ideali sia per i bambini che per gli adulti, da portare al lavoro o a scuola, da usare per le attività sportive o per le gite all’aperto.
Che cosa si intende esattamente per “sostenibilità”? Al di là di essere una parola “di moda” nel marketing e, pertanto, risultare un po’ svuotata di contenuto, sostenibilità sta ad indicare la caratteristica che ha un processo di essere mantenuto ad un certo livello indefinitamente. In sostanza significa garantire i bisogni attuali senza compromettere le possibilità delle future generazioni di garantire i propri.
In quest’ottica sostenibilità per Laken significa:
- Utilizzare l’alluminio quale materia prima: è facilmente e totalmente riciclabile con un minimo dispendio di energia
- Utilizzare materiali riciclati o materiali da fonti rinnovabili per gli imballaggi
- Utilizzare materiali con una minima emissione di carbonio (CO2)
- Utilizzare materiali per i quali vi sia un ampio ed efficiente sistema di gestione dei rifiuti.
Allo scopo di garantire sufficiente salute agli utilizzatori delle proprie bottiglie di alluminio Laken le certifica “BPA Free” (Bisphenol A Free) e garantisce che non vi sia alcuna trasmissione di sostanze pericolose dalle bottiglie ai liquidi contenuti, indipendentemente dalla natura e dalla temperatura degli stessi.
Laken è prodotta interamente in Spagna.
Recreathing | Riuso e riciclo
Scrive Stefania sul suo blog Recreathing, di riuso e riciclo creativo:
“Vivo a Verona con un’ingegnere elettronico e due gatte, ho studiato informatica, sono un ex programmatore e ho una passione nota per le scarpe e la tecnologia. Dopo 18 anni da tecnico ho deciso di cambiare la mia vita e ripartire con qualcosa di nuovo. Da qualche anno cerco rendere il mio stile sostenibile per migliorare il mio stile di vita nel rispetto dell’ambiente. Ho scoperto tardivamente di avere un’anima manuale e ho cominciato a modificare mobili e oggetti per dare delle nuove funzionalità o una nuova vita. Giro per mercatini per trovare mobili a basso costo che stimolino la mia fantasia e li trasformo cercando la soluzione giusta per l’idea che mi si forma nella mente. Inoltre riciclo materiali per dare loro una nuova funzionalità e metto tutti i miei progetti su questo blog.”.
Stefania si è inventata il marchio Recreathing/Recreathink per fornire interessanti indicazioni su come, se dotati di un minimo di manualità e di senso estetico, si possa ridare vita a vecchi oggetti mediante il riuso o se ne possa creare di nuovi mediante il riciclo della materia.
Se siete alla ricerca di un’interessante ispirazione…
Bioimita: nascita di una consapevolezza culturale
Dal mio punto di vista è impressionante vedere come le discipline scientifiche che si occupano di ecologia, i movimenti ambientalisti, il giornalismo scientifico, alcuni intellettuali e imprenditori “illuminati” si prodighino da anni (almeno 30 e forse più) a scrivere dei problemi ecologici, sempre più chiari, che affliggono il Pianeta e le comunità umane che in esso vivono.
Vista questa enorme mole di informazioni teoriche si potrebbe ipotizzare che le cose stiano progressivamente migliorando. Invece, nonostante tutti questi sforzi, al di là di qualche lieve miglioramento in ambiti circoscritti, i principali dati che attestano la salute della Terra – anche perché sempre più precisi e accurati – sono sempre più negativi e non ci fanno ben sperare per il futuro. Il cambiamento climatico accelera; la disponibilità di cibo e di risorse (sia rinnovabili che non rinnovabili) scarseggia, i rifiuti aumentano, la biodiversità diminuisce, la popolazione mondiale cresce, gli ecosistemi sono fortemente sotto pressione, la ricchezza è sempre meno equamente distribuita…
Le soluzioni a tutto ciò possono avere due origini: una politico-giuridica che impone leggi, regolamenti, sanzioni e responsabilità; l’altra, economica, che si muove nell’ambito della produzione e dei consumi.
Se la prima è coercitiva, cioè obbliga a determinati comportamenti indipendentemente dalla volontà, la seconda nasce da scelte critiche individuali, maturate nel contesto di una consapevolezza culturale.
Bioimita si vuole preoccupare di questa seconda sfera e, allo scopo, propone, all’interno di un alveo di principi ben definiti, un percorso culturale di approfondimento attraverso il proprio blog e un percorso pratico dove consiglia prodotti e servizi già presenti sul mercato che consentono di intraprendere concretamente, attraverso scelte di consumo, una via verso la sostenibilità ambientale. Il punto di partenza è che le soluzioni non debbano essere il frutto di chissà quale tecnologia o di chissà quale manipolazione ingegneristica della biologia o della materia ma debbano essere ricercate nel luogo più ovvio: la natura stessa.
Nella consapevolezza che il percorso non è lineare e che le cose da studiare e da scoprire sono ancora molte Bioimita si propone di aprire la via ad un nuovo modo di pensare che possa contribuire a rendere meno pesante la nostra impronta sulla Terra e sia in grado di garantire più facilmente un futuro ancora prospero alle generazioni che verranno.
SIGG | Bottiglie di alluminio
« Più del 90% dell’impatto ambientale di una bottiglia di plastica usa e getta si ha prima che venga aperta dal consumatore. Petrolio per la plastica, petrolio per il traporto, petrolio per il raffreddamento e, per una piccola percentuale di bottiglie, petrolio per il riciclo » dichiara il dott. Allen Hershkowitz, scienziato senior presso il U.S. Natural Resources Defense Council.
A livello mondiale ogni anno vengono prodotti più di 60 miliardi di tonellate di rifiuti di plastica che risultano particolarmente impattanti a livello ambientale a causa della loro difficile riciclabilità e per il fatto che, se non correttamente gestiti, entrano nella catena alimentare dei mari. Pertanto riciclare le bottiglie di plastica è sicuramente una cosa positiva ma impiegare una bottiglia riutilizzabile è molto più vantaggioso per l’ambiente e per la salute.
Dal momento che riutilizzare una bottiglia di plastica potrebbe essere poco salutare a causa della possibile migrazione degli additivi della plastica nelle bevande e, la svizzera SIGG produce bottiglie riutilizzabili in alluminio attraverso un processo di estrusione, senza saldature, di un unico pezzo di metallo. Per garantire sicurezza e salute all’utilizzatore un laboratorio indipendente certifica che l’interno delle bottiglie SIGG è privo di composti organici volatili (COV), ftalati, BADGE, BFDGE NOGE e bisfenolo. Per questo la bottiglia può essere impiegata, oltre che per l’acqua, anche per bevande gasate e acide.
Foto: www.ecosigg.it
Biogri | Barbecue solare
Il barbecue solare Biogri sfrutta uno dei principi fondamentali del funzionamento della natura: la luce del sole. Infatti per funzionare esso utilizza dei pannelli a concentrazione che dirottano i raggi solari sul cibo e lo portano a cottura, senza fiamma e senza legna. Lo scopo è quello di cuocere in modo sano senza sprigionare particelle o residui inquinanti derivanti dalla combustione.
Biogri, che ha una struttura in plexiglass, utilizza quale strumento di cottura uno specchio a forma di parabola dotato di uno snodo che gli consente di ruotare, in modo da sfruttare in modo più efficiente i raggi solari con il passare delle ore. Esso può raggiungere una temperatura massima di ben 230°C ed è pronto per l’utilizzo in 30-40 minuti di esposizione solare.
L’unico inconveniente di Biogri è rappresentato dal clima e dalla presenza di nuvole. Per tale ragione in Italia tale tipo di cottura è possibile quasi esclusivamente nel solo periodo estivo.
Si pensi, però, a quei luoghi (di solito i più poveri) dove la presenza del sole non è un problema per quasi tutto il periodo dell’anno e dove, utilizzando una cucina solare, si potrebbe risparmiare una notevole quantità di legna da ardere, causa di deforestazione e di importanti malattie respiratorie a causa dell’inquinamento domestico.
GSI Coco Mat | Tavole da surf
l progetto Coco Mat dell’australiana GSI (Global Surf Industries) – una delle più grandi aziende produttrici di tavole da surf al mondo – è interessante: utilizzare la fibra di cocco al posto dei materiali sintetici per produrre tavole da surf. Dal punto di vista tecnico la fibra di cocco viene mescolata alla fibra di vetro che conferisce alla stessa maggiore resistenza e impermeabilità.
Le prestazioni e la resistenza vengono garantite al pari dei materiali tradizionalmente utilizzati mentre i vantaggi di sostenibilità ambientale sono dati dall’utilizzo di materie prime provenienti da fonti rinnovabili e, normalmente, reperibili nelle aree geografiche dove di solito viene praticato tale sport.
La GSI, anche se nel suo sito internet non si dimostra particolarmente sensibile dal punto di vista ambientale, dichiara tra i suoi intenti una generale idea di “Respect” per la componente ambientale. Su tali basi, se da un lato il progetto Coco Mat appare piuttosto isolato e non armonico con una filosofia aziendale ben definita, dall’altro pone le basi per un’interessante innovazione nel settore:
- utilizzo di materiali provenienti da fonti rinnovabili;
- utilizzo di materiali locali provenienti dalla principali aree di pratica di tale sport.
Di certo un tale prodotto trova scarsa applicazione in Italia e, in generale, in Europa ma il progetto è interessante in quanto dimostra che le attività ludiche e sportive possono avere un notevole impatto ambientale e, pertanto, è indispensabile che si valutino con urgenza soluzioni per renderle il più possibile sostenibili.
Ball | Lampade solari
Il riuso è senza dubbio uno dei principi fondanti della bioimitazione dal momento che in natura non esiste il concetto di “rifiuto” poiché tutto si riusa o si trasforma.
Tale principio trova una delle sue interessanti espressioni nelle lampade solari Ball.
Per realizzarle si è preso uno di quei normalissimi barattoli di vetro che vengono utilizzati per confezionare deliziose marmellate fatte in casa, succulente conserve di pomodoro o sfiziosi sottolio, si è attaccato al tappo un semplice pannello fotovoltaico con batteria ricaricabile, si è messa una lampada a led a basso consumo e… il gioco è fatto!
Attaccati in giardino, sotto un albero o sul terrazzo si trasformano in originali lanterne solari che si ricaricano di giorno per regalare, poi, una piacevole luce all’imbrunire.
Le lampade in oggetto sono prodotte dall’americana Jar Lights e sono reperibili su Etsy ma un’interessante sfida potrebbe essere quella di tentare di riprodurne di simili con vecchi barattoli trovati in dispensa.
Foto: Etsy
SOLARA | Detersivi ecologici
Officina Naturae – il produttore – definisce Solara “la prima linea di detergenza ecologica con materie prime italiane a Km 0”.
Solara, la linea di detergenti per la casa concentrati ed ecologici immessi di recente sul mercato, è frutto di un’importante attività di ricerca da parte di Officina Naturae e di un miglioramento rispetto ai prodotti precedenti che prevede una limitazione nell’uso di materie prime esotiche (es. olio di cocco e di palma) per favorire maggiormente quelle di produzione locale.
I punti di forza della nuova linea sono:
- Ingredienti a Km 0: le materie prime sono in parte di origine italiana e sono selezionate in modo tale da avere un basso impatto ambientale e da non interferire con le produzioni alimentari (1).
- Formule concentrate ed economiche.
- Meno imballaggi: viene utilizzato un imballaggio in plastica (in parte riciclata), studiato anche in termini di eco-design (peso, forma e ciclo di vita).
- Rispetto per gli animali: tutti i prodotti rispettano il disciplinare “VeganOK”.
- Certificazioni e test: tutti i prodotti sono certificati Bio/Eco Detergenza ICEA e nichel tested.
Per poter essere definiti “ecologici” i detergenti Solara rispecchiano comunque i seguenti requisiti:
- prodotti ecocompatibili di provata efficacia ed elevata qualità;
- formulazioni semplici, studiate per essere efficaci e sicure per l’uomo e per l’ambiente;
- ingredienti derivati da materie prime di origine vegetale o minerale: non sono utilizzate materie prime di origine petrolchimica o animale o sostanze di sintesi con azione nociva;
- materie prime provenienti anche da agricoltura biologica e da paesi con progetti attivi di sostegno del commercio equo solidale;
- trasparenza nella formulazione dei prodotti.
(1) Tensioattivi derivanti da olio di cocco o di palma (46%); tensioattivi da oli italiani (64%) – Fonte aam Terra Nuova n. 273 Giugno 2012
Reverse | Laboratorio di riuso
“La realizzazione di una fede d’oro da 10 grammi richiede l’estrazione di 2 tonnellate di materiale grezzo, il consumo di 5 tonnellate d’acqua e 30 d’aria, nonché 10 ore di lavoro e ancora elettricità, cianuro, zinco, ed altri materiali.
Per la realizzazione di uno degli oggetti che quotidianamente utilizziamo sono essenziali l’impiego di energia ed il consumo di un insieme di materie prime. Al termine del suo ciclo di vita, il bene prodotto diverrà rifiuto e si porrà il problema del suo smaltimento. Ma già il processo produttivo che lo ha generato ha portato alla creazione di scarti produttivi da smaltire.
Ad ogni bidone di rifiuti di un singolo cittadino ne corrispondono 70 che sono stati prodotti dalle aziende per la realizzazione di quei beni diventati rifiuti”.
Reverse promuove la ricerca di un pensiero alternativo, da declinare negli ambiti sociale, culturale, economico ed ambientale, che ponga al centro l’uomo e la qualità della vita, le relazioni interpersonali ed il rispetto dell’ambiente.
Il punto di partenza di Reverse è la fine perché parte dalle materie e dai prodotti non più utilizzati (quelli che l’industria definisce “scarti”) per realizzare, attraverso l’ingegno, oggetti utili e funzionali, a metà strada tra l’artigianato e l’arte.
Nel sistema produttivo tradizionale ogni bene che viene prodotto, utilizzato e poi smaltito come rifiuto segue un percorso lineare (materia prima —–> produzione ——> consumo —-> smaltimento). Reverse, invece, ragiona in una nuova dimensione circolare – quella del riutilizzo – in modo che lo scarto, inteso come materia prima, torni all’inizio della catena produttiva.
Bioimita – Progresso è imitazione della natura
Oggi inizia l’avventura Bioimita e il nome, già da solo, vuole descrivere ciò che si desidera analizzare e approfondire: la natura quale fonte di ispirazione, prima, e di imitazione, poi, per la gestione delle attività umane, sia produttive che sociali. Il sottotitolo desidera spiegare in sintesi questo concetto: il vero progresso duraturo si ottiene attraverso l’imitazione del funzionamento della natura e non, invece, attraverso una forzatura della stessa ottenuta per mezzo della tecnica e della disponibilità di grandi quantità di energia che, fino ad ora, sono state a basso costo.
Bioimita si basa sostanzialmente su pochi e chiari pilastri, fondamento teorico della (bio)imitazione e punto di riferimento di tutte le attività umane:
1. La natura funziona ad energia solare e ad energia cinetica, senza combustione
2. La natura usa solo l’energia di cui ha bisogno
3. La natura ripara, riusa e trasforma
4. La natura determina la forma sulla base dello scopo
5. La natura ha caratteristiche specifiche per ciascun luogo
6. La natura si fonda su una rete di reciproche collaborazioni
7. La natura non può fare a meno delle diversità
Naturalmente non si hanno ricette preconfezionate e nemmeno si ha la palla di cristallo per risolvere tutti i numerosi e complessi problemi attualmente presenti, in gran parte generati dall’uomo e dalla sua recente follia scientifica e tecnologica di cambiare le regole del gioco e forzare la natura e il suo funzionamento. Ci si propone solo di fornire un punto di vista diverso delle cose perché, come diceva Einstein, la soluzione ad un dato problema deve essere ricercata in ambiti diversi dalle cause che l’hanno generato.
Sia ben chiaro che Bioimita e la bioimitazione non devono essere assolutamente visti come una sorta di moderno luddismo che incarna un profondo desiderio di ritorno al passato perché la tecnologia e la scienza sono un male assoluto. Anzi, Bioimita e la bioimitazione criticano l’attuale sistema tecnico-scientifico perché troppo conservatore e basato su pilastri che, se validi in un contesto storico diverso come quello del passato, ora non sono più sostenibili e, pertanto, devono essere cambiati.
La strada che Bioimita e la bioimitazione si propongono per garantire risultati di prosperità e benessere per l’umanità e il pianeta che viviamo sono quelli di (ri)trovare nella natura e nel suo funzionamento quelle soluzioni necessarie per continuare il processo di evoluzione e di progresso dell’uomo basando tali convinzioni sul fatto che noi viviamo in un dato contesto – quello del pianeta Terra – che funziona in un certo modo e, all’interno del quale, la vita si è evoluta per qualche miliardo di anni attraverso prove, tentativi, successi e insuccessi.
La tecnica (attraverso la chimica, la modificazione genetica degli esseri viventi, le nanotecnologie e l’ingegneria) che l’uomo mette attualmente in campo per risolvere i vari problemi, trova sì qualche importante soluzione ma determina anche nuovi e più complesse questioni in una spirale senza fine. Per tali ragioni l’umanità si trova ad un bivio importante della sua storia che Bioimita e la bioimitazione hanno intenzione di comprendere e di risolvere.
Ecofont
L’idea è semplice ma, al contempo, geniale: contribuire alla sostenibilità ambientale e al risparmio di risorse attraverso la riduzione di inchiostro nell’uso di stampanti o fotocopiatrici.
Colin Willems, con il contributo di SPRANQ Creative Comunications di Utrecht, in Olanda, hanno pensato che per poter ottenere efficienza nell’uso di risorse durante i processi di stampa fosse necessario intervenire anche sulla veste grafica dei caratteri (font) anziché agire solamente sul miglioramento tecnico e sulle prestazioni delle stampanti.
Si sono chiesti, allora, quanto potesse essere tolto dai caratteri pur mantenendo le medesime caratteristiche di leggibilità e di chiarezza. Il risultato finale è stato quello di “svuotare” graficamente i caratteri con piccoli cerchi trasparenti che non ne pregiudicano la leggibilità ma, in caso di stampa, possono determinare una riduzione nell’uso dell’inchiostro che arriva sino al 20% in meno rispetto alle stampe tradizionali.
Tale intervento, come indicato dai suoi designer, funziona meglio con le stampanti al laser piuttosto che con quelle a getto d’inchiostro e dipende anche dalla dimensione del carattere stampato: più è grande maggiore è il risparmio.
Ecofont, che si basa su un carattere open source, è scaricabile gratuitamente dal sito www.ecofont.com e funziona con tutti i sistemi operativi (Microsoft Windows, Linux, Mac OSX).
I progettisti di ecofont, nel loro sito web, si preoccupano di fornire agli utilizzatori di personal computer anche altri importanti consigli per incidere sulle loro abitudini ed aumentare la loro consapevolezza ambientale in caso di stampa: stampare solo se necessario; stampare fronte-retro.
Per utilizzare ecofont è sufficiente collegarsi al sito, scaricare gratuitamente il font, copiarlo nella cartella di gestione caratteri del personal computer e utilizzarlo come carattere predefinito per tutti i documenti di testo.
Nel caso in cui sia proprio necessario stampare il risparmio di inchiostro sarà assicurato e l’impronta sull’ambiente sarà un po’ più leggera!